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Come vivere e onorare la regalità di Cristo

Oggi, ultima domenica dell’anno liturgico, celebriamo la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Questa festività fu introdotta da Papa Pio XI nel 1925, in un periodo storico segnato dalle difficoltà e dalle turbolenze del primo dopoguerra. Papa Pio XI era convinto che solo la proclamazione della regalità di Cristo su tutti i popoli e le nazioni potesse garantire la pace. Con la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, la festività è stata collocata alla fine dell’anno liturgico, come sua naturale conclusione.

Il testo del Vangelo è tratto dal racconto di San Giovanni sull’interrogatorio di Gesù davanti a Pilato, il procuratore romano. La narrazione si sviluppa attorno al tema della regalità di Gesù. Al centro del racconto troviamo la parodia dell’incoronazione regale di Cristo, con la corona di spine e il mantello di porpora, messa in scena dai soldati. La terminologia “re/regno/regalità” (in greco basileús/basileía) compare ben quattordici volte nell’intero racconto, con un’ulteriore occorrenza riferita a Cesare. Tale regalità è rivendicata da Gesù, usata sarcasticamente da Pilato e dai soldati romani, e rifiutata dai Giudei.

Questa raffinatezza letteraria giovannea presenta l’episodio come una vera e propria “epifania”, ovvero una rivelazione della regalità di Cristo. Va sottolineato, inoltre, il senso di libertà che Gesù comunica nell’intero racconto, contrapposto all’incertezza e alla paura di Pilato. Alla fine, il giudicato si rivela essere il vero Giudice (Gv 19,8-11).

In questo modo si compie quanto affermano i Salmi: “Si fanno beffe di me quelli che mi vedono” (Sal 22,8); “Ma tu, Signore, ridi di loro, ti fai beffe di tutte le genti” (Sal 59,9); “Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro […]: «Io stesso ho stabilito il mio sovrano sul Sion, mia santa montagna»” (Sal 2,4-6). Il nostro desiderio (non tanto segreto) di “sederci su un trono” (di qualunque genere sia) appare, agli occhi di Dio, una triste farsa. San Paolo, riflettendo sull’agire di Dio nella vita di Gesù, conclude: “Quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti” (1 Cor 1,27).

La risurrezione del Re Crocifisso rivela ciò che era nascosto ai nostri occhi: il Signore regna dal trono della croce. “Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Filippesi 2,9-10). Dal terzo giorno ha avuto inizio la “rivincita” di tutti gli oppressi e vinti della storia.

Spunti di riflessione

Le letture proposte dalla liturgia ci aiutano ad approfondire ulteriormente alcuni aspetti della regalità di Cristo proclamata nel Vangelo.

  1. Prima lettura (Daniele 7,13-14): “Ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo”. Regalità e UMANITÀ.

A questo Figlio dell’uomo “furono dati potere, gloria e regno”. La sua regalità è universale, stabile ed eterna. Questa figura misteriosa appare dopo che Daniele ha visto quattro grandi, terribili e spaventose bestie uscire dal mare, simbolo delle potenze ostili a Dio. Le quattro bestie mitologiche rappresentano i quattro imperi precedenti: oppressivi, sanguinari e arroganti.

Questa “visione” del profeta illumina il gesto di Pilato che presenta Gesù alla folla, dicendo: “Ecco l’uomo!” (19,5). Solo un potere umile, che si esprime nel servizio, ci rende davvero umani. Un altro tipo di potere è … animalesco, bestiale!

Tutti abbiamo un qualche potere sugli altri: per ruolo sociale, lavorativo, comunitario, ecclesiale… Ma come lo esercitiamo? Ogni potere può essere esercitato in nome di Dio, se vissuto nello stile di Gesù: “Io sono in mezzo a voi come colui che serve”. Questa è la regalità del cristiano, ricevuta nel battesimo: una regalità che libera e umanizza. Diversamente, diventa un potere ispirato dalla Bestia, che schiavizza!

  1. Salmo responsoriale (Salmo 92): “Il Signore regna, si riveste di splendore”. Regalità e UMILTÀ.

Il Salmista celebra la regalità di Dio. Ovunque Dio regna, splende la sua maestà, si manifesta la sua forza e si instaura l’ordine nuovo dove abita stabilmente la giustizia. La sua regalità è umile. Dio non ha bisogno di ostentare né di imporre la sua potenza. Egli è “Colui che è”. La sua regalità si rivela proprio nell’umiltà. Per questo il Magnificat della Vergine Maria è il più bell’inno di lode alla regalità di Dio!

  1. Seconda lettura (Apocalisse 1,5-8): “Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra”. Regalità e VERITÀ.

Gesù è il Testimone. Il Vangelo lo esplicita: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità”. Peccato che la liturgia abbia omesso dal brano del Vangelo la reazione di Pilato a questa affermazione di Gesù: “Che cos’è la verità?”. Questa domanda, spesso retorica e velata di sarcasmo, diventa una scorciatoia che anche noi utilizziamo per evitare di confrontarci con una verità scomoda. Preferiamo relativizzare tutto per giustificare una verità di comodo.

Che cos’è la verità? Cosa avrebbe risposto Gesù a Pilato? “Io sono la Via, la Verità e la Vita!” (Giovanni 14,6). Cos’è la verità? È “la trasparenza dell’amore!”, risponde Maurice Zundel, teologo e mistico svizzero (1897-1975).

Come possiamo vivere e onorare la regalità di Cristo? Diventando trasparenza dell’amore di Dio nel mondo che ci circonda.

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