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Coronavirus: ecco perché tanti morti tra i medici di famiglia – VIDEO –

I medici di famiglia sono le principali vittime del coronavirus tra i camici bianchi. Sulle cause, In Terris ha intervistato Silvestro Scotti, Segretario Generale Nazionale Federazione Italiana Medici Medicina Generale

Non c’è quasi giorno che i media non riportino il decesso di un altro medico o di un operatore sanitario. E’ la strage dei camici bianchi, la tragedia nella tragedia, causata da un nemico invisibile: il coronavirus. Ad oggi, i decessi tra i camici bianchi sono saliti a 148, come riferisce quotidianamente Fnomceo – la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri – che ha listato a lutto la sua pagina internet. Tra le ultime vittime in ordine di tempo ci sono: Carlo Vergani, geriatra in pensione; Tommaso Di Loreto, odontoiatra; Pasqualino Gerardo Andreacchio, chirurgo specializzato in urologia; Maddalena Passera, anestesista e Alberto Santoro, medico di medicina generale. Il covid non risparmia nessuno: tra i decessi del personale sanitario ci sono infatti chirurghi, infermieri, odontoiatri, farmacisti, pediatri, autisti di ambulanza, geriatri, operatori del 118, oculisti e anche virologi. Scorrendo il lunghissimo elenco delle vittime, salta all’occhio che la sottocategoria che più sta pagando il prezzo della pandemia con la vita è quella dei dottori di medicina generale: 107 deceduti a causa del coronavirus su 148 totali.

La Federazione Italiana Medici Medicina Generale

Una strage non casuale, sulle cui cause (e possibili soluzioni) In Terris ha intervistato il Segretario Generale Nazionale Fimmg Silvestro Scotti. La F.I.M.M.G. (Federazione Italiana Medici Medicina Generale) è il sindacato più rappresentativo dei circa 60.000 Medici di Medicina generale, più in particolare dei 45.000 Medici di famiglia italiani; rappresenta quindi l’associazione professionale più numerosa in campo medico in Italia.

Il Segretario Generale Nazionale Fimmg, Silvestro Scotti

Dott. Scotti, Perché tanti decessi tra i medici di famiglia?
“Il prezzo altissimo in vite umane che la medicina di famiglia sta pagando non è altro che la tragica evidenza di quello che da moltissimi anni Fimmg denuncia: l’abbandono di una politica vera di rafforzamento dell’assistenza territoriale. Questo limite ha dimostrato tutta la sua pericolosità durante l’attuale emergenza che i medici di famiglia sono stati chiamati per primi ad affrontare privi di strumenti e di protezioni. Infatti negli ospedali la criticità è stata la mancanza di posti letto, ma fuori dalle strutture sanitarie è stata la possibilità di tutelare il personale. Per questo, Fimmg ha avviato una raccolta fondi per l’acquisto di dispositivi di protezione” [Qui sotto la locandina dell’iniziativa “Grazie per gli applausi – Adesso abbiamo bisogno di aiuto” è in fondo all’articolo, ndr]

Il manifesto per la donazione

Quali sono gli ostacoli o i limiti che vivono in situazione di emergenza pandemica i medici di famiglia?
“La caratteristica principale della medicina generale è il rapporto personale e continuativo con i propri assistiti. Il dover ridimensionare questa frequentazione, soprattutto per quanto riguarda i pazienti fragili, la terminalità, la non autosufficienza, non compensata dalla possibilità di utilizzare le nuove tecnologie – il processo di evoluzione verso forme di telemedicina e monitoraggio a distanza era appena stato abbozzato con l’ultima legge di bilancio – determina un senso di frustrazione che non è possibile compensare con il contatto telefonico anche se assiduo”.

Cosa chiede la Fimmg al Governo per la tutela dei medici di famiglia?
“Che le criticità emerse da questa emergenza facciano riflettere il Governo e le Regioni sulla necessità di potenziare un sistema, quello delle cure primarie ed in particolare della medicina di famiglia, che nonostante tutto ha dimostrato di aver affrontato con responsabilità e abnegazione in scarsezza di mezzi un evento così eccezionale. Il danno sarebbe se invece di investire sulla capacità dimostrata di organizzarsi autonomamente si aprissero derive come ad esempio la vecchia controversia se i medici di medicina generale debbano essere dipendenti del Sistema Sanitario Nazionale (Ssn). Questa diatriba, ormai abbandonata in tutti i sistemi sanitari moderni, renderebbe vano, per speculazioni politiche, l’estremo sacrificio che colleghi convinti e fedeli prima di tutto ai pazienti hanno compiuto”.

Come immaginate il ruolo del medico di famiglia nel post-pandemia?
“Certamente ci auguriamo che questo drammatico evento ci dia la possibilità di evolvere la medicina generale verso i temi su cui abbiamo cercato di sensibilizzare la politica durante la campagna #adessobasta [il progetto è presentato nel video a inizio articolo, ndr]. Per noi era già da tempo chiaro che il medico di famiglia, soprattutto se opera in situazioni di territori difficili dal punto di vista oro-geografico assistendo comunità disperse e molto spesso anziane lontano dalle strutture sanitarie organizzate come ospedali e distretti, deve avere la possibilità di utilizzare tutti i dispositivi e le nuove tecnologie che abbattano le distanze e l’isolamento. Ovviamente dovrà essere supportato da tutte quelle figure professionali sanitarie e non solo, compreso il personale di segreteria e amministrativo”.

Cosa state facendo adesso?
“In questo momento la Fimmg sta intensamente lavorando per aiutare i medici di medicina generale a far fronte all’emergenza in atto e ai cambiamenti delle modalità di assistenza che sicuramente dovranno cambiare. Stiamo lavorando per fornire al medico di famiglia quegli strumenti che oramai sono indispensabili in uno studio professionale moderno e performante. Pochi giorni fa, la Fimmg ha proposto al Ministero della Salute la possibilità di chiedere alle farmacie ospedaliere antivirali e idrossiclorochina per i malati in isolamento domiciliare e l’utilizzo di app per monitorare a distanza lo stato di salute dei pazienti. Se la Politica con la P maiuscola ci ascolterà le nostre iniziative saranno quelle di promozione di un modello riconosciuto in tutta Europa, un modello vincente. Altrimenti…”

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