Quando la pietra parla, la fede trova voce. Potremmo così sintetizzare il concetto fondamentale espresso da padre Giuseppe Buffon, frate minore nonché professore ordinario di Storia della Chiesa e vicerettore della Pontificia Università Antonianum di Roma, riguardo al suo ultimo libro intitolato “La voce delle pietre e il sapore della terra. Studium Biblicum Franciscanum 1924-2024”. Il testo, come spiega padre Buffon nella ricca intervista rilasciata a Interris.it, racconta i primi cento anni di missione dello Studium Biblicum Franciscanum in Terra Santa, evidenziando come l’archeologia francescana non si limiti ad uno studio erudito, ma si faccia testimonianza concreta della storia cristiana e della sua presenza millenaria in luoghi che hanno visto il passaggio della salvezza. Attraverso l’analisi di antiche scoperte e la storia dello Studium, Buffon invita il lettore a riflettere su come i resti materiali possano custodire la memoria della fede e, al contempo, parlare al nostro tempo.
L’intervista a padre Giuseppe Buffon
Lo Studium Biblicum Franciscanum è un’istituzione d’eccellenza nel campo della ricerca biblica ed archeologica. Come è strutturato il libro da lei scritto per celebrarne i 100 anni dalla fondazione?
“Se il capitolo introduttivo delinea la cornice culturale della crisi biblica, che fa da sfondo all’ideazione dello Studium, il secondo capitolo mette in evidenza uno degli snodi centrali della riflessione: il Franciscanum merita una storia politica e non solo una storia erudita. ‘Scavare per i pellegrini’ (III Capiolo) richiede infatti quell’esercizio di custodia dei luoghi santi, che i francescani esercitano da secoli a nome dell’intera cattolicità. Si tratta di una posizione delicata, che ha imposto una grande regia diplomatica di contatti con le potenze europee, nel loro avvicendarsi in quella terra santa non mento che tormentata dai conflitti. Mentre dunque la stessa Ecole bibliquee et archeologique français, come attesta lo stesso aggettivo, scava per la propria nazione, i frati che custodiscono il pellegrinaggio cristiano scendono in campo a favore dello stesso cristianesimo, in quanto fattore culturale, sociale e politico dell’identità occidentale. All’archeologia sono dedicati, perciò, numerosi capitoli, il più importante dei quali riguarda le scoperte intorno al giudeocristianesimo, che obbliga a riscrivere la storia delle origini cristiane, ritenute dalla critica moderna un’invenzione costantiniana. Sul tema della verità storica vertono anche le sezioni relative al modernismo e i capitoli finali sull’esegesi non solo filologica, ma contestuale, capace di ispirare un profondo rinnovamento teologico”.
Perché intitolarlo “La voce delle pietre e il sapore della terra”?
“Gli studiosi del Franciscanum ritrovano il senso della loro vocazione alla ricerca nell’aspirazione di Francesco d’Assisi, pellegrino in Oriente, il quale rientrato in patria fa di Greccio un’altra Betlemme, per vedere e toccare la Parola fatta carne. Pietre e terra sono allora voce e sapore di quelle tracce della Parola presenti nei luoghi santi, quali attestazioni della realtà dell’incarnazione”.
Quali sono stati i momenti più significativi da lei evidenziati nella storia del Franciscanum Biblicum Studium?
“Significativa nella storia del Francicanum è l’iniziativa del suo fondatore, presente nel Congresso di pace di Versailles, per la fine della prima guerra mondiale, quando la stessa Sede apostolica era stata esclusa; convinto sostenitore della verità archeologica, tanto da sfidare i sospetti di modernismo, retaggio dei suoi predecessori; consapevole che con il mandato inglese la politica della devozione e del pellegrinaggio non è permessa senza la scienza delle pietre. Ma significativa è già la prima intuizione dello Studium gerosolimitano, in anticipo sulla stessa fondazione dell’Istituto biblico romano; significative inoltre le numerose campagne archeologiche, condotte anche sotto i bombardamenti; significative le tante scoperte al Nebo, a Emmaus, a Cafarnao, al Monte degli Ulivi, all’Erodion, a Macheronte, a Nazareth, ad Ain Kaim, a Betania, a Betfage, a Cana, al Dominus Flevit, alla Falagellazine, Al Tabatr, al Getsemani, a Seforis, a Tabga per citare solo i siti principali”.
Qual è stato il ruolo dell’archeologia negli studi biblici?
“Forse vale ancora la pena di ripeterlo. Per i custodi dei luoghi santi, l’archeologia non è un’opzione quando è in gioco la credibilità di un annuncio fatto nella storia, di una salvezza fatta spazio e tempo, di una Parola fatta carne. Quando è messa in questione la storia di un Cristianesimo che ha fatto giungere il messaggio biblico fino a noi! Quando si alza il velo del dubbio sulla storia di una presenza cristiana, che ha custodito e trasmesso non solo il messaggio di Gesù di Nazareth, ma anche quello del Dio di Israele!”.
Uno dei capitoli si intitola “il Papa pellegrino in Terra Santa”, vuole parlarcene?
“Il papa pellegrino che visita uno per uno i luoghi santi, scavati dagli archeologi del Franciscanum, non poteva esser conferma migliore della vocazione a di indagatori della verità storica, quella di una salvezza scritta nella carne. Il papa del concilio non ha dubbi nello schierarsi per un rinnovamento della fede nutrito dal vedere, toccare, calcare e sostare su quella terra che la Custodia da sempre professa come santa: ‘esplorare il quadro storico e geografico degli ineffabili misteri della incarnazione e della passione di Gesù… propagare nel mondo, insieme col lieto annuncio della salvezza, il sigillo della storicità del Vangelo e il profumo incomparabile della terra palestinese'”.
Come si inserisce il Franciscanum Biblicum Studium nel dialogo ecumenico e
interreligioso?
“Si pensi soltanto alla scoperta della fede delle comunità giudeocristiane, che accordano usi giudaici, liturgia pasquale ebraica, riti e simboli dell’antico popolo dell’alleanza con l’annuncio del Vangelo del giudeo Gesù di Nazareth e come lo stesso Islam delle origini conosca infondo più il cristianesimo giudaico che quello greco della gentilità. E i secoli vissuti spalla a spalla con l’Ortodossia, che identifica la chiesa cattolica con i frati della corda?”.
Perché leggere il suo libro? C’è un messaggio specifico che desidera trasmettere ai lettori?
“Direi che è pretenzioso voler esprimere il perché un libro dovrebbe esser letto, dato che ciascuno custodisce desideri propri e che quindi, nello scorrere la narrazione di una esperienza di ricerca, ciascuno ha il diritto di scoprire il proprio perché. Se ‘tutti la siamo nati’, allora quelle pietre non possono che parlare di noi e il sapore di quella terra non può che riuscire gradevole al nostro palato spirituale”.