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Giornata anziani, Gambino: “Vecchiaia, un dono da valorizzare”

L'intervista di Interris.it alla dottoressa Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, in occasione della Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani sul tema "Nella vecchiaia non abbandonarmi"

“Dio non scarta nessuno, mai – dice il Pontefice -. Nemmeno quando l’età avanza e le forze declinano. Non scarta alcuna pietra, anzi, le più ‘vecchie’ sono la base sicura sulla quale le pietre ‘nuove’ possono appoggiarsi per costruire tutte insieme l’edificio spirituale”. In occasione della Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, istituita da Papa Francesco, la dottoressa Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ha condiviso, intervistata da Interris.it, riflessioni profonde sull’importanza di questa celebrazione e sui temi chiave che il Santo Padre intende promuovere. Quest’anno, infatti, il tema scelto da Papa Francesco è “Nella vecchiaia non abbandonarmi”, un invito a riflettere sul ruolo essenziale degli anziani nella società e nella famiglia, e a contrastare la cultura dello scarto che spesso li marginalizza. La dottoressa Gambino spiega nell’intervista come, fin dall’inizio del suo pontificato, il Papa abbia sottolineato più volte la necessità di occuparsi degli anziani, una fascia di popolazione sempre più numerosa e spesso trascurata, soprattutto in Occidente. Gli anziani sono vittime di una società che li considera poco rilevanti, dimenticando il loro contributo fondamentale sia come portatori di memoria e saggezza, sia nel trasmettere la fede alle nuove generazioni. Per tali motivi, la Giornata Mondiale non è solo una celebrazione, ma l’inizio di un processo volto a riscoprire la dignità degli anziani e il loro ruolo cruciale nelle famiglie e nelle comunità.

L’intervista al sottosegretario Gabriella Gambino

Quali sono stati i motivi per cui Papa Francesco ha istituito una Giornata dedicata specificatamente a nonni e anziani?

“Dall’inizio del suo pontificato, il Santo Padre ci esorta ad occuparci degli anziani. Ovunque nel mondo sono da tempo la percentuale più ampia della popolazione. Soprattutto in Occidente, sono spesso i nostri poveri: poveri di cure, di amore, di dedizione, poveri della nostra capacità di ascoltare e di accoglierli dentro le famiglie e nelle comunità. La mancanza di educazione al valore della vita umana, oggi, si manifesta in una ‘cultura dello scarto’ nei confronti delle generazioni che ci hanno preceduto (emarginazione, discriminazioni, solitudine, eutanasia) che è davvero preoccupante. Correggere la rappresentazione negativa della vecchiaia che oggi domina molte società deve essere un impegno culturale ed educativo che coinvolge tutte le generazioni. Anche per questo il Papa ha deciso di istituire una Giornata Mondiale dedicata a loro. Dobbiamo aprire i nostri occhi sui nonni e gli anziani: sono fedeli battezzati che la Chiesa deve accompagnare con una pastorale a loro dedicata e ben pensata, sono essenziali dentro le famiglie per i rapporti intergenerazionali, ma anche nella società in quanto portatori di un’esperienza e di una memoria che sono le nostre radici. Celebrare e dedicare a loro una Giornata, però, è solo l’inizio di un processo”.

In che senso?

“Gli anziani vanno accompagnati, di essi bisogna riscoprire la dignità battesimale e il valore che possono portare alla comunità e alle famiglie. ‘Segni di speranza meritano gli anziani, che spesso sperimentano solitudine e senso di abbandono. Valorizzare il tesoro che sono, la loro esperienza di vita, la sapienza di cui sono portatori e il contributo che sono in grado di offrire, è un impegno per la comunità cristiana e per la società civile, chiamate a lavorare insieme per l’alleanza tra le generazioni’ (Bolla indizione Anno Santo, Francesco, 2024)”.

Foto di Philippe Leone su Unsplash

Quali sono i principali messaggi e temi che Papa Francesco ha voluto comunicare con il tema scelto questo anno: “Nella vecchiaia non abbandonarmi”?

