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“Entrare nelle scene del Vangelo per incontrare il suo Protagonista”

A Interris.it il direttore dei media vaticani Andrea Tornielli racconta origine e significati della ricostruzione della biografia di Cristo con il commento di papa Francesco

Nel libro “Vita di GesùAndrea Tornielli, direttore editoriale dei media vaticani, aiuta i lettori ad “entrare” nel Vangelo per incontrarne il Protagonista, “vederlo” parlare, commuoversi, soffrire, diffondere la sua Parola e compiere miracoli. Ad essere intessuti nella narrazione sono i commenti e le riflessioni di Papa Francesco che attualizzano gli episodi per ricordare che Gesù continua a vivere tra la gente ed è sempre possibile incontrarlo sul volto degli altri, dei poveri, di chi soffre, di quegli uomini e donne a cui non ha mai negato il proprio sguardo d’amore. Il risultato è un racconto della vita di Gesù di Nàzaret basato su studi storici e capace di mantenere l’immediatezza e la semplicità della testimonianza offerta dai discepoli.

In questa intervista a Interris.it, Andrea Tornielli spiega come l’incontro con Gesù, oggi come duemila anni fa, sia una questione di cuore, di sguardi, di commozione. Nasce da qui la sfida di raccontare la sua storia, la sua vita terrena, dalla nascita a Betlemme, con una mangiatoia come prima culla, fino alla morte sulla croce, nell’estremo sacrificio, e alla resurrezione. E così in un’unica narrazione sono uniti i testi dei quattro Vangeli e il personale tentativo dell’autore di ricostruire con l’immaginazione, e con l’aiuto dei più autorevoli studi storici, tutto ciò che gli evangelisti non hanno scritto.

L’intervista

Andrea Tornielli, nel suo nuovo libro “Vita di Gesù” vengono narrati gli incontri di Cristo con i personaggi del Vangelo. Chi di loro la colpisce maggiormente?

“Ne cito due tra i tanti, che mi hanno particolarmente colpito. Il primo è il centurione di Cafarnao. Era un uomo stimato dalla gente, aveva contribuito alla costruzione della sinagoga. Cerca Gesù per chiedere la guarigione di un servo al quale voleva bene come fosse un suo familiare. Gesù è pronto a recarsi a casa sua per esaudire il suo desiderio, ma il centurione pronuncia quelle parole stupende che sono rimaste identiche al testo evangelico nella liturgia celebrata in latino: ‘Domine non sum dignus ut intres sub tectum meum, sed tantum dic verbum…’, cioè Signore io non sono degno che tu entri nella mia casa, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito! È commovente la fede di quest’uomo, romano e dunque pagano. Anche Gesù rimane colpito dalla sua umiltà e dalla sua fede e dice di non averne trovata una così grande nel popolo d’Israele: quel comandante romano non si sentiva degno di accogliere il Nazareno a casa sua, e sapeva che una sola sua parola avrebbe ottenuto il miracolo. L’altro personaggio è Zaccheo. Il Vangelo non ci dice che fosse in preda a una crisi di coscienza né che fosse pentito. Lui, esattore delle tasse e anche ladro, era odiato da tutti, ma proprio da tutti i suoi concittadini di Gerico. Ha la curiosità di vedere Gesù che stava per passare di lì, ma sceglie di non mettersi in rapporto con lui, di avvicinarsi, di parlargli. Si arrampica su un albero, tra le foglie, perché vuole guardare senza essere visto, senza coinvolgersi, restando a distanza. Ed ecco che Gesù passa, solleva lo sguardo, lo guarda per primo, lo ama per primo e gli rivolge un invito che avrà certamente provocato la reazione sdegnata di tutti: gli dice di scendere e si auto-invita a casa sua a pranzo. Mentre sono a tavola, Zaccheo dice di voler donare metà dei suoi averi ai poveri, e di restituire quattro volte tanto a coloro ai quali aveva rubato: conversione vera, perché, come direbbe Papa Francesco, ‘tocca il portafoglio’. Mi colpisce sempre la dinamica di questo episodio evangelico: per incontrare Gesù, ed essere accolti e amati da Lui, per essere circondati dalla sua misericordia, non servono precondizioni, percorsi penitenziali… etc. Basta essere lì quando Lui passa. Certo, poi Zaccheo cambia vita. Ma il suo cambiare vita avviene dopo l’essere stato guardato e amato da Gesù. Dunque sperimentare la misericordia di Dio ci aiuta a riconoscerci indegni e peccatori, e a chiedere la grazia della conversione”.

Presentando l’opera alla Lumsa, il prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il cardinale José Tolentino de Mendonça, ha parlato di “un libro bello e necessario per approfondire in una nuova angolazione il rapporto con Gesù”.  Tra le infinite vie proposte dell’esperienza cristiana qual è l’è stata la sua strada personale per entrare in contatto con Gesù?

“È passata attraverso la mia famiglia, la mia parrocchia, alcuni sacerdoti incontrati quando ero ragazzo e poi attraverso il movimento di Comunione e Liberazione. C’è un momento preciso, che rimane impresso nella mia memoria, quando la fede ricevuta dalla mia famiglia è diventata veramente anche ‘mia’. Avevo 13 anni e si leggeva a Messa il Vangelo dei dieci lebbrosi guariti da Gesù: soltanto uno di loro fece ritorno a ringraziare il Signore per il miracolo ricevuto. Ricordo che rimasi colpito, ferito da quelle parole e pensando alla mia vita, ai doni che avevo ricevuto fino a quel momento, mi riconobbi nei 9 che se n’erano andati senza tornare a ringraziare Gesù e compresi che dovevo cominciare ad essere grato come quell’unico che invece era tornato”.

