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Castagnetti a Interris.it: “Il valore sociale della solidarietà”

Intervista a Interris.it di Pierluigi Castagnetti, ex vicepresidente della Camera dei Deputati e segretario nazionale del Partito Popolare, sulle radici delle solidarietà in pandemia  

Mai quanto in pandemia la solidarietà è un valore personale e collettivo. Una via d’uscita individuale e comunitaria dal tunnel. Cioè dalla crisi sanitaria, sociale ed economica provocata dal Covid. Nell’emergenza papa Francesco si conferma punto di riferimento fondamentale per l’umanità disorientata e impoverita. Alla radice del suo impegno ci sono la dottrina sociale della Chiesa e la sollecitudine spirituale del Concilio Vaticano II.solidarietà

Alle radici della solidarietà

Interris.it ha intervistato una delle personalità cattoliche più autorevoli in Italia per inquadrare la mobilitazione solidale dei credenti. Secondo molti analisti di questioni ecclesiastiche l’interpretazione e ancor più la realizzazione del Concilio colloca Jorge Mario Bergoglio nell’alveo del cattolicesimo democratico. Ambito a cui appartiene anche la significativa figura di Pierluigi Castagnetti, ex vicepresidente della Camera dei Deputati.  Originario di Reggio Emilia, ha sempre coltivato la passione per la politica. E giovanissimo, si è iscritto alla Dc. Nel 1980 diventa consigliere regionale dell’Emilia Romagna. Due anni dopo viene eletto segretario regionale del partito. E nel 1987 entra in Parlamento. Finita l’esperienza della Dc, Castagnetti è stato tra i fondatori del Partito Popolare. Di cui divenne anche segretario nazionale. Castagnetti ha poi contribuito alla formazione del primo governo Prodi. E successivamente, alla nascita della Margherita. “A me pare che il paragone tra Francesco e Giovanni XXIII ci stia, fatti i dovuti distinguo innanzitutto sul piano storico“, spiega a Interris.it Castagnetti.Solidarietà

Fuori dai confini

“Roncalli è stato eletto all’indomani (appena 13 anni dopo) della seconda guerra mondiale. In una Chiesa inevitabilmente euro-europea per non dire italo-italiana- evidenzia l’ex vicepresidente di Montecitorio-. L’intuizione del Concilio in quel contesto storico fu veramente ‘rivoluzionaria’. Nel senso che rivelò sin da subito la volontà del suo promotore Roncalli di fare uscire la Chiesa dai suoi confini tradizionali. E di riformarne profondamente la struttura. Fu profetica l’idea e straordinaria la forza con cui Giovanni XXIII la realizzò vincendo resistenze inusitate. La forza gli veniva sicuramente dalla profondità della convinzione maturata nel decennio precedente“. Il giurista, politico e teologo Giuseppe Dossetti disse  “hanno eletto Roncalli perché non lo conoscevano“. Pochi sapevano, infatti, che “della necessità di un Concilio Roncalli aveva parlato quando ancora era nunzio a Parigi“.

La solidarietà secondo Francesco

Molti i possibili paragoni tra Roncalli e Bergoglio. Osserva Castagnetti: “Anche Francesco si trova a un versante della storia della Chiesa. E avverte come ineludibile la necessità di una riforma. Anche lui deve vincere resistenze inusitate in Curia e nella periferia ecclesiale. Anche lui sente l’urgenza di impostare un percorso in qualche modo irreversibile, accada quel che accada, anche alla persona dell’iniziatore“, sottolinea l’ex vicepresidente della Camera. Prosegue Castagnetti: “Le diversità fra Roncalli e Bergoglio sono ugualmente importanti. Papa Giovanni era ‘interno’ alla vecchia struttura pacelliana e italiana. Anche per ragioni biografiche.  Mentre Francesco ‘viene dalla fine del mondo‘. Cioè dall’estrema periferia ecclesiale. E ciò rappresenta un vantaggio. Ma comporta anche lo svantaggio di un certo pregiudizio nei suoi confronti. Francesco viene eletto papa non disponendo egli di un’idea cardine come fu il Concilio per Roncalli”.

Sinodalità

Da Buenos Aires, evidenzia Castagnetti, “Jorge Mario Bergoglio “portava con sé infatti l’esigenza di una riforma profonda. Ma non chiaramente degli strumenti. Lo strumento che poi Francesco ha scelto è quello della sinodalità che è soprattutto un metodo”. Ciò detto, secondo Castagnetti, le simmetrie possibili tra le due figure sono tante altre: “La postura personale. La parrocchialità. Cioè la vicinanza umana che li fa sentire come autorità-accessibili. Comunque conoscitrici del tuo problema. Insomma la pastoralità percepibile a prima vista. E ancora, l’abbandono. Nel senso di affidamento senza riserve alla divina Provvidenza. Ossia la certezza della misericordia del Signore. La capacità di ‘mettersi nei panni‘ (nel senso di condividere) dell’uomo del loro tempo. Soprattutto del povero. La configurazione della povertà come vero e proprio luogo teologico per eccellenza (‘lì c’è Dio!’). E non solo come condizione umana da prediligere, come attenzione amorevole per i cristiani“.

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