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Nel latte materno i batteri “amici” che proteggono i bebè

Un recente studio ha dimostrato l’importanza del latte materno e dell’allattamento. Infatti, questo nutrimento è una “coperta” che protegge il neonato, fornendogli dei batteri “amici”, denominati “microbioti”. Quindi, l’allattamento nei primi giorni di vita è fondamentale per la formazione delle difese immunitarie del neonato. Lo confermano i risultati di uno studio condotto in laboratorio dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, pubblicato sulla rivista Frontiers in Microbiology, del gruppo Nature. Circa un chilo e mezzo del nostro peso, spiegano i ricercatori, è dovuto ai microrganismi.

Una presenza ingombrante, quasi tutta localizzata nell’intestino (il microbiota) e strettamente associata a diverse attività fisiologiche. Questa popolazione di batteri svolge infatti la funzione di “centrale biochimica” dell’intestino, dove trasforma il cibo ingerito, produce energia, regola l’equilibrio delle popolazioni microbiche che fungono da barriera contro gli agenti patogeni. La ricerca ha disegnato in un modello su topi l’evoluzione del microbiota nei primi giorni di vita, tenendo conto di due variabili: l’allattamento e il patrimonio genetico materno. Per comprendere l’interazione tra questi elementi, i topi appena nati sono stati divisi in gruppi e sono stati nutriti con 3 diverse tipologie di latte: quello delle madri naturali, quello di altre madri adottive, quello privato di immunoglobuline.

È stato così dimostrato che le comunità microbiche dei neonati nutriti con il latte delle proprie madri, contenente immunoglobulina A, sono ricche di lattobacilli, cioè batteri “amici”, mentre i batteri patogeni “nemici” sono assenti o scarsamente rappresentati. È la dimostrazione, spiega Lorenza Putignani, responsabile Parassitologia del Bambino Gesù, “che il latte materno fornisce ai neonati una sorta di coperta di batteri ‘amici’, che funge da barriera contro i batteri patogeni e protegge i piccoli dall’insorgenza di malattie”. Più in generale, conclude, “siamo riusciti a caratterizzare l’intero profilo delle proteine presenti nel microbiota intestinale, il proteoma, fornendo una sorta di ‘carta d’identità’ dei batteri responsabili delle diverse attività metaboliche“.

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