C'è un convitato di pietra al Sinodo sul'Amazzonia in corso in Vaticano ed è il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, “di estrema destra e su posizioni scettiche riguardo l’emergenza climatica”, osserva il Guardian.
Il Magistero delle periferie geografiche ed esistenziali
Oltre cento vescovi provenienti da nove paesi amazzonici stanno discutendo in Vaticano al Sinodo sull'Amazzonia. Riunione di tre settimane voluta da papa Francesco e iniziata domenica scorsa con il compito di riflettere sul futuro della Chiesa in una regione ampia e complessa che sta rapidamente perdendo fedeli a vantaggio delle congregazioni pentecostali. “Tra le decisioni controverse che saranno discusse c’è la possibilità di essere ordinati sacerdoti per gli uomini sposati più anziani e l’accelerazione della formazione di preti indigeni”, evidenzia il quotidiano britannico. Tuttavia “il focus ecologista del raduno ha scatenato una tempesta politica in Brasile, che controlla il 60 per cento circa della regione amazzonica e da gennaio è governato da un’amministrazione di estrema destra che ha smantellato le normative per la protezione dell’ambiente e ha assistito a un drammatico aumento della deforestazione”.Sembra che i servizi segreti brasiliani (Abin) siano stati mobilitati in almeno quattro città amazzoniche per tenere d’occhio i religiosi coinvolti nel sinodo. “Siamo preoccupati e vogliamo neutralizzare questa cosa”, ha dichiarato il bellicoso generale Augusto Heleno, ministro per la sicurezza istituzionale di Bolsonaro, in un’intervista al quotidiano O Estado de São Paulo lo scorso febbraio. Secondo il quotidiano, il governo di Bolsonaro temeva il “programma di sinistra” del sinodo e la possibilità che potesse mettere in imbarazzo il Brasile agli occhi di tutto il mondo.
Aggressione irrazionale
Ad agosto i vescovi brasiliani, riferisce il Guardian, hanno condannato il modo in cui venivano trattati in una lettera aperta in cui si leggeva: “Proviamo immenso rammarico per il fatto che oggi, invece di sostenerci e incoraggiarci, i nostri leader ci abbiano criminalizzati come nemici della patria”. La lettera non faceva alcun riferimento esplicito a Bolsonaro, ma condannava “l’aggressione violenta e irrazionale contro la natura” e “la distruzione senza scrupoli della foresta, che sta uccidendo una flora e una fauna antichissime con incendi appiccati da criminali”. Parlando con il Guardian, Erwin Kräutler, ex vescovo della regione amazzonica di Xingu, ha definito gli incendi di quest’anno“una vera apocalisse” di cui Bolsonaro era responsabile. I sostenitori di Bolsonaro hanno reagito a quello che ai loro occhi è un complotto di sinistra per umiliare il loro leader e indebolire la sovranità del Brasile sull’Amazzonia. Monsignor Joaquín Humberto Pinzón, vescovo della regione amazzonica della Colombia, ha affermato che gli attacchi contro il Sinodo riflettono il malcontento di potenti attori politici ed economici per il tentativo di far crescere la consapevolezza sull’importanza ecologica dell’Amazzonia. “Non sono d’accordo, politici, uomini d’affari, proprietari delle grandi compagnie minerarie”, ha aggiunto Pinzón.
Le radici teologiche
Monsignor Erwin, vescovo in Amazzonia, ha offerto la sua collaborazione all’enciclica di Francesco, Laudato si’. Anche oggi la Chiesa, stimolata da Francesco, si rivolge alle sofferenze e alle difficoltà della società, guardando, come il Papa ha più volte esortato, alle periferie del mondo. Francesco ha detto che la Chiesa ha bisogno di andare nelle periferie. Kräutler vive in Amazzonia e il papa, nella sua enciclica Laudato si’, ha parlato dell’Amazzonia e anche degli indigeni. Per il presule missionario è una vittoria della Chiesa, una vittoria del popolo dell’Amazzonia, una vittoria dei vescovi dell’Amazzonia e della Chiesa in Amazzonia. Nessun cedimento, quindi, all'ecologismo oltranzista di stampo marxista. Anzi è stato proprio il primo Papa della storia proveniente dall’America Latina a chiarire che avere cura di chi è povero non è comunismo è Vangelo. Secondo il Pontefice che vuole una Chiesa povera per i poveri, c’è bisogno di etica nell’economia e c’è bisogno di etica anche nella politica. Del resto, più volte vari capi di Stato e leader politici che il Papa ha potuto incontrare gli hanno parlato di questo. Hanno detto: i leader religiosi devono aiutare, dare indicazioni etiche. Il ragionamento di Francesco è da leader morale del pianeta. Il pastore può fare i suoi richiami ma, come ricordava Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in Veritate, servono uomini e donne con le braccia alzate verso Dio per pregarlo, consapevoli che l’amore e la condivisione da cui deriva l’autentico sviluppo, non sono un prodotto delle nostre mani, ma un dono da chiedere. E al tempo stesso Bergoglio si dice convinto che ci sia bisogno che questi uomini e queste donne si impegnino, ad ogni livello, nella società, nella politica, nelle istituzioni e nell’economia, mettendo al centro il bene comune. Dunque non si può più aspettare a risolvere le cause strutturali della povertà, per guarire le società da una malattia che può solo portare verso nuove crisi: i mercati e la speculazione finanziaria non possono godere di un’autonomia assoluta. Senza una soluzione ai problemi dei poveri non risolveremo i problemi del mondo. In questa ottica il pontefice invoca programmi, meccanismi e processi orientati a una migliore distribuzione delle risorse, alla creazione di lavoro, alla promozione integrale di chi è escluso.