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Gruppi di pressione o lobby: cosa dice la Costituzione

Viviamo in un momento di maggiore consapevolezza circa l’importanza del ruolo delle lobby nei processi decisionali. Fino a poco tempo fa guardate con diffidenza perché ritenute espressione di un fenomeno sociale opaco e diretto a influenzare, anche con mezzi non leciti, i decisori pubblici. Secondo l’Ocse, le regole di prevenzione della corruzione e la regolamentazione del lobbying sono da porre tra loro in stretta correlazione. In occasione del quarto Compliance Report sull’Italia, il Greco (Group of States against Corruption) si è espresso sulla necessità di valorizzare l’approccio preventivo allo scopo di estirpare qualsiasi legame insidioso tra settore pubblico e settore privato. In particolare, il documento internazionale si soffermava sull’assenza di una disciplina organica suscettibile di diretta applicazione nelle ipotesi in cui i decisori pubblici versano in una situazione di conflitto di interessi e l’importanza di adottare meccanismi in grado di prevenire il rischio che i processi decisionali vengano indebitamente influenzati dall’esterno.

Lo spazio pubblico si connota per una dimensione spiccatamente relazionale e stratificata, plasmato da una pervasiva diffusione delle piattaforme digitali, capace di mettere a disposizione di ogni individuo un ingente patrimonio informativo e di far sentire la propria voce, eludendo la mediazione dei tradizionali protagonisti della sfera politica, partiti e sindacato.

A ben guardare, il lobbying occupa un raggio d’azione molto più ampio, rimasto per molto tempo in ombra, che pone al centro il diritto di partecipazione dei cittadini alle decisioni pubbliche. Nel 2003, Beniamino Caravita, giurista illuminato, scriveva: “La rete è uno strumento formidabile. Ha cambiato le abitudini di noi tutti, non solo per ciò che attiene alle forme di comunicazione interpersonale, quanto e soprattutto per ciò che riguarda, da un lato, la diffusione e la ricerca delle informazioni, dall’altro, le forme e gli strumenti di manifestazione del pensiero. La documentazione circola oramai quasi esclusivamente in rete, essendo stati in larga misura soppiantati tutti gli altri strumenti, anche quelli che solo qualche anno fa sembravano fortemente innovativi. Ma anche per quanto attiene alla più tradizionale sfera della discussione pubblica la rete ha introdotto significative novità: aree non indifferenti al dibattito, anche dottrinario e scientifico sono trasmigrate verso strumenti online. In ambedue le aree – documentazione pubblica – il nostro Paese appare tuttavia ancora indietro”.

Proprio l’espansione sempre maggiore della dimensione partecipativa, grazie al frenetico avanzamento delle tecnologie digitali, ha allargato i canali informativi e ha consentito la pressoché immediata interazione tra cittadino e sfera pubblica. Con inevitabili riflessi sui rapporti tra decisori e portatori di interessi settoriali che traggono linfa proprio dal dialogo tra governanti e governati e costituiscono il naturale modo di sviluppo delle liberal democrazie.

La Costituzione italiana, dal canto suo, guarda lontano e riconosce espressamente il diritto di manifestare il proprio punto di vista, “con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, anche attraverso canali inediti per il tempo in cui è stata scritta, come quelli prodotti dal digitale. Il coinvolgimento delle lobby nel procedimento regolatorio risponde all’esigenza di assicurare una partecipazione dei gruppi di pressione alle decisioni pubbliche e risulta tanto più pregnante quanto si avverte la crisi dei partiti e la disaffezione dei cittadini alla vita politica. La rappresentanza di interessi costituisce una delle “forme” in cui, come recita l’art. 1 della Costituzione, si esercita la sovranità. L’intento che si cela dietro la previsione costituzionale è proprio di potenziare il contributo dei cittadini alle scelte politiche fondamentali e valorizzare al contempo le capacità dei decisori di rappresentare le istanze che provengono dal “basso”, per edificare un solido ponte tra la società e le istituzioni. Il fenomeno della rappresentanza di interessi costituisce, infatti, uno strumento per dare effettività al diritto di partecipazione politica la cui protezione è prevista a livello costituzionale. Nel corso dell’attuale legislatura, la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati ha istituito un’indagine conoscitiva sull’attività di rappresentanza di interessi, al fine elaborare una disciplina organica delle lobbies.

