Come l’enciclica “Fratelli tutti” si rivolge all’umanità in pandemia. “Quello che il Papa ci chiede di vivere è un ‘amore che si estende al di là delle frontiere‘. In ogni città e in ogni Paese”, afferma a Interris.it Andrea Tornielli, da due anni direttore della Direzione editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. E vaticanista tra i più autorevoli e conosciuti a livello internazionale.
Il senso dell’enciclica Fratelli tutti
Nato a Chioggia (Venezia) il 19 marzo 1964, Andrea Tornielli ha frequentato il liceo classico. E quindi l’Università di Padova dove si è laureato in storia della lingua greca. Dal 1992 al 1996 è stato redattore del mensile “30 Giorni”. Dal 1996 al 2011 ha lavorato per il quotidiano “Il Giornale”. Nell’aprile del 2011 è passato al quotidiano “La Stampa”. Dove ha seguito come vaticanista i principali eventi religiosi. E ha coordinato il sito web Vatican Insider. Vive tra Roma e Milano. E’ sposato e ha tre figli.L’enciclica sociale “Fratelli tutti” è stata accolta nel mondo come una luce di speranza nel buio della pandemia. Quale ritiene essere la chiave di lettura per far arrivare soprattutto ai giovani il messaggio di Papa Francesco?
“Credo che la chiave di lettura sia rappresentata dal secondo capitolo, quello dedicato alla parabola del Buon Samaritano. Francesco ci propone come icona della fraternità universale un personaggio la cui storia è uscita dalle labbra di Gesù, in una delle sue parabole”.Cioè?
“A lasciarsi commuovere e colpire dalla sofferenza dell’uomo mezzo morto lasciato sul ciglio della strada dai briganti che lo avevano rapinato, non sono state le persone che esercitavano ruoli nella società o nell’ambito religioso, ma colui che apparentemente era il più lontano. Si è lasciato ferire dalla sofferenza dell’uomo rapinato, ha cambiato i suoi piani per quel giorno, gli ha dedicato tempo, se n’è preso cura. Coi suoi gesti il Buon Samaritano ha mostrato, ci dice il Papa nell’enciclica, che ‘l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro’.A cosa si riferisce?
“Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita per conservare la nostra umanità, per non avere il cuore indurito rimanendo nelle bolle dell’indifferenza, è essere come il samaritano della parabola”.
Scrive il Papa: “Spesso si confonde il dialogo con un febbrile scambio di opinioni nelle reti sociali”. Il Pontefice vede il rischio di una nuova babele?
“Non ci possiamo nascondere che, insieme a tanti aspetti positivi – l’essere in contatto con persone lontanissime da noi, la rapidità delle informazioni, la possibilità di condivisione – le reti sociali portano anche dei rischi. Uno di questi è il credere che dialogare significhi postare slogan, semplificare la realtà, giocare a chi la spara più grossa, usare un linguaggio di scherno e di odio, talvolta mascherandosi dietro l’anonimato”.Può farci un esempio?
“Non dovremmo mai scrivere sui social frasi che non avremmo il coraggio di ripetere alla persona alla quale sono indirizzate guardandola negli occhi. I paragrafi dell’enciclica dedicati al dialogo sono illuminanti in questo senso. ‘Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo dialogare‘”.Poi?
“Senza mai dimenticare che ‘l’autentico dialogo sociale presuppone la capacità di rispettare il punto di vista dell’altro, accettando la possibilità che contenga delle convinzioni o degli interessi legittimi. A partire dalla sua identità, l’altro ha qualcosa da dare ed è auspicabile che approfondisca ed esponga la sua posizione perché il dibattito pubblico sia ancora più completo’.Nell’enciclica sono citati come testimoni di fraternità universale San Francesco d’Assisi e il Beato Charles de Foucauld accanto a personalità non cattoliche come Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi. È la globalizzazione della fraternità che può superare i confini e colmare distanze?
“Sono esempi di personalità da riscoprire, che a partire da convinzioni diverse hanno testimoniato il valore della fraternità e della non violenza. Quello di Charles de Foucauld lo trovo di un’attualità straordinaria, pensando al nostro tempo”.
Cosa rappresenta la promozione dell’amicizia sociale di cui parla il Santo Padre?
“Rappresenta un impegno concreto ad ogni livello ad accogliere l’altro, il sofferente, il diverso da me, riconoscendolo come fratello. Se sono cristiano, a partire dalla consapevolezza che in lui scopro il volto di Gesù e quando aiuto e soccorro lui, aiuto e soccorro Gesù. Se sono un credente in Dio, a partire dal riconoscimento che siamo tutti figli, tutte creature sue, e dunque tutti fratelli e sorelle. Se non credo, mi riconosco come parte di un’umanità e comprendo che non posso salvarmi da solo perché siamo tutti sulla stessa barca”.