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“Riscriviamo il futuro”, la campagna di Save The Children contro la povertà educativa – Audio e Video

Intervista a Fosca Nomis, responsabile advocacy di Save The Children per parlare del tema della povertà educativa, quali sono le cause e cosa dovrebbe fare il governo per affrontare il problema

L’emergenza sanitaria causata dal coronavirus ha causato difficoltà non indifferenti in tutti gli ambiti della nostra vita. Il lockdown ha messo a dura prova il settore economico e produttivo, provocando una crisi economica senza precedenti. Anche il mondo della scuola ha subito pesanti ripercussioni: in maniera repentina ci si è dovuti adattare alla didattica a distanza senza non poche difficoltà sia da parte degli insegnati che degli alunni e delle loro famiglie. Situazioni che hanno messo in luce la povertà materiale ed educativa nel nostro Paese. Chiuse le scuole molti minori – a causa della mancanza di mezzi economici e a volte di dispositivi tecnologici – non hanno potuto continuare a studiare, rischiando di ingrossare le fila dei cosiddetti NEET, ovvero ragazzi che non studiano e non lavorano.

L’indagine di Save The Children

Save the Children ha svolto un’indagine su un campione di oltre 1.000 bambini e ragazzi dagli 8 ai 17 anni e i loro genitori. E’ emerso che circa un minore su 5 incontra maggiori difficoltà a fare i compiti rispetto al passato e, tra i bambini tra gli 8 e gli 11 anni, quasi 1 su 10 non segue mai le lezioni a distanza o lo fa meno di una volta a settimana. Circa 1 genitore su 20 ha paura che i figli debbano ripetere l’anno, nonostante le disposizioni ministeriali lo vietino, o che possano lasciare la scuola, tassi che tra le famiglie in maggiori difficoltà economica, passano rispettivamente a quasi 1 su 10 e 1 su 12. Quasi la metà delle famiglie con maggiori fragilità (45,2%) vorrebbe “le scuole aperte tutto il giorno con attività extrascolastiche e supporto alle famiglie in difficoltà”, opzione che comunque è gradita dal 39,1% dei genitori intervistati. D’altronde sei genitori su dieci (60,3%) ritengono che i propri figli avranno bisogno di supporto quando torneranno a scuola data la perdita di apprendimento degli ultimi mesi. Quasi 1 genitore su 7 (14,8%), tra quelli con una situazione socio-economica più fragile, ha perso il lavoro definitivamente a causa dell’emergenza Covid-19, oltre la metà lo ha perso temporaneamente, mentre più di 6 su 10 stanno facendo i conti con una riduzione temporanea dello stipendio (3), al punto che rispetto a prima del lockdown la percentuale di nuclei familiari in condizione di vulnerabilità socio-economica che beneficia di aiuti statali è quasi raddoppiata, passando dal 18,6% al 32,3%. Si tratta di genitori che, nel 44% dei casi, sono preoccupati di non poter tornare al lavoro o cercarne uno perché i figli non vanno a scuola e non saprebbero a chi lasciarli.

“Riscriviamo il futuro”

Proprio per accendere un faro su questa situazione che rischia di mettere a rischio l’accesso all’istruzione di più di un milione di bambini, Save The Children ha lanciato la campagna “Riscriviamo il futuro” per offrire educazione, opportunità e speranza ai bambini e agli adolescenti. Interris.it ne ha parlato con Fosca Nomis, responsabile advocacy di Save The Children.

“Riscriviamo il futuro” è il titolo della petizione che avete lanciato per accendere un faro sul tema della povertà educativa. Come mai avete scelto proprio questa modalità?
“Abbiamo scelto di avviare un programma ad hoc che si chiama “Riscriviamo il futuro” insieme a una petizione per sollevare l’attenzione a livello nazionale sul tema del contrasto alla povertà educativa e della dispersione scolastica in un momento particolarmente difficile e delicato per il nostro Paese nel complesso, ma soprattutto per i bambini e i ragazzi che non sono stati al centro dell’agenda politica in questa fase ma che hanno subito le conseguenze, insieme alle loro famiglie, di una fase che continua ad essere una crisi sanitaria, ma che ha assunto anche un carattere socio-economico. Questo noi lo abbiamo riscontrato soprattutto in quelle famiglie che si trovano in condizione di maggiore fragilità. Per riuscire a richiamare l’attenzione su questo tema e sulla necessità di un intervento a più livelli, abbiamo scelto di lanciare una petizione che ha come obiettivo quello di chiedere un intervento forte e immediato”.

