Se l’impresa sportiva è sfumata, il fine scientifico acquista ancora più rilevanza. L’ultra-cyclist romano Omar Di Felice ha trascorso quasi due mesi in Antartide, pedalando in solitaria per oltre settecento chilometri da metà novembre fino agli inizi di gennaio. Il suo obiettivo era compiere la pedalata più lunga mai fatta nel continente più isolato, remoto ed estremo del pianeta, dalla costa nell’entroterra occidentale fino al Polo Sud e da lì al ghiacciaio di Leverett e ritorno al punto più meridionale dell’asse terrestre. In totale 1.500 chilometri, ma le condizioni proibitive dovute alle temperature anomale per il periodo – come emerso dall’analisi dei dati fatta al suo rientro – lo hanno costretto a interrompere il tentativo dopo 716,5 chilometri. Un fatto da studiare e da raccontare con l’aiuto degli esperti del clima. L’altra anima del ciclista è infatti quella del divulgatore scientifico che parla di ambiente e di cambiamenti climatici con gli “addetti ai lavori” e va nelle scuole, dove incontra i giovani e i giovanissimi di oggi che saranno gli adulti del domani nell’ambito del suo progetto “Bike to 1.5” (ispirato al limite di aumento della temperatura media globale rispetto all’era pre-industriale stabilito con l’Accordo di Parigi per evitare la catastrofe climatica, e di conseguenza ambientale, completa). Non è stata però esclusivamente una vicenda sportiva con il risvolto scientifico, anche un’esperienza interiore. Un’iniziativa infatti che sa di avventura dell’epoca dei pionieri, ma senza slitte né sci, solo due arti inferiori che fanno andare due ruote che trasportano la tenda e i viveri – cibo liofilizzato – nel cosiddetto “deserto bianco”, perché in Antartide le precipitazioni sono scarsissime, è un’occasione per ristabilire quel contatto tra la natura e l’essere umano che si è allentato e per trovarsi faccia a faccia con il proprio corpo e la propria interiorità autentici, senza filtri di sorta.
Il sogno
L’iniziativa Antarctica unlimited nasce nel 2022, quando Di Felice prova a compiere il primo tentativo di traversata, prima di tornarci l’anno seguente, e riunisce diversi partner, come l’organizzazione Italian climate network (Icn) e l’Agenzia spaziale europea (Esa), e scienziati ed esperti che compongono il consiglio scientifico, tra cui il fisico climatologo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) Antonello Pasini. “Questa avventura nasce dal mio sogno di attraversare l’Antartide, a cui ho unito la mia carriera da ultra-cyclist”, dice, rispondendo alle domande di Interris.it, “il mio obiettivo era di realizzare la più lunga traversata in bicicletta in solitaria del continente mai effettuata” – l’ultraciclismo, dall’inglese ultra-cycling, è infatti quella specialità che consiste nel gareggiare su lunghe distanze. Finora a essere spinti più lontano in Antartide sono stati Daniel Burton e Juan Menendez Granados, entrambi in solitaria in due distinte occasioni, rispettivamente nel 2013 e nel 2014, ma il primo usufruendo del lancio di rifornimenti dell’aereo e il secondo andando sia in bici che sugli sci. “Un’iniziativa che mi ha impegnato vari anni, tra l’allenamento per la preparazione fisica e l’organizzazione della parte tecnica come di quella logistica, dato che per raggiungere il continente più estremo e remoto del pianeta occorrono dei permessi”, aggiunge.
Evento meteo anomalo
Un “caldo” fuori stagione si è frapposto fra Di Felice e il suo obiettivo, costringendolo al rientro anticipato a causa delle “condizioni di neve e soprattutto delle precipitazioni più abbondanti rispetto alle aspettative basate sulle medie climatiche”, che quasi gli impedivano di avanzare. Situazione dovuta a un evento meteorologico anomalo: “Al mio rientro insieme agli esperti del comitato scientifico del progetto abbiamo analizzato i dati (dell’Osservatorio europeo Copernicus, ndr), nello specifico le temperature medie di dicembre, che è risultato essere il periodo più caldo mai registrato in Antartide, soprattutto nella parte occidentale, dove mi trovavo”. Nei quasi cinquanta giorni lì potuto vedere di persona gli effetti del cambiamento climatico? “A occhio non si vedono e non bastano alcuni eventi meteo per parlare di cambiamenti climatici, ma sicuramente sappiamo che questa serie si configura sempre di più all’interno di un panorama di crisi climatica che stiamo vivendo in tutto il pianeta”, continua il ciclista, “non possiamo più voltare la testa dall’altra parte, abbiamo bisogno di aumentare la consapevolezza e la coscienza rispetto a determinati problemi.
Esplorare l’umano
Di Felice è stato l’unico compagno di viaggio di sé stesso per 48 giorni. “Non è stata solo un’avventura sportiva, ma un percorso di crescita personale, di ascolto dei propri bisogni e della propria voce interiore”, racconta l’atleta. “Questa, come tutte le avventure in luoghi remoti dove l’isolamento è uno dei protagonisti, ti porta a ristabilire il contatto uomo-natura e siccome a livello geografico è stato scoperto pressoché tutto, l’esplorazione si sposta sulla dimensione umana, sui nostri limiti e i nostri punti di forza”.
Mobilità leggera
Sicurezza e inquinamento richiedono che le città italiane si ripensino a misura di pedone, ciclista e fragile piuttosto che di automobilista, visti i dati sulle vittime della strada (seppur in calo) e i livelli di smog recentemente misurati da Legambiente. E la bicicletta può essere il simbolo di questa “transizione”. “Un mezzo leggero ci può aiutare a riscoprire gli spazi cittadini, togliendoli dalla ‘morsa’ del traffico veicolare e restituendoli alle persone, inoltre l’incidenza che hanno le automobili nella nostra vita si traduce anche in un abbassamento della sicurezza, visto che siamo il terzo Paese in Europa per morti in strada”, dichiara Di Felice. “Ridurre il traffico e salire in sella alle nostre biciclette può essere una delle soluzioni da mettere in campo”, conclude.