Il Fondo monetario internazionale taglia le stime di crescita mondiali, corregge al rialzo quelle dell’Italia per il 2022, e avverte che una delle priorità a livello globale è ridurre l’inflazione. Inoltre, sottolinea come i rischi sono al ribasso e le chance di recessione aumentate. Sono “quasi il 15%” per le economie del G7, ovvero “quattro volte il livello usuale”, e quasi “una su quattro per la Germania“. Per gli Stati Uniti “una recessione tecnica potrebbe già essere iniziata”. Il prodotto interno lordo mondiale è atteso crescere quest’anno del 3,2% e del 2,9% nel 2023 (-0,4 e -0,7 punti percentuali rispetto ad aprile). Se i rischi legati al conflitto in Ucraina, all’inflazione e al Covid si materializzassero il mondo potrebbe rallentare al +2,6% nel 2022 e al +2,0% nel 2023, un livello toccato solo cinque volte dal 1970.
Rischio recessione
“I rischi sulle prospettive economiche sono al ribasso” e includono la guerra in Ucraina che potrebbe fermare i flussi di gas russo in Europa, un’inflazione alta, una stretta delle condizioni finanziari e nuovi lockdown per il Covid in Cina, afferma il Fmi. “In uno scenario alternativo plausibile” nel caso in cui questi rischi si materializzassero “la crescita globale potrebbe decelerare ulteriormente al 2,6% quest’anno e al 2% il prossimo, una velocità a cui la crescita è scivolata solo cinque volte dal 1970. In questo scenario sia gli Stati Uniti sia l’area euro sperimenterebbero una crescita vicina allo zero il prossimo anno, con effetti negativo per il resto del mondo”, mette in evidenza Pierre-Olivier Gourinchas, il capo economista del Fmi.
Stime di crescita
Il Fmi rivede al ribasso le stime di crescita per Eurolandia e Stati Uniti, con il pil americano atteso crescere quest’anno del 2,3%, ovvero 1,4 punti percentuali in meno rispetto alle stime di aprile, per poi segnare nel 2023 un +1,0% (-1,3 punti percentuali). Per l’area euro, il Fondo prevede un +2,6% nel 2022 e un +1,2% nel 2023, rispettivamente -0,2 e -1,1 punti percentuali rispetto alle stime precedenti. La crescita di Stati Uniti e Europa potrebbe scivolare vicino allo zero nel 2023 nel caso in cui i rischi legati allo stop del gas russo e alla volata dell’inflazione si materializzassero. Il Fmi taglia inoltre le stime di crescita di Germania, Francia e Gran Bretagna, e afferma che per Berlino c’è una chance su quattro di una recessione. La crescita tedesca è stata rivista all’1,2% nel 2022 e al +0,8% nel 2023 (rispettivamente -0,9 e -1,9 punti percentuali rispetto alle stime precedenti). Il pil francese è atteso crescere del 2,3% quest’anno e dell’1,0% il prossimo (-0,6 e -0,4 punti percentuali), mentre quello britannico del 3,2% nel 2022 e dello 0,5% nel 2023 (-0,5 e -0,7 punti percentuali).
Accelerazione italiana
Al rialzo invece le stime per l’Italia nel 2022, unico paese del G7 per il quale vengono riviste al rialzo le stime 2022, anno in cui è attesa crescere più di Germania e Francia, ma al ribasso quelle per il 2023, per il Fmi. Il pil è atteso crescere quest’anno del 3,0%, ovvero 0,7 punti percentuali in più rispetto al +2,3% previsto in aprile. Nel 2023 la crescita è attesa rallentare al +0,7%, un punto percentuale in meno rispetto alle previsioni precedenti. L’accelerazione italiana nel 2022 è legata al miglioramento del turismo e dell’attività industriale. Il capo economista del Fmi Gourinchas ha spiegato la “frenata” del prossimo anno con gli alti prezzi dell’energia, ma anche alla stretta delle condizioni finanziarie. L’Italia è comunque sostenuta dal turismo e dai fondi europei, aggiunge Gourinach osservando come nello scenario di base per l’Italia, stilato prima degli ultimi sviluppi politici, le riforme sono incluse. “E’ aumentata l’incertezza politica in Italia: questo è un momento importante per il paese perché ci sono numerose riforme e programmi nell’ambito del piano europeo. Ci auguriamo che le riforme siano fatte, sarebbero utili per l’Italia. Qualsiasi sarà il governo al potere ci auguriamo che le sostenga”, ha affermato il capo economista del Fmi.
Inflazione
“Con l’aumento dei prezzi che si fa sentire sugli standard di vita, ridurre l’inflazione deve essere la priorità. Una stretta della politica monetaria avrà inevitabilmente costi economici reali ma ritardare” un’azione avrebbe come conseguenza solo quella di “esacerbarli”. Lo afferma il Fmi, prevedendo un’inflazione al 6,6% quest’anno nelle economie avanzate e al 9,5% in quelle emergenti e in via di sviluppo. Le stime sui prezzi sono state riviste al rialzo – rispettivamente di 0,9 e 0,8 punti percentuali – e il Fondo prevede che i prezzi resteranno elevati più a lungo di quanto inizialmente previsto.