Emergenza colera a Sana’a, capitale dello Yemen, nell’estremità meridionale della Penisola araba. Lo afferma l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che precisa che l’epicentro dell’emergenza è la capitale seguita dalla confinante provincia di Amanat al-Semah.
Il colera
Secondo quanto riferiscono fonti della Croce rossa, gli ospedali della città, controllata dai ribelli Houthi, sono presi d’assalto da decine pazienti con i sintomi della malattia batterica che colpisce l’intestino tenue. Nella città è stato diramato lo stato di emergenza: su scala nazionale, l’epidemia di colera ha già ucciso almeno 115 persone e il numero complessivo dei casi sospetti è triplicato in una settimana, superando quota 8500.
Il conflitto interno
Il colera è causato dai Vibrio cholerae, batteri che si sviluppano per lo più in acqua e cibo che è stato contaminato con feci umane. L’epidemia è stata favorita dalle precarie condizioni igieniche e dalla povertà sempre più diffusa dovuta al conflitto interno: dal gennaio 2015, infatti, lo Yemen vede opposte la leadership sunnita dell’ex presidente Hadi, sostenuta dall’Arabia Saudita, e i ribelli sciiti Houthi, vicini all’Iran.
Emergenza umanitaria
Esperti delle Nazioni Unite riportate da Asia News affermano inoltre che due terzi della popolazione non ha accesso ad acqua potabile. Dominik Stillhart, direttore delle operazioni del Comitato della Croce rossa internazionale (Icrc), aggiunge che “ora stiamo affrontando una grave epidemia”. “Vi sono – aggiunge – fino a quattro pazienti in un solo letto”. Altri ancora sono ricoverati “in giardino” o “in macchina, con la flebo attaccata al finestrino”.
Ad aggravare la crisi le pessime condizioni delle strutture sanitarie: l’Oms sottolinea che almeno 300 strutture sanitarie sono state danneggiate o distrutte in maniera pressoché completa dai combattimenti e “meno del 45%” di ospedali, cliniche e centri medici nel Paese “funzionano a pieno regime”. Lo Yemen – conclude l’Oms – sta vivendo una delle peggiori emergenze umanitarie al mondo, assieme a Siria, Sud Sudan, Nigeria e Iraq.