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Zanzibar Help: una mano tesa alle famiglie in difficoltà

La dottoressa racconta ad Interris.it la sua esperienza con l'associazione Zanzibar Help

In alcune parti del mondo, la disabilità rappresenta una vera e propria sfida per la sopravvivenza. Seppur qualcuno riesca a vivere, l’esistenza di molte persone con disabilità è estremamente difficile, spesso senza il supporto di un sistema sanitario adeguato che possa occuparsi delle loro necessità. Inoltre, secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), le persone con disabilità sono spesso emarginate dalla società e private delle opportunità di formazione, poiché considerate inferiori rispetto alla popolazione normodotata.

Zanzibar Help

L’associazione Zanzibar Help nasce dal desiderio di Marco Pugliese e di sua moglie Graziella di mettersi al servizio degli altri. Dopo aver visitato l’isola, hanno compreso che potevano fare la differenza per le persone locali. Il progetto ha avuto inizio con un semplice gesto di aiuto rivolto alle tante famiglie di Zanzibar in difficoltà, in particolare alle vedove con figli e ai bambini malati. Così, Zanzibar non è più solo una meta turistica, ma rivela la sua vera realtà: una comunità che vive nella povertà estrema.

L’intervista

Interris.it ha intervistato la dottoressa Nausica Cangini, neuropsicologa e volontaria di Zanzibar Help, che ha conosciuto da vicino questa realtà e ne ha abbracciato i principi.

Dottoressa, cosa accade a Zanzibar quando nasce un bambino con disabilità?

“Innanzitutto, manca un sistema sanitario in grado di offrire cure specialistiche per le persone con disabilità. Inoltre, non esiste una rete riabilitativa, fondamentale per supportare e migliorare la condizione del disabile. La situazione è ancora più critica nelle zone rurali, dove persiste un forte legame con la medicina tradizionale, basata su erbe e infusi somministrati da personale non medico.”

Quali sono i tipi di disabilità più comuni a Zanzibar?

“Le disabilità possono essere di natura cognitiva o fisica. Molte di queste sono causate da danni durante il parto, poiché le madri non godono della stessa protezione sanitaria che si trova nei Paesi occidentali. Inoltre, la rete ospedaliera è limitata e molte donne, soprattutto quelle che vivono in zone remote, preferiscono partorire a casa. In questo contesto, sono spesso assistite da donne esperte nel parto, ma senza la formazione professionale delle ostetriche che siamo abituati a conoscere.”

Cosa garantite a queste persone come staff medico?

“Io, insieme a mia sorella, psichiatra, mi occupo dello screening e delle valutazioni cognitive per comprendere il tipo di disabilità e il percorso da seguire. Grazie alla raccolta fondi, riusciamo a offrire ai ragazzi disabili accesso a cure mediche gratuite. Già molte persone hanno beneficiato di questo servizio. Ricordo, ad esempio, una ragazza cieca che è stata visitata da uno specialista presso l’ospedale di Kivunge, e una bambina nata con una malformazione al gomito, che dopo una visita preliminare è ora in attesa di un intervento chirurgico.”

Quali sono le prospettive per un disabile nato in questo contesto sociale?

“Zanzibar è un Paese prevalentemente islamico, con tradizioni culturali che ancora vedono la disabilità come una condanna divina. In questa realtà, chi nasce con una disabilità è spesso considerato un figlio indesiderato da Allah. Crescere in questo contesto significa essere esclusi dalla vita sociale, e per i bambini disabili ciò si traduce anche in mancanza di istruzione, con una vita relegata tra le mura di casa. La nostra scuola a Kilombero, nell’entroterra, è l’unica realtà educativa per bambini disabili, dove ogni singolo caso viene seguito con attenzione. A Zanzibar, come in molte altre regioni sottosviluppate, i figli sono spesso visti come una risorsa, e i bambini disabili non sono considerati utili.”

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