Il libro è impreziosito da un illuminante commento di Papa Francesco che offre utili chiavi di lettura dell’opera. Chi è Gesù secondo il Santo Padre?

“Mi colpisce sempre la concretezza con la quale il Papa descrive Gesù e le scene del Vangelo. Noi rischiamo sempre di leggere il Vangelo cercando immediatamente di trarre le conseguenze per la nostra vita, di capire gli insegnamenti morali, di codificare o interpretare le dottrine… Ma avvertiamo più fatica, perché non siamo abituati a farlo, a ‘stare’ nel Vangelo, a immedesimarci nelle scene, a ‘entrare’ negli episodi della vita di Gesù. Ecco, nella prefazione di Papa Francesco, come pure in tutta la sua predicazione – penso in particolare alle straordinarie omelie a braccio della Messa a Santa Marta – siamo aiutati a questa immedesimazione e immaginazione, che si ‘porta’ nel Vangelo e ci permette ogni volta di scoprire particolari nuovi, di commuoverci. Questo libro ‘Vita di Gesù’ risente molto dell’approccio di Francesco, e del suo sguardo sul Vangelo. Pensando a una sorta di identikit di Gesù che, da una lettura fedele del Vangelo, il Papa ci propone, mi verrebbe da dire che si tratta di un Uomo nel quale la divinità non diminuiva ma accresceva l’umanità e dunque la capacità di commuoversi, di lasciarsi ferire dalle situazioni e dalle sofferenze che incontrava”.

Il libro è stato presentato la prima volta, insieme all’arcivescovo di Milano Mario Delpini, nel carcere milanese di Opera. Perché la scelta di questo luogo? C’è il perdono nel Vangelo?

“È una scelta che nasce dall’idea dell’amico Arnoldo Mosca Mondadori, la cui Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti lavora in quel carcere. Una bellissima idea. La prima presentazione del libro, nel giorno dell’uscita, è stata fatta in carcere. Le persone detenute avevano lavorato sulle bozze del libro, leggendole in anteprima, e hanno partecipato attivamente all’incontro, con interventi e domande. Mai come in carcere, tra le persone detenute, si sperimenta in modo diretto come il Vangelo, la misericordia, il perdono, entrano nella carne viva di ciascuno. Misericordia e perdono punteggiano tutta la narrazione evangelica: gli incontri di Gesù offrono sempre l’occasione per ripartire, per rialzarsi, per ricominciare. E questa è la forza dell’annuncio del Vangelo oggi come duemila anni fa. Pensiamo a Zaccheo, pensiamo alla donna adultera salvata dalla lapidazione, pensiamo alla peccatrice perdonata”.

In un mondo attraversato da tensioni e conflitti che mettono a repentaglio la stessa sopravvivenza dell’umanità, qual è la più stringente attualità del messaggio di Cristo?

“I tempi drammatici in cui viviamo possono essere l’occasione per tornare all’essenziale. L’attualità del messaggio di Gesù sta nella sua testimonianza e nelle sue parole: in un’epoca in cui ci si odia (pensiamo al linguaggio di odio e senza freni che viene usato nei social), ci si combatte (pensiamo alla tragedia della guerra in Ucraina e delle tante altre guerre dimenticate) o si rimane indifferenti, Dio fatto Uomo ci insegna ad amarci come fratelli e a rispondere con l’amore all’odio. Ci chiede di amare anche i nostri nemici e di pregare per loro. I cristiani sono seguaci di un Dio che non ha reagito con violenza a chi voleva ucciderlo ma si è sacrificato come un agnello immolato. Ieri come oggi, tante persone hanno bisogno di sentirsi abbracciate, accolte, ascoltate, amate: il volto del Dio ricco di misericordia che Gesù ci ha mostrato è ciò che tutti noi oggi abbiamo bisogno di incontrare”.

Il mistero dell’Incarnazione è più o meno comprensibile in una società “liquida” in cui le caratteristiche e strutture si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente in modo spesso vacillante, volatile?

“Il mistero dell’Incarnazione ci dice che Dio si è fatto Uomo in un momento della storia, è entrato nella storia, ha camminato per le strade d’Israele, si è seduto a tavola, ha raccolto attorno a sé un gruppo di amici… Il punto non è, a mio avviso, comprendere il mistero, ma imbattersi in qualcuno che testimonia con la sua vita, il suo sguardo e con le sue parole la verità del Vangelo. Il grande mistero dell’Incarnazione lo si comincia a comprendere quando si incontra Gesù”.

“Vita di Gesù” è dedicato al suo nipotino Joseph con “l’augurio che possa incontrare il Protagonista di questo libro e che gli sia donata la grazia di lasciarsi attrarre da Lui”. Qual è secondo le il messaggio che meglio racchiude il significato del Vangelo?

 “Quello contenuto nelle parole che lei ha citato. Incontrare Gesù è una grazia, un dono gratuito. A noi spetta di riconoscerlo quando passa, come ha fatto Zaccheo. E se lasciamo cadere le difese che ci siamo costruiti, le nostre gabbie e le nostre corazze, sarà Lui ad attrarci a Lui. Il messaggio che meglio richiude il significato del Vangelo è questo: in qualunque situazione tu ti trovi, c’è Qualcuno che ti vuole bene e ti sta cercando per abbracciarti e perdonarti. Questo Qualcuno è un Uomo che unico nella storia dell’umanità, parlando di sé stesso, ha detto di essere ‘la Via, la Verità e la Vita’: si è fatto crocifiggere per noi, per salvarci. Ed è risorto dai morti”.

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AUTORE

don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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