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Spreco alimentare e eccedenze di produzione: l’azione di Banco Alimentare

Interris.it ha parlato di spreco alimentare e come contrastarlo con il presidente della Fondazione Banco Alimentare, Giovanni Bruno

L’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile chiede che entro il 2030 sia dimezzato lo spreco alimentare pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto. Un obiettivo che secondo Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare non è assolutamente possibile. “Non credo che questo sarà un obiettivo raggiungibile nel 2030 – spiega il dottor Bruno intervistato da Interris.it in occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare -. Su alcuni dei punti dell’Agenda 2030, come dimostrano molti studi, sembrerebbe che il mondo è tornato indietro; non è così per lo spreco alimentare – aggiunge -, ma bisogna considerare che si è verificato un peggioramento delle condizioni economiche. La domanda da porci è questo: lo spreco alimentare è diminuito perché si è più responsabili o a causa delle difficoltà economiche?“.

La tendenza a sprecare alimenti e non solo

Secondo i dati emersi dal Rapporto “Il caso Italia” dell’Osservatorio Waste Watcher Internationa, risale in Italia lo spreco alimentare. Nelle nostre case ogni giorno vengono buttati quasi 81 grammi di cibo rispetto ai 75 grammi del 2023. Si tratta dell’8,05% di spreco in più rispetto a un anno fa, per un costo l’anno a famiglia di 290 euro e di 126 euro procapite. Lo spreco complessivo di cibo in Italia vale oltre 13 miliardi: un dato vertiginoso che include quello domestico, che incide per quasi 7,5 miliardi, quello nella distribuzione di quasi 4 miliardi, oltre allo spreco in campo e nell’industria, molto più contenuto. “La sensibilizzazione sul non sprecare, sul riciclo, sul riutilizzo delle risorse è relativamente recente – aggiunge il presidente di Banco Alimentare -. Questa giornata è un’occasione per richiamare sempre di più su questi aspetti. Bisogna però fare uno distinzione sul tipo di spreco: da un lato quello che avviene nelle famiglie che sono irrecuperabili da realtà come la nostra; dall’altro ci sono le eccedenze alimentari che possiamo recuperare per evitare che diventino scarto”.

Lo spreco alimentare nell’industria della trasformazione

La Fondazione Banco Alimentare ha promosso un’indagine sulle eccedenze e sullo spreco alimentare in Italia, realizzata dal Food Sustainability Lab della School of Management del Politecnico di Milano, che ha preso in esame l’industria della trasformazione alimentare nell’anno 2022-2023. I prossimi anni, verrano presi in la produzione agricola e l’allevamento, e poi la distribuzione alimentare. “Sono molti gli aspetti significativi che sono emersi. Analizzando il mondo dell’industria si è compreso che quanto più le aziende concepiscono che si possono avere delle eccedenze all’interno dei processi operativi, le gestiscono e danno priorità alla misurazione e alla donazione, tanto più queste aziende diventano sensibili in molti altri campi, come il riciclo, il riutilizzo”.

La ricerca

In un anno sono state donate 139.000 tonnellate di eccedenze da grandi e medie imprese dell’industria italiana della trasformazione. Pasta e prodotti da forno guidano la classifica delle categorie di prodotto maggiormente disponibili e si è evidenziata una correlazione positiva tra donazione di eccedenze ed economia circolare. La ricerca ha coinvolto 1.812 imprese, pari a poco più del 22% delle 8.197 imprese dell’industria con
più di 9 addetti, suddivise in tre classi dimensionali: 72,6% piccole (da 10 a 49 dipendenti), 19,8% medie (da 50 a 249 dipendenti) e 4% grandi (da 250 dipendenti). È emersa una stretta correlazione tra la donazione a scopo sociale e le strategie dell’economia circolare nell’industria italiana della trasformazione: donazione, riuso, riciclo e recupero sono complementari nel perseguimento dell’obiettivo condiviso di prevenire spreco e rifiuti. Tra le aziende che donano, il 75% mette in atto anche altre forme di riuso, contro il 52% delle aziende che non donano.

L’identikit delle imprese che donano di più

L’analisi statistica complementare realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà sulla base dei dati della ricerca del Politecnico ha approfondito alcuni aspetti legati al tema della donazione. È emerso l’identikit delle imprese che donano di più. Le grandi imprese, in percentuale sul loro numero, donano 3 volte in più rispetto alle piccole e 1,5 volte rispetto alle medie; le aziende che producono prodotti da forno, 2,5 volte in più rispetto a tutte le altre. Le imprese che perseguono obiettivi di sostenibilità in modo strutturale donano 1,7 volte in più rispetto alle altre. Tra le imprese che donano, quelle che misurano le eccedenze in modo sistematico donano 2,7 volte in più rispetto alle altre. Le imprese che donano da più anni tendono ad aumentare la quota di
donazioni nel tempo.

L’azione di Banco Alimentare

Ogni giorno Banco Alimentare è impegnato a intercettare cibo ancora buono perché non vada sprecato, costruendo relazioni con i soggetti della filiera agroalimentare da un lato e quelli istituzionali dall’altro. In tutta Italia sono 7.600 le organizzazioni partner territoriali convenzionate con Banco Alimentare (mense, centri di accoglienza, case-famiglia, etc.) che offrono aiuto alimentare a 1.750.000 persone in difficoltà. A loro Banco Alimentare ha fatto arrivare nel 2022 oltre 110.000 tonnellate di alimenti, parte salvate dallo spreco, parte derivate da programmi nazionale ed Europeo di aiuto alimentare per la distribuzione gratuita agli indigenti. “Per la gestione delle donazioni abbiamo delle convenzione con le aziende e la grande distribuzione. Inoltre, abbiamo anche un manuale di buone pratiche validato dal Ministero della Salute: il cibo è prezioso e come tale va trattato, è importante che venga recuperato, gestito e distribuito rispettando tutte le norme, perché chi più ha bisogno riceva la stessa qualità di chi bisogno non ne ha bisogno – sottolinea Giovanni Bruno -. La catena della formazione è assolutamente importante e per noi è prioritaria per il rispetto della salute di tutti“.

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