Si celebra oggi la giornata mondiale delle emoticons. Le faccine gialle che usiamo tutti i giorni su messaggini ed mail sono infatti un linguaggio universale nato per esprimere pensieri ed emozioni senza far ricorso alle parole che permette una comunicazione essenziale tra i popoli anche senza una lingua comune.
Nate nel 1600
Non tutti sanno che le emoticons vengono da lontano e non sono l’ennesimo prodotto della modernità: sono infatti nate nel diciassettesimo secolo come semplici caratteri tipografici che, affiancati, formavano un’immagine. I due punti e la parentesi chiusa : ) ne rappresentano l’esempio più noto. Negli anni ’80, grazie all’informatica, si diffondono universalmente ampliando le possibilità di espressioni: dal sorriso :‑D al pianto :’‑( dalla rabbia >:( all’occhietto ;D.
I cellulari giapponesi trasformano poi i caratteri tipografici in vere e proprie icone che esprimono le più diverse emozioni: le famose faccine gialle.
L’impero di Smiley
Sulla più famosa icona di tutte, lo Smile, qualcuno è riuscito a costruirci un impero economico con un giro d’affari di 260 milioni di dollari.
Il protagonista della sua creazione e diffusione è Franklin Loufrani, giornalista francese classe 1942 che, negli anni ’70, comincia a stampare un viso giallo sorridente accanto alle buone notizie che apparivano sul giornale. Come racconta l’erede Nicolas Loufrani al Corriere della Sera, il logo viene registrato nel 1971 “come se fosse il coccodrillo di Lacoste o la mela di Apple”. Negli anni ’80 la faccina sorridente diventa il simbolo della musica underground, della club culture, delle discoteche di tutto il mondo. Negli anni ’90 è invece la musica House ad appropriarsene ma poi ecco il declino.
“Nel 1997 Smiley non andava più bene e sono arrivato nell’azienda per rilanciare il brand”, racconta Nicolas. “Prima c’era solo il logo ideato da mio padre, una faccina gialla e basta, io invece ho voluto fare qualcosa di nuovo: ho ideato il logo in versione tridimensionale trasformandolo in una sfera e poi ho aggiunto nuove espressioni, la faccina che strizza l’occhio, che fa la linguaccia, che indossa il basco francese o il berretto da baseball”.
Il consorzio Unicode
Oggi le piccole icone sono centinaia e rappresentano un po’ tutto il mondo contemporaneo. Ma chi sceglie le immagini da inserire nei vari dispositivi? Si chiama Unicode Consortium ed è un’organizzazione no profit formata da aziende informatiche, partner istituzionali e istituti di ricerca che riceve le proposte per nuove emoji, le approva e infine le trasforma in abbozzi di immagini che verranno poi trasformate in disegni dalle aziende informatiche. Tra i membri dell’Unicode Consortium c’è Apple, Adobe, Facebook, Google, Ibm, Huawei e Microsoft nonché partner istituzionali come L’Università di Berkley e il governo indiano.
Dal fantasy allo hijab
Le ultime novità sono state presentate lo scorso giugno: 56 nuovi disegni che vedremo presto all’interno di smartphone, tablet, chat e software che vedono l’inserimento di personaggi fantasy (elfi, vampiri, maghi e zombie), altre tipologie di cibo (coppe di riso e la lattina di polpa di pomodoro) e nuovi animali quali la zebra, grande assente della savana virtuale. E, riflesso della cultura contemporanea, è stata aggiunta anche la ragazza con l’hijab (il velo islamico), immagine richiesta a gran voce per mesi e diventata infine realtà.