“L’agroecologia è il ponte tra il passato e il futuro: coltivare la terra rispettando l’ambiente significa nutrire il pianeta senza distruggere le risorse naturali, le stesse che garantiscono la sopravvivenza dell’umanità”. L’agroecologia è una disciplina interdisciplinare che unisce ecologia e agronomia, includendo pratiche agronomiche sostenibili. Nasce dall’esperienza dal basso, dalla tradizione dei nostri avi. Ma non è un ritorno al passato. Infatti, ciò che la rende interessante è la sua capacità di integrare ricerca scientifica, innovazione e conoscenze tradizionali tramandate di generazione in generazione dagli agricoltori. Ne parliamo su Interris.it con Franco Ferroni, esperto di agricoltura e biodiversità per l’Ufficio sostenibilità di WWF Italia, per comprendere su quali principi si fonda questa disciplina e perché rappresenta una via d’uscita dalle criticità dell’agricoltura intensiva.
L’intervista a Franco Ferroni del WWF Italia
Su quali principi si basa l’agroecologia?
“L’agroecologia è definita sulla base di dieci principi riconosciuti dalla FAO a livello internazionale. Essa infatti non si occupa solo della sostenibilità ambientale delle produzioni agricole e zootecniche, ma considera anche gli aspetti sociali ed economici di chi pratica l’agricoltura. Nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, ad esempio, si adatta particolarmente all’agricoltura familiare, più incline a rispettarne i principi. L’aspetto chiave dell’agroecologia è la sua transdisciplinarità: non coinvolge solo le scienze agrarie, ma anche discipline sociali e umanistiche, come la sociologia, l’economia e lo studio delle tradizioni locali. L’agroecologia punta a un modello di produzione alimentare che va dal campo alla tavola, in linea con la strategia Farm to Fork che fa parte del Green Deal della Commissione europea che vuole rendere sostenibile il sistema alimentare, fortemente ispirata ai principi agroecologici definiti dalla FAO”.
Può farci un esempio concreto di agroecologia?
“Certamente. L’esempio più noto è l’agricoltura biologica, che concilia produttività e rispetto dell’ambiente. Essa esclude l’uso di sostanze chimiche di sintesi, come fertilizzanti e pesticidi, e adotta invece soluzioni basate sulla natura. Ad esempio, per contrastare un insetto nocivo senza ricorrere a pesticidi—nocivi sia per gli agricoltori che per i consumatori—si possono impiegare insetti predatori naturali, sfruttando i meccanismi biologici già presenti negli ecosistemi, come il rapporto tra preda e predatore. L’agricoltura biologica è oggi il modello agroecologico più consolidato, anche perché regolamentato a livello europeo e nazionale. Tuttavia, esistono molti altri sistemi agricoli che si rifanno ai principi dell’agroecologia, come la permacultura, l’agricoltura biodinamica e l’agricoltura rigenerativa. L’importante è che ogni modello tenga insieme i tre pilastri della sostenibilità: ambientale, economica e sociale”.
Perché l’agroecologia rappresenta un ponte tra passato e futuro?
“Perché parte dal recupero e dalla valorizzazione di tecniche tradizionali, ma senza restare bloccata nel passato. E’, al contrario, una visione proiettata al futuro, che integra innovazione e ricerca per adattare pratiche antiche alle sfide moderne. Ad esempio, una delle principali conseguenze dell’agricoltura intensiva è la perdita di sostanza organica nei suoli, con una conseguente riduzione della fertilità e della produttività. Per contrastare questo fenomeno, oggi si sta riscoprendo la rotazione delle colture, una pratica antica che alterna piante depauperanti a colture rigenerative. L’agroecologia utilizza esclusivamente fertilizzanti di origine organica e biologica, contribuendo a rigenerare i suoli senza impoverirli. È un classico esempio di come una tecnica agricola del passato possa essere recuperata e adattata per rispondere ai problemi causati dall’agricoltura intensiva”.
Possiamo dire che l’agroecologia salva l’uomo salvando l’ambiente?
“Esattamente. Non può esistere agricoltura senza natura: la produzione alimentare dipende dai servizi ecosistemici forniti dagli ambienti naturali. Senza suoli fertili, acqua pulita e biodiversità, non può esserci sicurezza alimentare. Guardare all’agricoltura solo in termini di massimizzazione delle rese per ottenere il massimo guadagno nel breve termine è un errore pericoloso: è come tagliare il ramo su cui siamo seduti! Numerosi studi dimostrano infatti che le pratiche agricole intensive portano alla desertificazione dei suoli, rendendoli sterili e compromettendo la produzione alimentare a lungo termine. L’agroecologia rappresenta una strada sostenibile per nutrire il pianeta senza distruggere le risorse naturali che garantiscono la nostra stessa sopravvivenza”.