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SAN VALENTINO TRA SACRO E PROFANO

Un tubo di cioccolatini, un cuore di peluche attaccato al finestrino dell’automobile, il vestito e il profumo giusto, una cena fuori, senza dimenticare l’immancabile mazzo di rose scarlatte. Cambiano le mode ma il rituale di San Valentino si ripete, stravolto dagli eccessi di un consumismo cieco che snatura il vero senso di questa ricorrenza: l’amore. Non solo quello per il partner (per chi ce l’ha) ma anche per un genitore, un fratello, una sorella o un amico. Eppure il più nobile dei sentimenti caratterizza questi giorni dai tempi del paganesimo, quando i romani festeggiavano i lupercali. Si trattava di una ricorrenza, celebrata a partire dal IV secolo a.C., dedicata a Lupercus, dio della fertilità.

Gli uomini e le donne a lui fedeli mettevano i propri nomi all’interno di un’urna e un bambino, dopo aver opportunamente mescolato, procedeva all’estrazione, un po’ come avveniva qualche anno fa nel gioco del lotto. In questo modo venivano formate delle coppie, destinate a vivere in intimità per un anno omaggiando Lupercus con la loro fecondità. Un “tresca party” ante litteram insomma… La Chiesa delle origini, dopo l’editto di Milano e quello successivo di Teodosio, operò per sradicare le tradizioni dell’antica religione politeista, sostituendole con altre più vicine al cristianesimo. Così è avvenuto anche per i lupercali: i primi padri della Chiesa cercavano un santo “dell’amore” per rimpiazzare il libertino dio pagano e lo trovarono in Valentino.

Vescovo del III secolo della città di Interanma (l’odierna Terni), fu fatto lapidare e poi decapitare dall’imperatore Claudio il Gotico per aver tentato di convertirlo, nonostante questi lo avesse imprigionato, ordinandogli di abiurare Cristo. La leggenda racconta che durante la detenzione Valentino si fosse innamorato, ricambiato, della giovane figlia cieca del guardiano. Il sentimento era talmente forte che la ragazza riacquistò miracolosamente la vista. Si dice poi che prima di recarsi nel luogo del martirio, sulla via Flaminia, abbia lasciato un ultimo messaggio alla donna, firmandosi “dal vostro Valentino”. Da quel momento, nell’immaginario collettivo, l’antico presule di Terni acquisì il ruolo di protettore delle coppie. Ne nacquero diverse storie. Come ad esempio quella di due fidanzati riconciliati da un litigio stringendo insieme una rosa rossa regalata dal santo. Oppure sull’amore tormentato tra il centurione Sabino e la cristiana Serapia, osteggiato dalle famiglie dei due e che Valentino coronò donando loro un sonno beatificante, dopo la malattia di lei. E infine sul giardino del vescovo, riservato al gioco dei bambini e salvato dalla malvagità di un re.

Nei secoli successivi tradizioni e usi legati al 14 febbraio si sono sedimentate, a seconda delle differenti culture. In Kenya le mogli omaggiano il proprio sposo con una zucca colma di vino di palma ricevendo in cambio un pezzo di focaccia di tiglio e in seguito i due innamorati bevono insieme da una “coppa dell’amore”. Gare di danza, invece, sono previste per la tribù dei Wodaabe nel Niger, dove le ragazze sono chiamate a scegliere il compagno tra tutti i ballerini che per l’occasione ricoprono il loro corpo con collane, vestiti colorati e copricapi. Anche i Samburu del Kenya si cimentano in particolari coreografie destinate al corteggiamento che si concludono con i giovani che gettano il loro ciuffo di capelli sul viso dell’amata, la quale, se non si mostra contrariata, aspetta di ricevere una collana di perline. In Germania i partner, come avviene in Italia, si scrivono bigliettini e si scambiano presenti, mentre il regalo tradizionale di San Valentino in Danimarca è rivolto agli amici che si danno a vicenda gli “snowdrops”, cioè mazzi di fiori bianchi. In Inghilterra è l’anonimato a farla da padrone: messaggi romantici e fiori vengono recapitati senza firma, in modo che il destinatario debba impegnarsi per scoprire il mittente. Le nubili la mattina di questo giorno si alzano dal letto prima dell’alba e si affacciano alla finestra come buon auspicio per una futura relazione: si dice che il primo uomo che passa sarà sposato entro un anno. In Olanda si regala un cuore di liquirizia, in Spagna un bouquet di rose rosse, in Galles cucchiai di legno intagliati, mentre in Ungheria c’è l’usanza, per ragazzi e ragazze, di andare nei boschi a raccogliere bucaneve. In Giappone le spose comprano cioccolatini per i mariti e in Cina li sorprendono con le loro abilità di casalinghe. Nel mondo islamico, infine, gli uomini consegnano alle donne un fazzoletto bagnato di sangue, come prova di coraggio. Diversi modi di dire “ti amo” che per 24 ore uniscono tutti i popoli della terra.

Ma nella gran parte dell’Occidente San Valentino è stato espropriato del suo significato originario, trasformandosi in mero fenomeno di massa, fra serate a tema in discoteca, menù speciali nei ristoranti e coupon offerta per un weekend fuori porta. Una commercializzazione che, in fondo, finisce con l’offendere l’amore stesso materializzandolo e sconvolgendo così quella dimensione rosa che trasforma la nostra vita, rendendola davvero meravigliosa.

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