Un conflitto sempre più serrato quello che si sta consumando a Sirte, la città natale di Muammar Gheddafi che è protagonista degli scontri tra miliziani dello Stato Islamico e i gruppi salafiti locali. Nelle ultime ore l’Isis avrebbe preso il controllo di un ospedale e poi l’avrebbe dato alle fiamme nel quartiere numero 3 della città libica, l’unico ancora in mano ad affiliati del Califfato.
Lo riferisce il canale satellitare al Arabiya, segnalando inoltre la morte di 106 membri della tribù Ferjani avvenuta durante i combattimenti con gli uomini di al Baghdadi. Solo ieri a causa dei bombardamenti dello Stato Islamico almeno 30 civili hanno perso la vita. La tensione è salita in seguito all’uccisione da parte dell’Isis, del leader e predicatore salafita Khaled Ben Rjab. Un colpo duro per i clan locali che avrebbe suscitato l’intervento, al fianco delle formazioni armate, di decine di civili decisi a cacciare il Califfato dal territorio di Sirte.
Intanto Abdullah al-Thinni, primo ministro del governo libico di Tobruk, ha accusato i jihadisti di “compiere atti di genocidio” e in un comunicato on-line, il premier dell’unico governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale ha chiesto alle Nazioni Unite di togliere l’embargo sulle armi imposto alla Libia dopo la rivolta del 2011 che ha portato alla deposizione e all’uccisione di Gheddafi.