Il Perù, il Paese sudamericano maggiormente colpito dalla pandemia dal punto di vista economico, vive in questi giorni anche una nuova emergenza sociale, causata dalla protesta dei lavoratori del settore agricolo.
Tre Presidenti in pochi giorni
Partita dalla regione meridionale di Ica, la protesta si è e via via estesa, durante la scorsa settimana, a tutto il Paese, provocando in qualche caso scontri violenti soprattutto dopo la destituzione di Martin Vizcarra e le “dimissioni irrevocabili” del suo successore, Manuel Merino. Ai due è succeduto Francisco Sagasti quale nuovo presidente peruviano. Le proteste delle settimane precedenti avevano portato alla morte di due giovani.
La nota della Conferenza episcopale peruviana
La Conferenza episcopale peruviana, in una nota ripresa dal Sir, afferma di guardare “con preoccupazione agli ultimi eventi in diverse parti del Paese, a seguito della lunga crisi che ha colpito il settore agricolo del nostro Paese”.
“Comprendiamo – hanno scritto i vescovi del Perù – che ci sono rivendicazioni legittime da parte della popolazione attiva, ma non dobbiamo consentire o sostenere la promozione della violenza e la mancanza di rispetto per i diritti degli individui e delle aziende. Siamo convinti che il dialogo sia l’unico modo per risolvere i problemi. Chiediamo quindi a tutte le parti, lavoratori, imprenditori e rappresentanti dello Stato, di promuovere gli spazi e le decisioni necessarie per raggiungere un accordo che metta fine al caos, ma anche alle varie forme di sfruttamento lavorativo”.
Secondo i vescovi, “è urgente che il Congresso della Repubblica riveda attentamente il quadro normativo del lavoro agricolo, al fine di sviluppare una legislazione che consenta la generazione di lavoro con condizioni e salari dignitosi, garantendo una società più giusta, più premurosa e con maggiore benessere”.