“Il primo messaggio è che Dio non abbandona mai i suoi figli, tanto meno nella debolezza e nella vecchiaia. La frase del Salmo, che suona come l’implorazione di un anziano a Dio suscitata dal timore della solitudine, contiene in sé la risposta suscitata dalla fede nel Padre: ‘Non ti abbandonerò’. In tal senso, il messaggio si pone anche come un monito affinché anche la Chiesa si prenda cura dei nonni e degli anziani, e si adoperi per mettere da parte quegli ostacoli mentali, culturali, sociali che ancor oggi impediscono di scoprirne la dignità. Come ci ricorda il Santo Padre, lo scontro intergenerazionale e l’abbandono dei più fragili, che ne deriva, conducono quasi ovunque nel mondo a svilire la figura della persona anziana nella società e dei nonni nelle famiglie, spesso indotti a credere di poter vivere senza legami, proprio quando le forze declinano. Ed è faticoso coltivare relazioni intergenerazionali in contesti culturali dove gli anziani da un lato pensano di poter essere completamente autonomi – come dice il papa nel suo Messaggio – e dall’altro vengono messi da parte. Gli stessi contesti in cui, peraltro, i giovani spesso non vengono capiti, in un mondo che cambia rapidamente, che impone loro di lasciare le radici e guardare solo avanti, come se la loro identità non fosse anche l’esito di una storia passata da comprendere”.

Qual è dunque l’esortazione nel Messaggio del Papa?

“Lavoriamo insieme per mettere in dialogo giovani e anziani, non solo per la durata di una Giornata mondiale, ma nella vita quotidiana, con un lavoro pastorale dedicato all’amore e alla fraternità intergenerazionale. Dobbiamo agire per trasformare la cultura dell’indifferenza e dello scarto in una cultura dell’incontro, dell’ascolto e del dialogo. Ci sono almeno due generazioni, apparentemente lontane, che devono imparare ad osservarsi con stupore, recuperando la memoria e le radici da un lato (i giovani), e la fiducia e la gioia di vivere dall’altro (gli anziani). ‘Il futuro lo fanno i giovani e i vecchi insieme; il coraggio e la memoria, insieme’ – ha detto di recente papa Francesco. Il ‘non ti abbandonerò’ di Rut – che dobbiamo far nostro come Chiesa – è la condizione perché gli anziani si sentano accolti e si rendano docili alla grazia di Dio, in un’epoca della vita in cui hanno bisogno di sapere che nulla li potrà mai separare dall’Amore di Dio (Rm 8, 35)”.

Qual è il ruolo dei nonni nella trasmissione della fede e dei valori familiari secondo Papa Francesco e la visione del Dicastero?

“Spesso portano con sé le radici di una fede solida e di valori che oggi per lo più svaniscono nella cultura relativista del nostro tempo. I genitori non sanno come parlare ai figli di valori che spesso nemmeno loro sanno focalizzare con chiarezza e i nonni possono con semplicità portare una testimonianza che resta nel cuore dei nipoti. Detto ciò, vorrei però anche sfatare un mito”.

Quale?

“Non è scontato che gli anziani oggi siano in grado di trasmettere la fede. Molti tra loro, purtroppo, prima ancora di noi hanno subìto gli effetti della secolarizzazione, ne portano le ferite esistenziali, soprattutto nei paesi occidentali, e non hanno il dono della fede. È vero che in molte chiese sono pressoché gli unici presenti alle funzioni liturgiche, ma quanti sono? Gli anziani nel mondo sono tanti, eppure le nostre Chiese sono mezze vuote. Anche di loro dobbiamo prenderci cura spiritualmente, e non solo affettivamente o materialmente. Urge perciò evangelizzare anche gli anziani; e dove siano già evangelizzati, accompagnarli”.

Foto di Caroline Hernandez su Unsplash

In che maniera, concretamente?

