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Il significato teologico dell’Avvento

L'Avvento indica la lunga attesa delle genti per la Redenzione ed è il tempo della speranza

L’ Avvento è il periodo che precede e ci accompagna al Natale. Sono quattro domeniche che ci ricordano la venuta di Gesù Cristo, e allo stesso tempo comincia un nuovo anno liturgico. L’Avvento è il primo dei cosiddetti tempi ‘forti’ della vita liturgica della Chiesa, insieme alla Quaresima, al tempo Pasquale e poi dell’Ascensione e di Pentecoste. Si tratta, perciò, di rivivere nelle quattro settimane dell’Avvento la lunga attesa delle genti per la Redenzione. L’Avvento è per eccellenza il tempo della speranza. L’intero popolo di Dio si mette in cammino, attratto da questo mistero: il nostro Dio è il Dio che arriva e ci chiama ad andare incontro a Lui» Ma qual è l’origine dell’Avvento?

Nella Roma precristiana “adventus” significava la venuta, una volta all’anno, della divinità nel suo tempio; quella venuta o presenza durava per tutto il periodo consacrato alla sua festa. C’è da aggiungere che lo stesso nome assunse poi il significato di visita dell’imperatore o addirittura l’anniversario della sua festa. Con la nascita del cristianesimo, venne adottato il termine per designare inizialmente l’incarnazione del Cristo: “Adventus Domini “è ricordata anche nelle omelie dei Padri della Chiesa, teologi e scrittori cristiani che vissero tra il II e il VIII secolo. Attraverso i loro scritti, le lettere e i trattati hanno contribuito a definire i dogmi e a interpretare le Sacre Scritture e a difendere la fede cristiana dalle eresie. La prima celebrazione del Natale a Roma avviene nel 336 d.C. ed è proprio verso la fine del IV secolo che si riscontra in Gallia ed in Spagna un periodo di preparazione alla festa del Natale

Ma soltanto a partire dal VII, si inizierà però a parlare effettivamente di tempo di Avvento nelle quattro settimane con riferimento al Natale. Tale periodo verrà chiamato tempus ante natale Domini (Tempo che precede la nascita del Signore) o tempus adventūs Domini (tempo della venuta del Signore). Fu Papa Gregorio Magno (590-604) il primo a fissare le quattro domeniche di Avvento per la Chiesa Occidentale. In particolare, le quattro domeniche d’Avvento stanno forse, simbolicamente a rappresentare i quattromila anni, che gli uomini, secondo l’interpretazione di allora, dovettero attendere per la venuta del Salvatore, dopo aver commesso il peccato originale.  L’imperatore Corrado il Salico (1024-1039) re dei Franchi, convocò un sinodo nel convento di Limburgo nella provincia olandese il 3 dicembre del 1038, stabilendo che dovevano esserci solo quattro domeniche di Avvento e che la prima dovesse cadere tra il 27 novembre e il 3 dicembre.  Il tempo dell’Avvento, nel rito romano della Chiesa cattolica, inizia con il vespro della sera della prima domenica (cioè, la sera del sabato precedente la prima domenica) e finisce con la Vigilia di Natale, prima del primo vespro di Natale.

In queste domeniche il celebrante indossa i paramenti di colore viola, tranne la terza domenica quando il colore diventa rosa, essendo questa domenica chiamata “Gaudete”, “gioite”, come recita l’antifona che proponendo un passo della Lettera di S. Paolo ai Filippesi: “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino “. S. Bernardo abate di Chiaravalle (1090 -1153) nel quinto Sermone sull’Avvento, ci ricorda che: “… Il Verbo nella prima venuta venne nella debolezza della carne; in questa intermedia viene a noi nella potenza dello Spirito; nell’ultima verrà nella maestà della gloria. Quindi questa sua venuta intermedia è, per così dire, una via che unisce la prima all’ultima: nella prima Cristo fu nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è nostro riposo e nostra consolazione…”.

Infine, lasciamoci guidare in questo Avvento dalle parole pronunciate da Papa Benedetto XVI (2005-2013) nel lontano 2006: <<… All’inizio di un nuovo ciclo annuale, la liturgia invita la Chiesa a rinnovare il suo annuncio a tutte le genti e lo riassume in due parole: “Dio viene “. Questa espressione così sintetica contiene una forza di suggestione sempre nuova. Fermiamoci un momento a riflettere, scrive il pontefice – non viene usato il passato – Dio è venuto -, né il futuro – Dio verrà -, ma il presente: “Dio viene”. Si tratta, a ben vedere, di un presente continuo, cioè di un’azione sempre in atto: è avvenuta, avviene ora e avverrà ancora. In qualunque momento, “Dio viene” >>.

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