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TROPPI TAGLI POCHE RISORSE, LA SANITA’ RISCHIA DI MORIRE

Secondo l’ultima classifica dell’Euro Health Consumer Index (Echi), presentata lo scorso 27 gennaio a Bruxelles, la situazione sanitaria italiana non è delle più rosee. Se le classifiche ufficiali di spesa e performance cliniche ci vedono sostanzialmente in media con quello che sono gli standard europei, i dati statistici ufficiali a livello di soddisfazione dei cittadini fanno sì che il Bel Paese si collochi al 21esimo posto, con 648 punti su mille. Una discesa di un posto in un anno, infatti nel 2013 eravamo al 20esimo posto, mentre nel 2008 al 16esimo.

L’indice con cui viene stilata la graduatoria viene redatto combinando i risultati di statistiche pubbliche, sondaggi tra i pazienti e ricerche indipendenti condotte dal Health Consumer Powerhouse, una società privata svedese specializzata nella misurazione delle performance della sanità in Europa e in Canada.
Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, nel 2011 in Italia la spesa sanitaria rappresentava il 9,2% del Pil, una percentuale inferiore rispetto alla media dei Paesi dell’Ocse, ma decisamente più bassa rispetto a quella di altre nazioni dell’Unione Europea, come i Paesi Bassi (11,9%), la Francia (11,6%) e la Germania (11,3%).

Durante la presentazione del libro “La tempesta perfetta”, di Walter Ricciardi, Commissario straordinario Istituto Superiore della Sanità, Vincenzo Atella, Direttore Ceis Università di Roma Tor Vergata, Claudio Cricelli, Presidente Simg, e Federico Serra, Vice Presidente Public Affairs Association, il sistema sanitario nazionale è stato paragonato ad una nave che si sta dirigendo – appunto – verso la tempesta perfetta, ossia verso l’inevitabile naufragio.

“Innanzitutto è necessario evitare che il sistema sanitario nazionale sia l’espressione, a volte schizofrenica, delle volontà di 21 regioni e Province autonome che, in nome della riforma federalista, interpretano il dettato costituzionale come possibilità di operare senza vincoli, salvo poi trovare un salvatore di ultima istanza nello Stato. – spiega il professor Ricciardi, autore del libro – questo non significa voler tornare indietro al dirigismo centralista precedente agli anni 2000. Deve però essere rivalutato il ruolo di cooperazione e di scambio di esperienze tra regioni e tra Centro e Regioni che in questi anni è venuto a mancare per vari motivi”.

Le strutture spesso obsolete, i continui tagli alla sanità, la mancanza di investimenti in apparecchiature moderne e lo scarso investimento su nuovi professionisti fa sì che molte Aziende sanitarie siano impossibilitate a mantenere un’adeguata erogazione dei Livelli essenziali di Assistenza.

“La realtà che abbiamo vissuto negli ultimi anni – conclude il prof. Ricciardi – è quella di una frammentazione esasperata, di una conflittualità latente dell’aumento esponenziale delle differenze nella qualità dei servizi, non solo tra regioni, ma anche all’interno della stessa regione. È possibile fare bene anche con le risorse attualmente a disposizione, purché vengano utilizzate correttamente, ad esempio riducendo gli sprechi e riallocando le risorse, facendo attenzione all’andamento degli indicatori di processo e risultato, premiando le buone pratiche e incentivando trasparenza e merito”.

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