“Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare…”. Questa frase tratta dal XXV capitolo dei “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, detta dal curato Don Abbondio di fronte al Cardinale Federico Borromeo, ci può far riflettere sull’avere coraggio nella vita di tutti i giorni. Se c’è una virtù al giorno d’oggi particolarmente trascurata e dimenticata, nel discorso comune e nell’educazione delle nuove generazioni, questa è il coraggio.
Un tempo si diceva che il coraggio era “la virtù delle virtù”, senza la quale nessun’altra è possibile. Oggi, esso appare antiquato, fuori moda, scomodo, forse addirittura pericoloso. Il coraggio non è di moda di questi tempi, perlomeno in Occidente. La società che sembra del benessere, ha come massimi valori la sicurezza, psicologica e materiale, il confort, l’eliminazione di ogni rischio, sempre più “schiava” dei social e delle nuove tecnologie, senza dimenticare l’importanza che ricoprono i vari smartphone, essa dimentica facilmente il valore del coraggio. Eppure siamo sinceri, il coraggio è qualcosa che vorremmo sempre avere, sia da piccoli che da grandi e forse pure da vecchi.
La nostra storia fin dall’antica ci presenta delle figure che hanno fatto del coraggio, potremmo dire la loro forza, per tutti valga l’esempio di Davide che sconfigge Golia; o di chi senza l’uso delle armi, come il pastore protestante Martin Luther King (1929-1968) il quale ha scelto di gridare con coraggio, contro le ingiustizie mettendo in pericolo la stessa vita, tanto da essere assassinato il 4 aprile del 1968.
E’ nel nome di valori come dignità, giustizia, solidarietà che spesso il coraggio ci chiede di sacrificare il nostro benessere. Il coraggio serve a vivere è la forza d’animo con cui si affrontano le difficoltà. E la vita è fatta di difficoltà. È ciò che ci permette di affrontare i rischi. E nulla di significativo può essere fatto senza affrontare alcun rischio.
Il coraggio è anche pensare fuori dagli schemi e dire quello che si pensa anche se contrario al cosiddetto politicamente corretto, è allo stesso tempo decidere e prendersi la responsabilità delle proprie scelte, senza delegare “altri” a scegliere per noi. Il coraggio, bisogna ricordare è necessario per coltivare buone relazioni: nessun rapporto sano si basa sulla paura di essere se stessi, di dire le cose come stanno, di esprimere le proprie emozioni, per timore di “far dispiacere” o “far arrabbiare” l’altro.
Coraggio è saper ammettere gli errori, chiedere scusa, cambiare strada. Solo chi è in grado di affrontare le difficoltà senza arrendersi e, soprattutto, di reggere il fallimento, può conoscere il successo. Ma in fondo, il coraggio più grande è quello di perdonare le persone che ci fanno disperare e dire grazie a tutte le persone che ci stanno a fianco, chi moralmente, chi fisicamente. Il coraggio quindi è quella forza d’animo che ci viene quando facciamo le cose a cui davvero teniamo. Quella “forza segreta” che ci fa affrontare le paure e i pericoli.
Il grande filosofo Aristotele (384 a.C.-322 a.C.) sostiene che il coraggio si può imparare, attraverso il fare: “Quando dobbiamo apprendere come far qualcosa è attraverso il fare che l’apprendiamo. Così è costruendo che si impara a costruire. Nello stesso modo, è così, che esercitandoci a fare azioni giuste che diventiamo giusti, è agendo con moderazione che diventiamo moderati, o con coraggio, coraggiosi…”
Gesù, come riportato nel Vangelo di Matteo, mentre cammina sulle acque dice ai discepoli spaventati: “Coraggio, sono io non abbiate paura”. E possiamo dire che il “coraggio”, che rivolge Gesù ai discepoli, è per tutta l’umanità, infatti chi segue i suoi insegnamenti, con quel coraggio può affrontare il difficile cammino di tutti i giorni.