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Parole, parole, parole

Certo “non si può fare una rivoluzione portando i guanti di seta” come diceva Stalin, ma almeno i lavoratori devono stare dalla tua parte. Invece quella che vuole portare a compimento Renzi, ad oggi, sembra una battaglia tutta sua. Sono contrari i sindacati – che il premier ha snobbato senza troppi complimenti temendo qualunque momento di confronto -, sono contrari i magistrati, che attraverso l’associazione nazionale di categoria hanno esplicitamente parlato di “affermazioni riguardanti l’azione dell’Anm e il concreto funzionamento degli Uffici giudiziari italiani che non corrispondono alla realtà dei fatti”, riferendosi all’intervento televisivo dell’inquilino di Palazzo Chigi a ”Che tempo che fa”.

E non sono posizioni isolate: c’è stata la clamorosa protesta degli appartenenti alle forze di polizia in aperto contrasto con Palazzo Chigi, le barricate alzate dai dipendenti statali, dai dirigenti pubblici, dai pensionati. Persino la Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) e la Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità (Fand) si sono scagliate sull’idea del governo di raccogliere 300 milioni di euro in un periodo di tre anni eliminando abusi e sprechi sull’assistenza economica ai disabili.

I magistrati poi, hanno puntato su una questione sostanziale che è appunto la veridicità delle promesse e delle dichiarazioni fatte in pubblico da Renzi. Perché se i governi precedenti potevano essere tacciati di fare solo promesse declinate al futuro, questo Esecutivo sembra essere concentrato sugli slogan; la storia degli 80 euro, tanto per fare un esempio, ormai viene rigirata ogni giorno come se quei soldi avessero risollevato i consumi dell’intero Paese.

La gente sta iniziando a pensare che forse anche questa volta si è fatta imbonire dalle promesse, dal fiume di parole, battute, calembour che il giovane premier sciorina ogni volta che si trova in pubblico. Di sostanza, però, ce n’è poca; una considerazione venuta fuori in maniera dirompente all’interno stesso del Partito democratico se è vero come è vero che la strategia delle minoranze punta a intrecciare il più possibile l’esame del Jobs Act con la legge di stabilità, per capire se al di là delle dichiarazioni di facciata ci siano realmente nella legge di stabilità i fondi per garantire diritti e tutele a precari e futuri disoccupati.

 In questo scenario di scontro, a sostenere senza troppi patemi Palazzo Chigi c’è la minoranza, il che rappresenta un altro elemento di curiosità – se così vogliamo chiamarlo – dell’attuale sistema tutto italiano che vede al comando un premier non eletto dal popolo. Nel frattempo, tra una promessa e l’altra, i dati sulla disoccupazione crescono, il debito pubblico continua a salire, le imprese chiudono a ritmi vertiginosi, i salari vengono compressi, le condizioni di lavoro peggiorano.

E mentre ad Hong Kong i giovani scendono in piazza sfidando pericolosamente il regime, i nostri ragazzi non sembrano essere consapevoli del rischio che corrono. Li vedi al massimo ribellarsi  contro un certo capitalismo d’Oltreoceano mentre i propri coetanei si sacrificano impazientemente dinanzi agli store degli I-phone, ma ancora non li abbiamo visti né uditi chiedere conto sul proprio futuro. Forse dovremo porci anche questo problema, riflettendo sull’eclissi di un’Italia che sembra destinata a fare la fine della Concordia.

 

 

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