«Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge il profeta!»
«Scrutāre et vide quia prophēta a Galilaea non surgit!»
Quarta Settimana di Quaresima – Sabato – Gv 7,40-53
In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui.
Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.
Il commento di Massimiliano Zupi
Oggi il tema è quello dell’origine del Messia. «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?», aveva già sentenziato Natanaele all’inizio del Vangelo (Gv 1,46). In effetti, i profeti, e tanto più il Messia, sono espressione diretta ed autentica di Dio. Per questo devono provenire da Betlemme, o comunque dalla Giudea: cioè dalla terra santa, che Dio stesso si è scelto con elezione irrevocabile (Rm 11,29). È quanto appunto attesta la Scrittura, che i farisei conoscono bene. Del resto, dai Vangeli sappiamo che Gesù nacque appunto a Betlemme e che suo padre, Giuseppe, era discendente della famiglia di Davide. Ora, però, appena nato, il Bambino con la sua famiglia fuggirono in terra straniera, in Egitto (Mt 2,14); quindi tornarono a Nàzaret, in Galilea (Mt 2,22-23), e lì rimasero per trent’anni. Il Messia proviene da Betlemme di Giuda, come profetizzato da Michea (5,1), ma poi sceglie di vivere fuori, in terra pagana. Perché?
Tutti i profeti, per loro natura, vivono ai margini: perché il loro compito è di contestare l’istituzione, che sta al centro. Sono inoltre, come Gesù, dei camminatori instancabili: perché il loro compito è altresì di ricordare agli uomini che il senso di quest’esistenza è di compiere un esodo; non si può stare fermi né costruire una stabile dimora (2 Sam 7,5-7): occorre piuttosto attraversare il mare ed il deserto, spinti dal desiderio di giungere all’altra riva, alla terra promessa. Infine, più ancora di tutto questo, il Cristo è venuto soprattutto per mangiare la sua Pasqua: per dare il suo corpo ed il suo sangue, per contrarsi in un pezzo di pane. Il Messia viene dalla Giudea, sì, ma poi vive ai margini, fuori della città, nel deserto, senza un posto dove posare il capo (Mt 8,20): perché è venuto per trapassare, per compiere il passaggio, per stare sulla soglia, su quell’inter che è il luogo del dono di sé, e per insegnarci a fare altrettanto.