Tra i tanti martiri vissuti tra il III e il IV secolo che diedero eroica testimonianza della loro fede cristiana, sicuramente S. Biagio è uno dei più popolari. Era nato nell’Armenia Minore a Sebaste, attualmente Sivas in Turchia, mentre avevano luogo feroci persecuzioni ordinate dai vari imperatori romani, e durante quelle volute da Licinio (308-324) si racconta che furono uccisi circa 17 mila cristiani.
Biagio, fin dalla giovinezza, si distingueva per la purezza dei costumi, per la dolcezza del carattere e soprattutto per la pietà. La sua naturale inclinazione verso gli infelici fece inoltre sì che si dedicasse alla medicina, e nell’esercizio della professione fu a contatto con le miserie della vita, fu vicino ai dolori e alle infermità di ogni genere. E fu proprio durante il suo lavoro di medico che Biagio ebbe occasione di avvicinare molti cristiani, di conoscerne la vita, fatta di fede e carità, di rassegnazione e pazienza. Ammirò quindi la nuova religione e dopo profonde meditazioni, abbandonò il culto pagano e si fece cristiano. Questa conversione avvenne prima ancora che l’Armenia, nel IV secolo, abbracciasse il cristianesimo dietro l’esempio del re Tiridate II e per opera di S. Gregorio Illuminatore (257-332 d.C.).
Divenuto cristiano Biagio, mise in pratica le massime e lo spirito del Vangelo: umile, modesto, semplice, timorato di Dio. Attuò in pieno le opere di misericordia corporale, che già seguiva da medico, distribuendo danari e medicine, curando gli ammalati e gli infermi sempre gratuitamente. In breve tempo si fece conoscere, amare e ammirare da tutti e la sua fama di medico bravo ed onesto si diffuse in tutta l’Armenia. E’ detto in una sua biografia: “Essendo stato medico dei corpi, divenne ben presto il medico delle anime: così guariva gli ammalati incurabili non più con i rimedi della sua professione, ma con la preghiera e con la virtù della sua profonda fede e carità. In molte circostanze, bastava solo che toccasse gli ammalati o facesse sopra di essi il segno della croce per restituirli alla salute”.
La città di Sebaste era un importante centro religioso, grazie alla comunità cristiana ben attiva sul territorio, ed è probabile che il vescovo fosse morto durante le persecuzioni o fosse stato costretto a fuggire. In questo contesto storico gli abitanti scelsero Biagio come nuovo vescovo, umile com’era. Il futuro santo non voleva accettare l’incarico sentendosi e ritenendosi indegno, ma poi i fedeli stessi lo convinsero. Egli predicava la verità con le opere e con le parole, illuminava tutti con il Vangelo e convinceva i pagani ad abbandonare l’idolatria e a seguire il culto del vero e unico Dio.
Tanti sono i prodigi operati da lui operati il più noto è quello che compì a favore di un fanciullo che rischiava di morire soffocato da una lisca di pesce, che non riusciva né a deglutire né ad espellere. La madre del fanciullo si recò da Biagio e questi inginocchiatosi sul fanciullo lo segnò con la croce e pregò: “Signore Gesù Cristo, che accogli le suppliche di coloro che ti invocano con fede, ascolta la mai preghiera. Non essendovi rimedio umano, sana con la tua virtù divina questo fanciullo”. Il bambino guarì e fu salvato. A seguito di questo prodigioso intervento, S. Biagio è venerato come speciale protettore della gola.
Ma l’imperatore Licinio, constatato il crescente numero di cristiani, ordinò violente persecuzioni e Biagio, fu costretto a ritirarsi con i seguaci più fedeli sul monte Argeo, a quasi quattromila metri di altezza. Il governatore Agricola lo trovò assorto in preghiera e lo fece arrestare, condotto a Sebaste fu imprigionato e condannato alla flagellazione e il suo corpo fu lacerato con pettini di ferro che usano i materassai. Successivamente lo stesso governatore Agricola ordinò di immergere Biagio nel lago, il quale fattosi il segno della croce, benedisse le acque, che si divisero e formarono come due mura, egli poté entrarvi come gli israeliti nel mar Rosso e quindi camminando sulle acque giunse alla sponda opposta.
Nuovamente catturato fu infine decapitato: era il 3 febbraio del 316, e una pia donna, di nome Elisa si occupò della sepoltura ai suoi resti. La devozione verso questo santo armeno è diffusa e praticata in tutto il mondo cristiano, a lui è legata una singolare e antichissima tradizione quella di benedire la gola con due candele incrociate nel giorno della sua festa, proprio il 3 febbraio, e questa usanza, ancora praticata, risalirebbe, al Medioevo.