I nostri geni, non solo determinano ogni singola parte del nostro corpo, dal colore dei capelli e degli occhi, fino all’altezza e la predisposizione ad alcune malattie. Alcune varianti della sequenza di dna, infatti, possono conferirci “fenomenali poteri cosmici”, proprio come i supereroi della Marvel. Alcuni di essi possono renderci più resistenti a determinati problemi di salute, altri possono regalarci straordinarie doti fisiche, fino ad ottimizzare le risorse a cui attingiamo tutti i giorni. Ecco le mutazioni genetiche più comuni e fortunate.
Il gene della velocità
Tutti noi abbiamo il gene actn3. Ma una variante di esso è responsabile di una maggiore capacità di “velocità” dei corridori, perché codifica per una proteina (la alfa-actinina-3) che controlla le fibre muscolari a contrazione veloce. Secondo una ricerca del 2008, questa variante allelica (gli alleli sono le due o più forme alternative dello stesso gene), detta R, è presente in almeno una copia nel 95% dei velocisti, e in due copie nel 50% di essi. Al contrario, i fondisti (atleti specializzati in gare di resistenza) presentano una più alta percentuale della seconda variante allelica, detta X. Questa determina l’assenza dell’alfa-actinina-3, che concorre alla formazione di muscoli “lenti”, più adatti a sostenere uno sforzo prolungato. Alcune varianti genetiche favoriscono le fibre muscolari adatte a gare di velocità. Altre, quelle lente tipiche delle performance di resistenza.
Niente più sonno
Immaginate di potervi sentire del tutto ricaricati dopo 4 ore di sonno: questa capacità – ciclicamente vantata da politici, imprenditori o scienziati – è stata associata a una serie di varianti genetiche, in particolare a carico del gene hdec2. La capacità di rigenerarsi con solo una manciata di ore a notte sembrerebbe quindi un dono di famiglia, anche se alla lunga, dormire troppo poco ha effetti molto negativi sulla salute.
Supertaster, più zucchero meno grassi
Un quarto della popolazione mondiale assapora ogni boccone con una maggiore intensità: sono i supertaster, più inclini a zuccherare il caffè e ad evitare cibi molto grassi. Sembra che questa capacità sia legata a una variante del gene TAS2R38, che codifica per i recettori del sapore amaro. Un’altra variante a carico dello stesso gene è invece responsabile di capacità gustative inferiori alla media.
Ossa di ferro
Uno scheletro straordinariamente denso, con ossa pesanti e a prova di frattura: una mutazione nel gene LRP5 rende l’ossatura praticamente indistruttibile, come hanno scoperto alcuni scienziati della Yale School of Medicine analizzando il corredo genetico di una famiglia storicamente immune da problemi alle ossa. Lo stesso gene è anche implicato in anomalie di tipo opposto, che rendono le ossa più fragili e favoriscono l’osteoporosi.
I caffeinomani
Almeno sei varianti genetiche influenzano il modo in cui il nostro corpo reagisce alla caffeina, e spiegano perché uno stesso dosaggio di caffè sortisca effetti diversi su ciascuno. Due di queste, vicino ai geni bdnf e slc6a4, influenzano gli effetti del caffè nel circuito della ricompensa – quelli che determinano la nostra voglia di berne ancora. Altre determinano il modo in cui l’organismo metabolizza il caffè: chi lo processa più velocemente, probabilmente ne berrà di più, perché i suoi effetti passano più rapidamente. Infine, altre ancora spiegano perché alcune persone si addormentino come angioletti dopo una tazzina di espresso, mentre altre debbano interromperne l’assunzione già dopo il primo pomeriggio, se non vogliono trascorrere una notte insonne.
Mutazioni che proteggono il cuore
I livelli di colesterolo dipendono molto dall’alimentazione, ma anche la genetica fa la sua parte. Anche alcune mutazioni nel gene che codifica per la proteina di trasferimento lipidico (cetp) possono aiutare a tenere a bada il colesterolo cattivo (ldl): la carenza di questa proteina favorisce alti livelli di colesterolo “buono” hdl, che aiuta a trasferire il colesterolo fino al fegato, dove viene eliminato. Le persone con questa mutazione, quindi, risultano naturalmente protette da malattie cardiovascolari.