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Casula: “La tutela dei diritti delle persone riguarda tutta la società”

L'intervista di Interris.it a Carlo Felice Casula, professore di Storia contemporanea all’Università degli Studi Roma Tre, in occasione della Giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù

Il termine schiavitù, sia nella sua accezione classica che in quella contemporanea, indica l’assoggettamento al potere assoluto di un’altra persona di cui si è alla totale mercè ed è una condizione solitamente associata a conflitti, guerre ed emigrazioni forzate. Il 2 dicembre si celebra la giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù. Questa data richiama il 2 dicembre 1949, in cui è stata approvata, da parte dell’Assemblea generale, questa importante giornata di sensibilizzazione. Interris.it, in merito al significato più profondo di questa giornata, ha intervistato il professor Carlo Felice Casula, professore emerito di Storia contemporanea all’Università degli Studi Roma Tre.

L’intervista

Professor Casula, oggi si celebra la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù istituita dall’ONU nel 1949. Che finalità ha questa giornata?

“Questa Giornata è stata recepita dall’Italia a distanza di molti anni dalla sua istituzione, ovvero solo nel 1976. È strettamente legata alla giornata dell’abolizione della schiavitù che, invece, si celebra il 23 agosto, ricordando la prima sollevazione di schiavi verificatasi nel ‘700 in un’isola dei Caraibi. L’obiettivo del 2 dicembre che, le Nazioni Unite celebrano ricorrendo all’Unesco, ovvero l’agenzia che opera nel campo dell’educazione e della scienza, è di far riflettere ricordando che, nel mondo sopravvivono forme di moderna schiavitù, come la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il lavoro minorile, i matrimoni forzati e il reclutamento dei bambini nei conflitti armati”.

Oggi, secondo gli ultimi dati diffusi, ben 50 milioni di persone vivono in una condizione di grave privazione. Come si può definire la “schiavitù moderna”?

Questi dati impressionanti, che riguardano uomini, donne e bambini, sono il prodotto di una collaborazione tra le organizzazioni Walk Free, ILO e OIM. Queste ricerche dimostrano che, il fenomeno della schiavitù moderna, ha a che fare con il lavoro e trova una manifestazione ancora più forte all’interno dei flussi migratori. È bene ricordare che, il dato in oggetto, si riferisce al 2021 e, rispetto al rapporto precedente risalente al 2016, c’è stato un incremento di ben 10 milioni di persone che vivono in condizione di grave privazione. Le donne e i bambini sono i soggetti più vulnerabili e, in proporzione, i più presenti. Scomponendo ulteriormente i dati risulta che, circa 28 milioni di persone, sono coinvolte nel lavoro forzato e 22 milioni sono bambine e giovani costrette ai matrimoni forzati e soggette allo sfruttamento sessuale. I mariti, nella maggior parte dei casi, sono molto più grandi d’età e di condizioni economiche elevate, rispetto alle bambine che appartengono perlopiù a ceti estremamente poveri. Un altro dato su cui riflettere è che, nella sua stragrande maggioranza, il lavoro forzato, riguarda il settore privato. Però, in diversi paesi, ci sono forme che riguardano anche il settore pubblico, ad esempio dei carcerati. In questo caso, la normativa internazionale ha teso ad essere più tollerante”.

Foto di Social History Archive su Unsplash

Guardiamo al futuro. In che modo, secondo lei, si può conservare e approfondire la memoria storica della schiavitù per far sì che non si ripeta in futuro?

“È importante distinguere tra la schiavitù classica che, formalmente, ha iniziato ad essere abolita nel ‘800 e la moderna schiavitù di cui si parla oggi. In particolare, vorrei fare riferimento ad un messaggio pubblicato dal segretario generale delle Nazioni Unite in cui si sottolinea che, i gruppi più emarginati e particolarmente vulnerabili per questo fenomeno sono le minoranze etniche, religiose, linguistiche nonché i migranti e, per la maggior parte donne. Il segretario generale dell’Onu ha ribadito che occorre fare appello ai governi affinché rinnovino il loro impegno per sradicare queste nuove forme di schiavitù. Però è anche necessario coinvolgere una serie di altri soggetti, come ad esempio le organizzazioni datoriali, i sindacati, la società civile, il mondo del volontariato e il Terzo Settore. Sono necessari ulteriori interventi normativi al livello internazionale, ma anche una coscientizzazione della società nel suo complesso. La tutela dei diritti delle persone sottoposte forme moderne di schiavitù riguarda la società nel suo complesso”.

Papa Francesco, nel recente passato, ha esortato a combattere ogni forma di schiavitù. Qual è il ruolo dei cristiani per il raggiungimento di questo obiettivo?

Papa Francesco
foto Samantha Zucchi/Insidefoto/Image
nella foto: Papa Francesco

“Papa Francesco è straordinario. Ha lanciato un tweet su questo tema in cui ha detto: ‘siamo chiamati, tutti insieme, a costruire una società rinnovata e orientata alla libertà, alla giustizia e alla pace, perché si superi ogni tipo di disuguaglianza e discriminazione, cosicché nessun uomo possa fare schiavo un altro uomo’. Qui c’è un rinvio importante alla dichiarazione universale dei diritti umani, all’articolo 4 che recitava: ‘nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù. La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma’. Inoltre, all’interno del Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite, risalente al 1966, si specificava che ‘nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio’. Papa Francesco, inoltre, in quel tweet, ricorda un passo molto noto della lettera di San Paolo ai Galati che recita: ‘non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo ne libero, non c’è più né uomo né donna poiché, tutti voi, siete uno in Cristo Gesù’. All’interno del Vangelo, tale passo, può essere interpretato come il presupposto del superamento di quella che viene chiamata la società signorile, affinché ve ne sia una più giusta, uguale e solidale, necessaria al superamento di qualsiasi forma di sfruttamento e oppressione”.

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