Il tavolo di lavoro sul lobbying ha avviato le sue riflessioni partendo dalla nozione della rappresentanza politica come macrocategoria nella quale vanno annoverati sia la rappresentanza parlamentare che la rappresentanza di interessi, entrambe declinazioni della sovranità popolare. Gli studiosi presenti al Tavolo hanno convenuto sull’esigenza di elaborare una regolamentazione a “maglie larghe che possa assecondarne la natura promozionale e basata su un sistema di incentivi che consenta al lobbista, disponibile alla regolazione, l’accesso privilegiato presso le sedi parlamentari e il diritto di consultare la documentazione e i lavori preparatori riguardanti un determinato settore da disciplinare.

Dal punto di vista soggettivo, una legge generale sui gruppi di pressione dovrà preoccuparsi di definire regole puntuali sia per i c.d. portatori di interessi “conto terzi”, che agiscono professionalmente in nome di una pluralità di clienti, sia per quelli c.d. in house, ovvero strutturati presso grandi imprese. La rappresentanza degli interessi è infatti individuata come ogni attività non sollecitata da istituzioni pubbliche svolta dai professionisti attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, analisi o qualsiasi altra iniziativa orale o scritta, anche trasmessa per via telematica, intesa a perseguire interessi leciti di rilevanza non generale verso il decisore pubblico.

Sul versante dei pubblici poteri, la legge sulle lobby dovrà allargare l’orizzonte non soltanto ai soggetti politici ma anche ai vertici delle Autorità indipendenti, alle figure apicali delle pubbliche amministrazioni, capi di gabinetto, direttori generali e tutti coloro il cui contributo al processo decisionale risulta essere di apprezzabile rilievo. I decisori pubblici saranno tenuti a rendere nota l’attività di lobbying nella relazione illustrativa degli atti normativi e degli atti amministrativi generali. Una legge statale dovrebbe indicare le modalità adeguate al fine di consentire il tracciamento dei contatti tra decisori e portatori di interesse e rendere trasparente il processo decisionale.

In coerenza con il principio di better regulation, ovvero di qualità della regolazione, si dovrebbe prevedere un robusto coinvolgimento dei destinatari già nel momento della elaborazione delle norme, in vista di una valutazione preventiva del loro probabile impatto nel settore di riferimento e rendere effettivo il diritto di associazioni e fondazioni di partecipare al procedimento legislativo e amministrativo e alla più generale attività di programmazione, nel rispetto della parità di condizioni nella rappresentanza dei diversi settori della vita pubblica.

Si potrebbe pensare di stabilire un obbligo, per ogni proposta di legge, di elaborare un’analisi di impatto della regolazione (AIR), attraverso un sistema di consultazione preventiva cui dare notizia di un determinato progetto normativo, consentendo ai portatori di interessi di far pervenire le proprie osservazioni, con adeguate motivazioni. A tal fine ogni schema di proposta regolativa andrebbe sottoposta alle consultazioni dei gruppi di pressione pubblici e privati. Tale consultazione, da svolgere anche per via telematica, dovrebbe verificarne gli effetti e l’utilità. Parimenti, sarebbe auspicabile coinvolgere i lobbisti nella fase di verifica ex post dell’impatto della regolazione (VIR). Attraverso il ricorso alla consultazione dei diversi portatori di pressione, sarà possibile valutare in concreto l’impatto della normativa su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, in modo da raccogliere informazioni dai destinatari delle norme, anche in vista di eventuali revisioni migliorative della regolazione.

A tali portatori di interesse andrebbe, inoltre, riconosciuta la facoltà di essere auditi dalle Commissioni parlamentari e di poter accedere alle sedi istituzionali per informazioni e chiarimenti relativi agli atti di loro interesse. In modo da valorizzare l’aspetto legato alla partecipazione e alla premialità, puntando sugli incentivi collegati ad una disciplina che apprezzi il carattere trasparente e inclusivo della regolamentazione delle lobby.

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