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Incontro con Comunione e Liberazione: “La morale cristiana è sapersi rialzare”

“La morale cristiana non è lo sforzo titanico, volontaristico, di chi decide di essere coerente e ci riesce, una sorta di sfida solitaria di fronte al mondo”. Così Papa Francesco nell’incontro a piazza San Pietro con il movimento di Comunione e Liberazione, in occasione del 10° anniversario dalla morte del suo fondatore, monsignor Luigi Giussani. All’inizio del suo discorso il Santo Padre ha espresso riconoscenza al sacerdote lombardo per due motivi. Il primo, ha affermato, per “il bene che quest’uomo ha fatto a me e alla mia vita sacerdotale, attraverso la lettura dei suoi libri e dei suoi articoli”. Il secondo è perché “il suo pensiero è profondamente umano e giunge fino al più intimo dell’anelito dell’uomo”.

“Voi sapete bene – ha continuato – quanto importante fosse per Don Giussani l’esperienza dell’incontro: incontro non con un’idea, ma con una Persona, con Gesù Cristo. Così lui ha educato alla libertà, guidando all’incontro con Cristo, perché Cristo ci dà la vera libertà”. Francesco ha osservato che “Gesù Cristo ci precede sempre… e quando arriviamo, Lui ci stava già aspettando”. Grazie all’abbraccio di misericordia con Dio “viene voglia di rispondere e di cambiare, e che può scaturire una vita diversa”. Per questo la morale cristiana “è la risposta commossa di fronte a una misericordia sorprendente, imprevedibile, addirittura ‘ingiusta’ secondo i criteri umani, di Uno che mi conosce”. “La morale cristiana – ha ripreso – non è non cadere mai, ma alzarsi sempre, grazie alla sua mano che ci prende”.

Il vescovo di Roma ha poi ricordato il 60° anniversario della nascita del movimento. “Tutta la spiritualità, tutti i carismi nella Chiesa – ha spiegato – devono essere ‘decentrati’: al centro c’è solo il Signore!”. Il carisma, ha proseguito, “non si conserva in una bottiglia di acqua distillata”, non si “pietrifica”: “Don Giussani non vi perdonerebbe mai che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri. Tenete vivo il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi!”. “La strada della Chiesa – ha sottolineato – è uscire per andare a cercare i lontani nelle periferie, a servire Gesù in ogni persona emarginata, abbandonata, senza fede, delusa dalla Chiesa, prigioniera del proprio egoismo”. Allora è importante “respingere l’autoreferenzialità, in tutte le sue forme”, “senza coltivare una ‘spiritualità di etichetta’ – ‘Io sono CL’” – e senza trasformarsi “in meri impresari di una ONG”.

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