Tra le forze curdo irachene sostenute dagli Stati Uniti e Mosul ci sono 15 chilometri. Ma la battaglia per la riconquista dell’ultima grande roccaforte dell’Isis in Iraq è tutt’altro che facile. Il via alle operazioni è scattato poco dopo la mezzanotte di lunedì 17 ottobre. Sono impegnati circa 30 mila uomini di diversi eserciti e milizie anche rivali fra loro. Dal Pentagono ribadiscono, come già detto nei giorni scorsi, che in Iraq ci sono circa 5mila militari Usa, una parte dei quali alla periferia di Mosul.
Scudi umani
Il timore maggiore è per la sorte del circa un milione e mezzo di civili che rimangono nella città conquistata dall’Isis nel giugno del 2014 e da allora eletta come “capitale” irachena dell’autoproclamato “Califfato” guidato da Abu Bakr al Baghdadi. L’Onu teme che “migliaia di civili potrebbero ritrovarsi sotto l’assedio” delle truppe governative o diventare “scudi umani” nelle mani dell’Isis. Il sottosegretario Onu per gli Affari umanitari, Stephen O’Brien, ha fatto appello “a tutte le parti perché rispettino i loro obblighi di proteggere i civili in base alla legge umanitaria internazionale”. Per ospitare gli sfollati sono stati allestiti dei campi a sud e a sud est, che possono però accogliere non più di centomila persone in fuga. Altri agglomerati, che potrebbero ospitare fino a 250mila sfollati, sono in costruzione a nord e ad est della città.
Il caso
Mosul è a maggioranza araba e sunnita, ma si appresta a essere assediata da militari curdi appoggiati da forze speciali americane, e da truppe governative irachene. Queste ultime sono da anni percepite dalle popolazioni sunnite irachene come “sciite” e “filo-iraniane”. E i civili a Mosul potrebbero non considerare una “liberazione” l’ingresso in città di forze “ostili”. Il generale americano Stephen Townsend, comandante della coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa, ha ricordato che la campagna per riconquistare Mosul “potrebbe durare settimane, e forse di più”.
L’annuncio
Il premier iracheno e comandante supremo delle forze armate Haidar al Abadi è apparso in uniforme militare in un discorso Tv alla nazione: “Le forze che vi libereranno hanno un solo obiettivo – ha detto rivolgendosi agli abitanti di Mosul -: sbarazzarsi di Daesh e ridarvi dignità”. Daesh è l’acronimo dispregiativo usato per l’Isis. Abadi ha poi ribadito che “le uniche forze che entreranno a Mosul saranno l’esercito governativo e la polizia nazionale”, in riferimento alle polemiche dei giorni scorsi sull’impiego di milizie sciite filo-iraniane cooptate dal governo.
Le operazioni
I governativi sono avanzati dalla base di Qayyara (60 km a sud di Mosul) verso la fabbrica di zolfo e sui villaggi a sud-est della città. Per il segretario alla Difesa Usa, Ash Carter, è “un momento decisivo” nella campagna per sconfiggere l’Isis. Membri delle forze speciali Usa sono stati avvistati dietro le linee curde, avanzate con centinaia di mezzi nel ventre molle della campagna ormai disabitata a est di Mosul. Fino al 2013-14, queste zone erano abitate da cristiani e da altre comunità non sunnite, come gli shabak. Il presidente curdo-iracheno Massud Barzani ha annunciato la “conquista solo oggi di 200 chilometri di territorio”, strappando al sedicente Stato Islamico il controllo di sette villaggi. E ha assicurato che i curdi non entreranno a Mosul città.
La Turchia protesta
Erdogan invece, dopo le scaramucce con il governo di Baghdad dei giorni scorsi, ha riaperto un altro fronte polemico affermando che la Turchia non può essere esclusa dall’offensiva per liberare la città e ha ribadito che le truppe di Ankara non lasceranno la base di Bashiqa, circa 30 km a nord-est di Mosul, come invece chiesto dal premier Abadi. “Noi saremo coinvolti sia nell’operazione che nel successivo tavolo” negoziale, ha avvertito il presidente turco.