“Abbiamo appreso dalla nostra ambasciata che il governo israeliano impedisce alla nostra delegazione di andare nella Striscia di Gaza. Questo è un cattivo segnale per la pace”. E’ quanto sostono i pentastellati Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano e Ornella Bertorotta del M5S, che si trovano in visita nella Regione. Secondo loro il segnale è cattivo “non tanto” per loro, ma “soprattutto per quello che è l’approccio dell’esecutivo israeliano rispetto alla situazione nella Striscia di Gaza e della pace nella Regione”.
Alcuni hanno visto questa scelta come la risposta di Israele alle parole dei grillini: “Se il Movimento arriverà al governo riconoscerà lo Stato di Palestina”. Al terzo giorno della visita, dalla città palestinese di Hebron, ribadisce la linea politica del suo movimento. “Quello che diciamo facciamo: riconosceremo la Palestina come Stato. “E’ un indirizzo politico – spiega dalla sede del Tiph, la missione internazionale di osservatori nella città di cui fa parte un contingente di carabinieri italiani – che avevamo all’ opposizione e che quindi avremo anche in maggioranza. “E quel riconoscimento ovviamente – aggiunge subito il capogruppo in commissione affari esteri alla Camera Manlio Di Stefano che lo accompagna nella missione insieme alla senatrice Ornella Bertorotta – si deve basare sui confini del ’67 e deve comportare anche il ritiro dal Golan. Ed è quello che diremo agli israeliani”.
Il tema viene affrontato sia nell’incontro che la delegazione ha avuto quest’oggi con il sindaco di Betlemme, Vera Baboun, sia in quello successivo con il sindaco di Hebron Daoud Zatari. Di Maio definisce “assurdo” che nel Parlamento italiano le forze politiche lo scorso anno “abbiano votato due mozioni: una per il riconoscimento” tout court che era quello del M5S e l’altra “con lo stesso indirizzo, ma a determinate condizioni. Un’assurdità”, aggiunge, mentre in realtà “c’è una posizione chiara e una ambigua su questo tema. La nostra è la posizione chiara e lo è da prima di questa missione. Lo Stato di Palestina va riconosciuto. Lo ha fatto il Vaticano, ora tocca all’Italia”.
Per quanto riguarda Gaza, Di Stefano, rispondendo alle domande dei giornalisti, dice che “non importa chi governi nella Striscia. Va perseguito un processo di normalizzazione e di pacificazione della Cisgiordania e di Gaza. Questo permetterebbe una maggiore democratizzazione generale”. Il riconoscimento dello Stato palestinese potrebbe avere, secondo Di Maio, anche un effetto traino sulla Ue che deve “avere un peso rinnovato nel riportare le parti al tavolo di concertazione”. “Bisogna ammettere – spiega – che il vecchio schema ha fallito e con lui i vecchi attori internazionali”. Il problema di fondo della questione israelo palestinese, a giudizio dei pentastellati, “è il fatto che sia diventata politica. E che venga usata da molti – osserva Di Stefano – per le campagne di politica interna. Occorre invece togliere la politica e ripartire dalla Risoluzioni dell’Onu come abbiamo sempre detto”.
“Da parte nostra – sottolinea Di Maio – non c’è alcuna preclusione ideologica nell’affrontare il tema”. Il vice presidente della Camera respinge poi l’idea che nella visita ci sia stata più attenzione verso la Palestina: “Non è un viaggio squilibrato – precisa – ma certo non ci siamo messi con il bilancino a vedere quanto siamo stati da una parte e dell’altra. Ricordo che siamo stati invitati da Israele e lunedì avremo incontri con i rappresentati dei partiti di tutto l’arco costituzionale di Israele e a loro spiegheremo la nostra posizione”. Infine Di Maio dichiara che il lavoro del Tiph “rende orgogliosi. La loro azione è importantissima”. “La loro presenza, secondo i dati che ci sono stati forniti, nel 99% dei casi – conclude Di Stefano – ha impedito azioni di violenza. Per questo chiediamo che la loro presenza sua rafforzata”.