Si era fatto conoscere al grande pubblico interpretando un personaggio che era già storico, come James Bond. Ma il talento recitativo di sir Roger Moore è andato ben oltre i panni dello 007, nonostante li abbia vestiti in ben sette pellicole (il che lo rende l’attore più longevo nell’interpretazione di tale personaggio): l’attore, protagonista di commedie di successo come “Pantera rosa – Il mistero di Clouseau” ma anche di thriller avventurosi come “La prova”, è morto in Svizzera, all’età di 89 anni. A darne l’annuncio sono stati i tre figli Deborah, Geoffrey e Christian, i quali hanno informato il pubblico che Moore ha ceduto al cancro che lo affliggeva: “E’ con il cuore pesante che dobbiamo annunciare che il nostro amorevole padre, Sir Roger Moore, è morto oggi in Svizzera dopo una breve e coraggiosa battaglia”.
Gli esordi
Classe 1927, il futuro James Bond era nato a Londra, figlio di un agente di polizia: quasi un segno per quello che sarebbe poi diventato il suo personaggio di maggior successo. Avvicinatosi dapprima al teatro poi alla tv, Moore inizia a ricevere consensi anche sul grande schermo interpretando, con la classe e l’eleganza che lo avrebbero contraddistinto per tutta la sua carriera, film di buon successo come “L’ultima volta che vidi Parigi” (il suo debutto cinematografico). Ma è soprattutto sul piccolo schermo che il suo volto affabile, il suo atteggiamento british e la sua prestanza fisica riscuotono l’ammirazione del pubblico: tra il 1958 e il 1959 interpreta sir Wilfred di Ivanhoe nell’omonima serie tv anglosassone e, dal 1962 al 1969, ottiene il ruolo di Simon Templar, il moderno “Robin Hood” protagonista della fortunata serie “Il Santo”, tratta dal romanzo “Meet the Tiger!” di Leslie Chartiers. Altrettanto apprezzata, è la sua interpretazione di Brett Sinclair nel telefilm “Attenti a quei due”, nel quale recita al fianco di Tony Curtis.
Il nuovo 007
L’anno della svolta, però, è il 1973: a Moore viene chiesto di indossare i panni del mitico agente segreto, in sostituzione di George Lazenby, uscito malconcio dalla produzione del film del 1969 “Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà”, per il quale era stato stroncato dalla critica e dai fan della serie che, fino a quel momento, avevano associato il volto della spia a quello iconico dello scozzese Sean Connery. Nonostante i molti rischi, l’attore accetta la sfida e si lancia nelle riprese della pellicola “Agente 007 – Vivi e lascia morire”. E il risultato supera decisamente le attese: non solo il film si rivela un successo al botteghino ma anche l’interpretazione di Moore è lodata da pubblico e critici che, in lui, vedono un nuovo degno interprete dell’eroe nato dalla penna di Ian Fleming. Da lì, seguiranno altri sei film per un totale di 7: l’attore diviene la nuova icona, il nuovo volto di Bond, finché non è lui stesso a declinare la possibilità di girare ulteriori pellicole. D’altronde, una buona parte di storia dei film di spionaggio aveva già contribuito a scriverla.