“La corruzione grava come un macigno sulla società. Al contrario di quanto alcuni ritengano, la legalità non è solo eticamente giusta. Ma è anche economicamente vantaggiosa“, spiega a Interris.it lo storico magistrato antimafia Giuseppe Maria Ayala. Ex sottosegretario alla Giustizia.
Lotta a mafia e corruzione
Insieme all’amico e collega Giovanni Falcone, Giuseppe Ayala ha scritto alcune delle pagine più importanti della lotta alla criminalità organizzata. Già senatore e membro della Commissione Giustizia. E’ stato in due governi al dicastero di via Arenula
Dottor Giuseppe Ayala, il Papa ha inviato agli studenti delle scuole italiane un messaggio in occasione della Giornata della Legalità. Francesco mette in guardia dalla “indifferenza che distrugge le relazioni”. Dal “disprezzo”. E dal “cinismo anche verbale che umilia chi è già provato duramente dalla vita”. Qual è il costo sociale dell’illegalità?
“Come vicepresidente della fondazione ‘Giovanni Falcone’ mi capita di parlare spesso nelle scuole superiori e nelle università. Spesso con Maria Falcone andiamo a incontrare gli studenti. Sono occasioni davvero utili a comprendere la sensibilità delle nuove generazioni verso la lotta all’illegalità. Ora purtroppo questa interazione è impedita dalla pandemia. C’è un elemento che ricorre costantemente negli incontri”.
Quale?
“Professori e studenti restano colpiti in genere quando sentono che la legalità non è solo una scelta di natura etica. Bensì è anche questione di convenienza economica. Cioè la legalità conviene, la corruzione no. Un esempio di ciò è rappresentato dall’evasione fiscale. Se tutti pagassimo le tasse, ne pagheremmo di meno. Con la stessa logica, se non ci fossero i corrotti le opere pubbliche avrebbero un costo inferiore”.
Può farci un esempio?
“La legalità non è solo eticamente giusta. E non è solo un necessario fondamento della convivenza civile. Più pragmaticamente, la legalità conviene alla collettività. Chi viola le regole non deruba lo Stato, toglie soldi dalle tasche di ciascuno di noi. E’ un concetto che ripeto sempre ai giovani. Perché loro sono il futuro della nostra società. E’ una trasmissione valoriale e di conoscenza. Anche io, oltre ai miei genitori, ho avuto un’ottima maestra su questo”.
Chi?
“Mia nonna. Era una donna profondamente cattolica e arguta. E’ stata lei a insegnarmi che rispettare le regole è un dovere. Quando ne parlavamo me lo dimostrava sempre con esempi semplici ed efficaci. Presi dalla vita quotidiana. E in effetti se rispettassimo le regole saremmo tutti più liberi. Più legalità significa più libertà”.
E’ così nella realtà?
“Purtroppo no. In Italia la furbizia continua da essere considerata un valore. Siamo l’unico paese al mondo nel quale chi intrallazza e viola le regole è visto con indulgenza, simpatia, persino ammirazione. Come se la disonestà fosse una virtù. E l’onestà una zavorra”.E invece?
“E invece la gran parte dei problemi derivano da inghippi e raggiri. La qualità della vita dei cittadini avrebbe un colossale vantaggio dal rispetto generalizzato delle regole”.
A cosa si riferisce?
“C’è un esempio che ha ben presente chi vive in Sicilia come me. L’autostrada Palermo-Messina. Ci sono voluti 36 anni anni per farla. Eppure vengono in continuazione sequestrati i ponti lungo il suo tragitto. Per paura che crollino perché sono stati costruiti male. Va sempre ricordato che per il rispetto delle regole si sono battuti e hanno perso la vita martiri della legalità come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino e tanti altri servitori dello Stato”.
La mafia è stata sconfitta?
“Non è stata sconfitta ma vive un periodo di minore pericolosità sociale. Non bisogna mai dimenticare quanto la società ha pagato e paga per la presenza dei clan. Né va dimenticato il silenzio che a lungo ha agevolato l’opera nefasta della criminalità organizzata”.
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