A pochi giorno dalla riapertura delle scuole, Interris.it ha raccolto la testimonianza di uno dei più autorevoli infettivologi europei. In prima linea in corsia al Policlinico Gemelli di Roma e nel suo studio all’Università Cattolica del Sacro Cuore, il professor Roberto Cauda combatte la guerra global al Covid-19. Pratica medica e teoria scientifica, come nella miglior tradizione della sperimentazione clinica sul campo. Il professor Cauda ha collaborato con atenei europei, in particolare con l’università di Parigi, per stendere i programmi educazionali nella prevenzione anti-coronavirus.
Le indicazioni del professor Cauda
Fa il punto sulla pandemia con Interris.it l’ordinario di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma. Afferma il professor Roberto Cauda: “Dobbiamo convivere con questo virus, quindi occorre contemperare l’esigenza di sicurezza con quella di riprendere una vita il più possibile normale, pur nella coabitazione con il Covid. Questa estate si è molto parlato di vacanze e giusto riposo, adesso l’attenzione collettiva è rivolta all’educazione dei giovani“.
Impatto sul Ssn
Precisa Cauda: “Ciò è comprensibile perché sui banchi di scuola e dell’università si forma la classe dirigente dei prossimi decenni. Però non va mai sottovalutato il devastante impatto della pandemia sul servizio sanitario nazionale con le enormi difficoltà create soprattutto nei reparti di terapia intensiva. Va perseguito il principio del minimo danno possibile”. E avverte: “Quest’anno sarà particolarmente importante sottoporsi alla vaccinazione anti-influenzale. Gli italiani risponderanno agli appelli? Questa è la vera scommessa. Dobbiamo arrivare a Natale, quando la stagione influenzale entrerà nella fase ‘calda’, con un buon numero di immunizzazioni”. Professor Cauda, in che modo si può scongiurare il pericolo che la riapertura delle scuole faccia nuovamente schizzare in alto la curva dei contagi?
“Occorre mettere in pratica misure che consentano di riprendere le lezioni senza favorire la diffusione del coronavirus. Dobbiamo fare i conti con una realtà scolastica molto differenziata sul territorio. In alcune zone le difficoltà logistiche e strutturali sono più preoccupanti. Per una riapertura delle scuole in sicurezza il 14 settembre servono diversi fattori”. Può farci un esempio?
“Spazi idonei. Un numero ridotto di studenti per ciascun ambiente. Almeno un metro di distanza personale. E il costante uso delle mascherine. Soprattutto quando ci si muove all’interno di una struttura”.Qual è la priorità?
“C’è bisogno di un’alleanza tra docenti, studenti e famiglie per una responsabilizzazione collettiva. Se non si osservano le precauzioni anti-contagio, le persone si ammalano. Lo tsunami epidemiologico della scarsa primavera ha sorpreso il mondo intero. E’ accaduto tutto senza che ce lo aspettassimo. La chiusura totale è stata inevitabile. Non esistevano alternative al lockdown. Nella didattica si è dovuto far ricorso al surrogato dell’informatica. Ciò perché lezioni ed esercitazioni in presenza non erano possibili. Nella necessità del momento non si poteva fare altro”.Con quali effetti sull’insegnamento?
“Gli strumenti informatici non sono tarati per la didattica. Né possono rimpiazzarla compiutamente. Gli studenti e i docenti sono abituati a lezioni in presenza. Dunque conciliare sicurezza e consuetudine dell’insegnamento è la sfida irrinunciabile che abbiamo davanti. Il pericolo di contagio si può e si deve mitigare. Ma con un’infezione che si trasmette facilmente per via aerea, il rischio zero non può esistere. La percezione del rischio è molto diversa a seconda delle fasce d’età degli studenti. L’ho visto anche nei programmi educazionali ai quali ho collaborato in ambito europeo. Alle superiori il senso di responsabilità deve essere maggiore delle elementari e delle medie”. In che modo si può procedere efficacemente?
“Genitori, studenti e insegnanti devono capire che sono sulla stessa barca. Le polemiche dividono e sono dannose. L’obiettivo comune è riaprire le scuole in sicurezza. Il rispetto delle regole va declinato nelle singole strutture scolastiche”.E’ utile la vaccinazione antinfluenzale?
“Sì perché la vaccinazione aiuterà a discriminare tra influenza e Covid. E in più suscita una risposta aspecifica in grado di rivelarsi protettiva anche contro il coronavirus. E’ il caso del vaccino Bcg, studiato in tutto il mondo. Ma anche della vaccinazione anti-pneumococcica”.E le mascherine?
“Servono senza dubbi. E ciò senza neppure troppo entrare nelle discussioni sul tipo di mascherina. Sono un necessario mezzo di barriera. Poi va ricordato che la scuola non è una monade. Attorno ad essa ruota tutto un mondo. I trasporti, la famiglia, le attività ricreative”.A cosa si riferisce?
“I ragazzi spesso studiano insieme o fanno sport. L’obiettivo non è quello di garantire la loro sicurezza soltanto nel tempo che trascorrono in classe. Vanno protetti nella globalità della loro giornata. Il virus non si trasmette a ore, in contesti stabiliti o solo in alcune situazioni. Ci si può contagiare sempre e ovunque. I più giovani sono colpiti dal Covid in forme generalmente meno gravi rispetto agli adulti. Ma poi possono trasmettere la malattia a genitori e nonni. Il messaggio etico è responsabilizzare i giovani”.Quali tempi prevede per l’uscita dal tunnel?
“Dovremo fare i conti con Covid anche a Natale. Non ci sarà un vaccino ampiamente disponibile per quel periodo. Dobbiamo tracciare e fare tamponi in modo stringente e puntale. Occorre adottare comportamenti corretti. Solo così potremo essere in grado di gestire il virus. Fino a quando non ci sarà un vaccino, siamo costretti alla convivenza con il coronavirus”.