L’oncologia pediatrica è una disciplina che si occupa di trattare patologie oncologiche rare. Nei paesi ad alto reddito, come l’Italia, i tassi di guarigione superano frequentemente l’80%, in particolare per i tumori più comuni, come la leucemia e la leucemia linfoblastica acuta. Tuttavia, per altri tipi di tumore, come i neuroblastomi, i sarcomi e i tumori cerebrali, le prospettive rimangono meno favorevoli e c’è ancora molta strada da percorrere.
L’Associazione Peter Pan
Un ulteriore problema rilevante riguarda la disparità nell’accesso alle cure tra i Paesi sviluppati e quelli a basso reddito. Nelle realtà più povere, infatti, le probabilità di sopravvivenza sono significativamente inferiori e questo spinge molte famiglie a cercare trattamenti all’estero, spesso giungendo a Roma. L’Associazione Peter Pan, nel corso dei suoi 30 anni di attività, ha accolto e aiutato circa 900 famiglie provenienti da 35 diversi Paesi del mondo.
L’intervista
In occasione della Giornata Mondiale contro i Tumori Infantili, Interris.it ha intervistato Ferdinando Ricci, direttore generale di Peter Pan Odv, associazione fondata a Roma nel 1994 da un gruppo di genitori di bambini malati di cancro. Questa realtà si impegna ad accogliere bambini e famiglie che giungono a Roma per ricevere trattamenti, non solo da tutta Italia, ma anche da molte parti del mondo. Peter Pan offre loro un alloggio gratuito durante il periodo delle cure e un supporto psicologico, tecnico e burocratico.
Direttore, come è organizzata l’accoglienza?
“Le nostre strutture sono progettate per offrire un ambiente familiare e accogliente. Questo obiettivo si raggiunge grazie all’ascolto attivo, al supporto emotivo e a servizi pratici come il trasporto navetta per gli ospedali. I nostri operatori e volontari si impegnano a restituire una parvenza di quotidianità alle famiglie e ai bambini, cercando di riportare una certa normalità in un contesto che la malattia ha stravolto. In questo modo, i genitori possono concentrarsi sul benessere del proprio bambino senza dover affrontare anche le difficoltà logistiche e quotidiane”.
Quali sono le principali difficoltà che queste famiglie incontrano?
“Quando arriva la diagnosi di tumore, le famiglie devono affrontare un cambiamento radicale nelle loro vite, lontane da casa e confrontandosi con difficoltà pratiche ed emotive. Molti genitori sono costretti a lasciare il lavoro e la propria casa, e questa situazione complica ulteriormente l’iter terapeutico. Noi cerchiamo di rispondere a queste difficoltà offrendo un’accoglienza completa, che include anche altri membri della famiglia, se presenti. Le famiglie cercano un luogo sicuro dove poter affrontare con serenità e coraggio questo momento difficile”.
A livello psicologico, quali sono gli aspetti più pesanti per i genitori?
“Ricevere la diagnosi di tumore per un figlio è un colpo devastante, che sembra colpire l’intera famiglia. Vengono meno molte certezze e i genitori provano una sensazione di disorientamento e smarrimento. I bambini, invece, spesso non comprendono appieno la gravità del percorso che li attende, ed ecco che tutto il peso psicologico ricade sui genitori”.
Il vostro intervento si è sempre concentrato su famiglie provenienti da altre regioni d’Italia o dall’estero. Ora, però, è in partenza il Progetto F.A.R.O. per supportare anche i bambini malati di cancro di Roma e del Lazio. Di cosa si tratta?
“Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 1.400 tumori nella fascia di età 0-14 anni e circa 800 nella fascia 15-19. Nel Lazio si registrano circa 250 casi, di cui la metà solo a Roma. Il Progetto F.A.R.O. mira a offrire un supporto a queste famiglie che non risiedono nelle nostre strutture di accoglienza, ma che si trovano a dover affrontare il difficile percorso della malattia. Il progetto prevede un presidio territoriale dedicato, il numero verde 800600604 della ‘Linea Faro’ per informazioni e supporto, supporto psicologico per bambini, adolescenti e famiglie, uno sportello socio-giuridico per l’orientamento ai servizi e la gestione delle pratiche burocratiche e legali, e un servizio di navetta per i trasporti verso i luoghi di cura”.
Perché la diagnosi precoce nei bambini è difficile?
“Semplicemente perché i bambini nella fascia di età 0-3 anni non riescono ancora a manifestare un dolore specifico o a descrivere con precisione i sintomi. Per questo motivo è fondamentale avere a disposizione di uno staff medico altamente qualificato, capace di individuare anche i segnali più sottili e di gestire al meglio il piccolo paziente”.