Quanti sono i minorenni interessati dalla povertà educativa?
“In Italia sono un milione e 200mila i minorenni che sono in una condizione di povertà assoluta e un altro di milione di ragazzi è a rischio di povertà. La povertà educativa educativa è un insieme di fattori che ha una dimensione di povertà economica, che si unisce, e spesso il circolo è vizioso, a una povertà di occasioni, di accesso ad attività culturali, sportive. In questa situazione il combinato di queste due dimensioni si è stretto maggiormente, anche per la presenza della didattica a distanza, ed ha generato un impoverimento a 360 gradi dei ragazzi nel nostro Paese”.

Proprio con la didattica a distanza, molti minorenni sono rimasti senza la possibilità di frequentare le lezioni online perché sprovvisti di un tablet o di un pc o per la mancanza di una connessione a internet. Un rapporto dell’Istat aveva messo in luce il forte divario tra nord e sud. A settembre si parla di una riapertura solo per alcuni studenti, mentre altri dovrebbero continuare con la didattica a distanza. In questo caso come si potrebbe intervenire?
“Ovviamente questa è una domanda molto difficile. E’ una tematica che in molti stanno affrontando per riuscire a capire come affrontare il ritorno a scuola. Quello che è emerso in questi mesi, sono delle criticità della didattica a distanza, soprattutto per chi non ha i mezzi, non ha la connessione. Dalla ricerca che noi abbiamo fatto, è emerso che un bambino su dieci non ha seguito mai le lezioni a distanza o lo ha fatto meno di una volta a settimana. Questi sono i bambini che sono più a rischio di dispersione scolastica perché è come se avessero perso l’aggancio con la scuola per un periodo particolarmente lungo. Con la scuola appena finita ci affacciamo sull’estate che deve essere un periodo di attività educative, guardiamo con attenzione la scelta di dedicare dei fondi per delle attività che consentano ai bambini di familiarizzare con delle misure – indossare le mascherine e distanziamento sociale – che poi saranno adottate all’inizio dell’anno scolastico, recuperare la socialità e le competenze. Deve essere un’estate di qualità, di recupero di ciò che molti bambini hanno perso. E poi il ritorno a scuola, particolarmente importante, che si potrà declinare in modo diverso anche in base alle fasce di età”.

Quali possono essere le conseguenze della povertà educativa e della dispersione scolastica?
“Quello che ci preoccupa di più è proprio perdere dal radar questi minorenni che, non andando più a scuola, escono dalla cosiddetta rete educante che li accompagna nella crescita. La cosa più importante è non perdere nessuno. Noi abbiamo fatto una proposta, un emendamento a cui si sta lavorando nell’ambito del Decreto Rilancio ed è menzionato nel Piano Colao, che sono le doti educative legate al reddito di emergenza e di cittadinanza. si tratta di permettere alle famiglie con figli che vengono intercettate perché fanno richiesta di questi aiuti, di accedere a una dote educativa: una presa in carico del bambino o della bambina da parte della comunità educante con una serie di attività per il tempo di un anno”.

Cosa dovrebbe fare il governo per evitare queste situazioni?
“Noi abbiamo chiesto, sempre tramite il decreto Rilancio, di un piano straordinario per l’infanzia e l’adolescenza per far fronte alle conseguenze del Covid-19. Il primo tema importante è riuscire a coordinare le politiche che riguardano l’infanzia e l’adolescenza a livello nazionale. La povertà educativa si accumula già nei primi tre anni di vita, in termini di parole che si conoscono, in capacità relazionali. Serve un piano complessivo che abbia delle risorse e che riesca a coordinare quelle che già ci sono. Una strategia integrata che in questa fase non abbiamo visto mettere in campo per quello che riguarda l’infanzia e l’adolescenza. Le doti educative, inoltre, possono essere un modo per un accompagnamento individualizzato. La necessità di un intervento sulla fascia di età 0-3 e 0-6 affinché non venga dimenticata”.

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