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“Sorelle spaiate”: la storia di Ershela costretta a prostituirsi e uccisa per essersi ribellata

"Sorelle spaiate" è l'opera prima di Lucia Esposito. Un romanzo che racconta la storia vera di Viola ed Ershela. L'intervista di Interris.it

Sorella spaiate” (edizioni Giunti) è il titolo del libro scritto da Lucia Esposito, un romanzo che racconta la storia di Viola e Ershela. Due giovani donne, la prima determinata e piena di talento che ha lasciato Napoli per trasferirsi a Milano con il sogno e il desiderio di diventare una giornalista; la seconda, originaria dell’Albania, ha lasciato il suo paese natale in cerca di un futuro migliore. Non solo un romanzo, ma la vita vera di Ershela e Viola, quest’ultima è l’alter ego dell’autrice. Ershela è stata costretta a prostituirsi ed è stata brutalmente uccisa dopo essersi ribellata. L’ancora che le impediva di impazzire nonostante si trovasse negli abissi della sofferanza erano le lettere che scriveva alla sorella Alina. Lucia Esposito, giornalista di Libero, pubblicandole ha voluto “trasformare Ershela in un’eroina letteraria, consegnandola all’eternità”.

L’intervista a Lucia Esposito

Come ha conosciuto Ershela?

“Ero appena arrivata da Napoli, ero giovanissima, in una città sconosciuta dove muovevo i primi passi nel mondo del giornalismo. Ero rimasta impressionata da tutte queste ragazze, quasi delle bambine, che affollavano i marciapiedi di Milano nell’indifferenza della gente. Ho voluto capire cosa succedeva. Avevo sentito parlare di don Oreste Benzi, ho chiamato la sua associazione e ho chiesto di poter intervistare una delle ragazze salvate da lui. Così incontro Ershela e, durante l’intervista, è nato un legame forte. Probabilmente, lei in me ha visto quell’amica che in tutto quel periodo le era mancata. Quella ragazza che per tutti era nessuno, in un’ora e mezza – il tempo che sono rimasta con lei per l’intervista – mi ha segnato la vita”.

“Sorelle Spaiate”. Cosa l’ha spinta a scrivere questo romanzo?

“Ho aspettato molto prima di pubblicare queste lettere, perché volevo proteggere Ershela, difenderla. Quando ho compiuto 50 anni, ho cambiato prospettiva e mi sono detta: ‘se faccio conoscere questa storia la rendo eterna’. La parabola di Ershela in Italia è durata un anno. Lei era un’invisibile, un fantasma, le avevano tolto tutto, anche il nome. Le avevano negato anche il diritto di chiamare sua sorella. Da giornalista, avrei potuto pubblicare immediatamente queste lettere, ma sarebbero state presto dimenticate. Volevo trasformare Ershela in un’eroina letteraria, consegnarla all’eternità, perché questa ragazza è una martire della vita, è stata uccisa per sua sorella e per il bambino che portava in pancia”.

Cosa l’ha colpita di più della storia di Ershela?

“La sua maturità: nonostante fosse appena ventenne, aveva vissuto molto più dei suoi anni; l’amore incredibile e incondizionato che nutriva per la sorella; la sua ingenuità: fino alla fine lei era convinta che Helidon la amasse, è sempre rimasta ancorata al sogno dell’uomo principe azzurro che, invece, si è rivelato per quel che era: un mostro. Ershela è sempre stata molto sola, una famiglia l’aveva trovata dopo essere stata salvata da don Oreste Benzi. Quando, però, ha il dubbio che sua sorella è in pericolo, fugge, ritrovandosi di nuovo sola. Il tratto più incredibile di questa ragazza è la sua capacità di amare, così grande tanto da diventare irrazionale”.

Lei ha incontrato don Oreste? 

“Avevo parlato con lui al telefono quando mi ha confermato l’appuntamento per intervistare Ershela, ma non l’ho incontrato di persona. Ho ancora l’impressione di sentire la sua voce nelle mie orecchie, lo faccio dire anche a Viola, mio alter ego nel libro. Ho sempre pensato che con la sua voce e la sua capacità di aprire orizzonti, potesse arrivare ovunque. Era travolgente. Lui parlava di queste ragazze che aveva salvato come se fossero veramente sue figlie”.

Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere a quanti leggeranno il suo libro?

“Ogni vita ha una ricchezza, anche quella che ci sembra la più misera. Le lettere di Ershela ci mostrano che questa giovane donna aveva dentro di lei un mondo meraviglioso, ha avuto la capacità di trovare la luce anche nell’abisso. Vorrei lanciare un messaggio con il mio romanzo: di essere più attenti alle vite, di guardare oltre la situazione che chi incontriamo sta vivendo. Inoltre, vorrei far riflettere sul valore della scrittura: Ershela ha scritto le lettere per sua sorella mentre era schiava, la scrittura l’ha tenuta in vita”.

Siamo vicini all’appuntamento annuale con la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, ma di quella perpetrata contro le donne che sono costrette a prostituirsi si parla molto poco. come mai? 

“Perché, purtroppo, si pensa sempre che ci sia una consensualità che invece non c’è. Come diceva don Benzi: ‘Nessuna donna nasce prostituta’. Quello che sfugge spesso nella narrazione è che queste ragazze sono schiave, non hanno mai la possibilità di scegliere”.

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