“Il Dicastero esorta a tal fine le Chiese particolari a sviluppare una pastorale per gli anziani centrata sull’accompagnamento spirituale, che non significa solo portare loro i sacramenti quando non possono andare in Chiesa, ma pensare ad un ministero per ascoltarli, accompagnarli spiritualmente a riscoprire la fede e la grazia del Battesimo. Abbiamo bisogno di anziani grati alla vita e a Dio, di anziani che sappiano infondere coraggio e speranza ai giovani, di testimoni della fede che sappiano perdonare il male subìto per cambiare il futuro in bene per le nuove generazioni. Ma tutto questo dipende da noi: dobbiamo prenderci cura del cuore degli anziani, custodire la loro dignità battesimale e personale, i loro bisogni materiali, ma anche affettivi e spirituali”.

Qual è il ruolo dell’anziano, anche se malato o in condizione di grave fragilità, all’interno della famiglia e della società nel combattere “la cultura dello scarto”?

“Nella mia esperienza, quando entri in relazione con un anziano fragile, entri in una dimensione dell’esistenza fatta di essenzialità, che ti fa riscoprire improvvisamente la profonda dignità della persona. Il suo esserci ci riporta al cuore della nostra umanità: siamo soggetti vulnerabili, abbiamo bisogno degli altri, abbiamo bisogno di relazioni profondamente umanizzanti, fatte di toni pacati, di ascolto, di silenzi, di gesti che esprimono il prenderci cura gli uni degli altri. L’uomo che invecchia non si avvicina alla fine; piuttosto si avvicina a Dio e al mistero dell’eternità. È un dono per chi gli sta accanto. Il suo corpo malato è segno di una vita vissuta, di esperienza, di storia, di una saggezza scritta nella carne, che può rendere manifesto il vero senso delle cose. In questo senso ogni anziano fragile con la sua presenza è segno del valore profondo di ogni vita umana in ogni fase dell’esistenza”.

In che modo la Chiesa può contribuire a migliorare la qualità della vita degli anziani, specialmente in contesti di isolamento o difficoltà economiche?

“Da un lato, appoggiando e promuovendo iniziative concrete in grado di rispondere ai bisogni materiali e relazionali degli anziani, specialmente in contesti di emarginazione estrema. Per esempio, promuovendo modalità di sostegno alle famiglie quando hanno la necessità di accudire nonni anziani. Le famiglie devono essere casa per i nonni. Bisogna favorire il permanere dell’anziano nella propria casa con forme di assistenza domiciliare integrata e la formazione di operatori e volontari all’altezza delle necessità. E sostenendo l’associazionismo familiare: le famiglie da sole non ce la possono fare. Servono reti tra famiglie perché sentano di poter condividere fatiche e responsabilità con altre famiglie.
Ma da un altro lato, serve anche un impegno pedagogico per correggere la rappresentazione negativa della vecchiaia che viene scartata. Dobbiamo lavorare molto sul piano culturale per evitare che tutto questo si ripeta nelle prossime generazioni. La vita è un dono, sempre, e finché continueremo a non dare valore alla vecchiaia non sapremo dare valore nemmeno alla vita nascente e ai bambini, ai malati e a chiunque manifesti una modalità di essere diversa da quell’ideale fittizio di perfezione edonistica e narcisistica di cui sono imbevuti la post-modernità e il mercato. C’è un grande lavoro di prevenzione da fare affinché coloro che avanzano negli anni possano invecchiare con dignità, senza temere di essere ridotti a non contare più nulla”.

Vuole fare una sua conclusione?

“Desidero solo ricordare che la Giornata Mondiale indetta dal Santo Padre è un esplicito invito a tutti i pastori – vescovi e sacerdoti – del mondo perché domenica 28 luglio ovunque – nelle diocesi e nelle parrocchie – siano celebrate Messe dedicate ai nonni e agli anziani, e si ricordi a tutti i fedeli che Papa Francesco ha concesso l’indulgenza plenaria a coloro che parteciperanno alle celebrazioni liturgiche dedicate a questa ricorrenza e andranno a trovare i nonni e gli anziani soli”.

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