Altro che cinquantesimo anniversario del primo storico passo dell’uomo sulla Luna. Quello che ci si appresta a celebrare domani, sabato 20 luglio 2019, è solo il più grande inganno che una potenza sia riuscita ad escogitare nella storia. L’Apollo 11, in realtà, non sarebbe mai atterrato sulla superficie lunare. Le immagini che conosciamo a memoria, dell’astronauta Neil Amstrong e della bandiera degli Stati Uniti, sarebbero state girate in uno studio di Hollywood. È questa la tesi di un lungo filone narrativo che arriva fino ai nostri giorni, secondo il quale lo sbarco sulla Luna non sarebbe mai avvenuto, e che la Nasa si sarebbe affrettata a proporre all’umanità una recita dello sbarco per non rischiare di cedere all’Unione Sovietica la supremazia dello spazio. Cinquant’anni fa, incollato allo schermo a fissare l’impresa, c’era anche un giovane Umberto Guidoni, che più in là, negli anni novanta, diventerà il terzo astronauta italiano e, nel 2001, il primo europeo a salire sulla Stazione spaziale internazionale, allora in costruzione. In Terris lo ha intervistato per parlare delle più note perplessità intorno allo sbarco sulla Luna.
In un recente documentario intitolato American Moon, anche alcuni grandi fotografi hanno espresso dubbi sulla veridicità delle foto scattate agli astronauti dell’Apollo. In quelle immagini mancano le stelle e sembra esserci una seconda sorgente di luce oltre a quella solare…
“Sono considerazioni frequenti, ma fatte da persone che non hanno esperienza di viaggi spaziali. La Luna riflette la luce del sole, infatti noi la vediamo illuminata di notte. Dunque il riflesso – sulla Luna stessa o su altre superfici rischiaranti come le superfici metalliche del modulo lunare – creava delle sorgenti luminose diverse dal sole. Non solo, quando gli astronauti facevano le foto, la luce della Luna impediva che si vedessero le stelle. E non c’è bisogna di andare sulla Luna per verificare questo aspetto: se lei in città prova a fare una foto al cielo di notte, non riesce a vedere molte stelle”.
Lo impedisce lo smog…
“Certamente, ma soprattutto lo impediscono le luci artificiali. Tanto è vero che per vedere bene le stelle, bisogna andare in zone poco illuminate, magari in campagna. Anche nelle immagini scattate dagli astronauti dalle stazioni stellari, del resto, è difficile che si vedano le stelle. Le si vedono soltanto quando c’è l’intento preciso di fotografarle schermando le riflessioni”.
Come è stato possibile portare l’apparecchiatura fotografica sulla Luna e usarla in modo così efficace?
“Gli astronauti delle prime missioni, compresi quelli dell’Apollo 11, avevano la macchina fotografica agganciata sul petto, con un obiettivo grandangolare, dunque era difficile sbagliare mira. E comunque, in realtà, non è stato così efficace l’utilizzo. Le foto sono tutt’altro che di eccezionale qualità, ma trattandosi di immagini che hanno fatto la storia, restano affascinanti anche così”.
Ma come fa la bandiera americana a sventolare se sulla Luna non ci sono atmosfera né vento?
“Proprio per l’assenza di vento, fu installata sul lato orizzontale superiore della bandiera un’asta di metallo, che le consentiva di non afflosciarsi e mantenersi tesa. Ogni tanto si muoveva, ma non per il vento, bensì per le vibrazioni. Consideri che il terreno lunare non è come una spiaggia, è formato non da sabbia bensì da frammenti di rocce, è difficile fissare l’asta verticale, per questo gli astronauti formarono un piccolo monticello intorno per tenerla ferma, ma bastava passare lì vicino per farlo vibrare e, con esso, l’intera asta verticale”.
C’è poi la questione delle fasce di Van Allen. È possibile superarle?
“Le fasce di Van Allen sono una zona che emette una quantità di radiazioni molto superiore alla media. Però un razzo che viaggia verso la Luna passa attraverso queste fasce in pochi minuti, dunque non c’è un’esposizione alle radiazioni significativa. Consideri che alcune zone delle fasce di Van Allen sono molto vicine alla superficie terrestre, tanto che la stazione spaziale ci passa attraverso senza che accada nulla agli astronauti”.
Si ripete spesso che se ci fosse stato il sospetto che lo sbarco sulla Luna non fosse avvenuto, l’Unione Sovietica, in piena guerra fredda, avrebbe fatto qualcosa per dimostrarlo pubblicamente. Eppure nel 2015, pochi anni fa, il portavoce del Comitato investigativo del governo russo ha dichiarato che sarebbe opportuno svolgere un’inchiesta sui viaggi spaziali americani…
“In Russia, come in qualsiasi altro Paese, può sempre esserci qualcuno che faccia affermazioni non condivise dai più. Del resto fare polemiche oggi, francamente, lo trovo privo di senso. Se davvero ci fosse stato anche un solo dubbio concreto, i russi cinquant’anni fa non si sarebbero fatti sfuggire l’occasione: inchiodare con qualche prova gli avversari statunitensi, per loro sarebbe stata una vittoria anche maggiore rispetto allo stesso sbarco sulla Luna. Le dirò di più: prima della missione Apollo 11, la Nasa ebbe contatti con l’agenzia spaziale russa dell’epoca per garantirsi che non avrebbe sabotato la missione, del resto Mosca aveva almeno un satellite intorno alla Luna”.
E cosa risposero i russi?
“Che non avrebbero sabotato la missione. Anzi, aggiunsero che, se ci fosse stata un’emergenza, loro sarebbero stati disponibili ad intervenire. Lo sbarco sulla Luna è stato talmente importante per tutta l’umanità che persino gli avversari russi lo hanno riconosciuto. Ed è la testimonianza più lampante che questo grande evento è realmente accaduto”.
Lo sbarco sulla Luna rappresenta dunque un episodio di pace nel contesto della guerra fredda…
“Proprio così. Ma non è una novità: le persone che lavorano su progetti concreti, anche se avversarie, sono solidali tra loro. Anche durante la seconda guerra mondiale, benché non ci fossero canali diplomatici ufficiali, gli scienziati dei vari schieramenti si sono sempre parlati”.
A breve torneremo sulla Luna?
“Non è più un’ipotesi, è una certezza. La Nasa ha ufficialmente lanciato il programma per tornare sulla Luna che si chiama Artemide, che nella mitologia classica è la sorella di Apollo: rimaniamo sempre in famiglia! È un nome femminile, ciò significa che stavolta ci sarà almeno una donna nell’equipaggio”.