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Pesca, il Masaf limita la pesca sportiva con i palamiti

La dottoressa Daniela Boriello, di Coldiretti Impresa Pesca, commenta ad Interris.it il decreto sulle misure tecniche per la pesca sportiva e ricreativa con il palamito

Il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, guidato da Francesco Lollobrigida, ha preso una decisione importante per il settore della pesca, limitando il numero di ami consentiti ai dilettanti per la pesca con il palamito da 200 a 50. Questa decisione va nella direzione di contrastare tutti coloro che utilizzano in maniera illegale questo attrezzo danneggiando la filiera ittica e i pescatori professionisti, che vivono di pesca.

Il palamito

Si tratta di un attrezzo tecnico professionale che viene rilasciato a chi ha una licenza di pesca come professionista del settore. È costituito da un lungo e robusto cavetto con numerosi bracciòli più sottili ognuno dei quali porta un amo. Solitamente, ma non è un imperativo, il palamito viene calato la sera e salpato al mattino successivo.

L’intervista

Interris.it ha parlato di questa nuovo decreto con la dottoressa Daniela Boriello, neo responsabile di Coldiretti Impresa Pesca, associazione che rappresenta i pescatori professionisti.

Dottoressa Boriello, che cosa comporta la decisione del ministro Lollobrigida?

“Segna una svolta epocale che da molto tempo noi chiedevamo perché crediamo il mare sia un patrimonio da conservare e una fonte di sostentamento per i nostri iscritti. Noi non siamo contro la pesca sportiva, ma sentivamo il bisogno ci fosse una regolamentazione che ponesse dei limiti a chi, con scopi ricreativi, utilizza il palamito in modo eccessivo e dannoso per l’ambiente marino e verso l’intera filiera ittica. Questa esigenza viene anche dal fatto che gli stessi controlli in mare non sono facili in quanto i pescatori dilettanti si servono di imbarcazioni non targate e per cui non facili da individuare”.

Quali sono le ripercussioni che i professionisti hanno avuto in questi anni?

“Purtroppo molti sportivi non pescano per diletto e non consumano il pesce per uso proprio, ma entrano nel circuito delle pesca illegale. La pesca diventa per loro un secondo lavoro e capita molto spesso che i professionisti, che invece vivono del proprio pescato, non riescano  a vendere il pesce perché gli acquirenti hanno già acquistato a un prezzo più competitivo da un pescatore dilettante. Episodi come questi recano dei danni economici a tutto il settore ittico”.

La riduzione dei palamiti quali vantaggi ambientali porterà?

“Le normative europee indicano ai professionisti di ridurre lo sforzo di pesca per aiutare i shock ittici in sofferenza limitando i giorni o i luoghi di pesca. Dall’altra parte però, non possediamo dei dati precisi sulla pesca sportiva che non sappiamo quanto riesce a prelevare dal mare. Limitare i palamiti significa riduce lo sfruttamento dell’ecosistema marino, ambiente da tutelare in quanto delicato e importante per tutti”.

Tra i prossimi interventi chiedete anche il taglio della pinna?

“Questo è un altro passo che secondo noi deve essere fatto il prima possibile. Il taglio della pinna è considerata una marchiatura del pescato, che assicura che il pesce proveniente dalla pesca sportiva non venga immesso nella filiera commerciale, in quanto riconoscibile. In poche parole, anche il semplice consumatore, che si troverà nel piatto un pesce anche con un solo pezzo di pinna, sarà in grado di riconoscerne la provenienza”.

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