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Tre atleti per tre religioni: il triathlon unisce le fedi nella “Staffetta per la pace”

E’ una tra le sfide sportive più dure e provanti tra quelle previste dal programma Olimpico. Eppure, il triathlon, la disciplina che combina nuoto, ciclismo e corsa in un’unica competizione, attira una grande quantità di atleti, pronti a sfidare se stessi, ancor prima che gli avversari. Sì, perché in questo particolare sport, lo sforzo fisico e il confronto con i propri limiti rappresentano un elemento di condivisione fra i vari partecipanti. D’altronde l’attività sportiva, qualunque sia la disciplina, costituisce di per sé un naturale superamento delle barriere etniche e ideologiche, abbattute in nome di una medesima passione. Ecco perché, in occasione della diciottesima edizione dell’Israman (il percorso full distance corso, per la prima volta, nel 1999), assieme alla consueta gara di resistenza, si svolgerà l’inedita “Staffetta per la pace”: una rivisitazione del programma ordinario del triathlon medio, durante la quale si alterneranno atleti di religione cristiana, islamica ed ebraica.

Ci sarà, dunque, una squadra davvero speciale a impegnarsi, il 27 gennaio prossimo, nel tri-percorso di Eliat, sul Mar Rosso: a effettuare uno dei passaggi di testimone, in qualità di rappresentante cristiano, ci sarà anche il noto ex ciclista Claudio Chiappucci, pronto a condividere la propria gara con l’israeliano Guy Barnea (nuoto) e con Haneen Radi, runner anch’essa israeliana ma di origine (e religione) islamica. Ad aprire la staffetta sarà proprio il dorsista ebraico, il quale dovrà coprire la di stanza di 1900 metri in acque libere prima di lanciare l’ex atleta lombardo. “El diablo”, com’era soprannominato durante la sua carriera, percorrerà i 90 chilometri in bici passando poi il testimone, per l’ultima parte di percorso (da effettuare di corsa), alla sportiva che, nel 2015, tentò senza successo di organizzare una maratona nella sua città natale, Tira. Minacce di morte e intimidazioni spinsero Radi a rinunciare al suo progetto, respinto dalla maggioranza islamica locale in quanto, partecipando alla gara, le donne avrebbero dovuto indossare indumenti sportivi al posto dei tradizionali abiti coprenti.

Grazie alla “Staffetta per la pace”, la runner avrà ora l’occasione di correre in una competizione aperta, dialogante, capace di avvicinare realtà e mondi lontani, troppe volte in conflitto tra loro. Nel corso degli ultimi diciotto anni, infatti, l’Israman è notevolmente cresciuta, gemellandosi con la manifestazione sportiva Challenge Venice, ampliando il proprio programma e richiamando, via via, sempre più atleti di nazionalità, credo e appartenenze sociali diverse (1900 lo scorso anno). Questa volta, assieme al consueto messaggio di unità proprio dello sport, arriverà anche un invito: quello a credere che, in fondo, la condivisione fra genti e fedi diverse sia un obiettivo raggiungibile, nonché il punto di partenza per costruire una pace che sia davvero tale.

 

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