Nuove tensioni tra le forze impegnate contro l’Isis lungo il corso siriano dell’Eufrate. Cioè l’esercito governativo sostenuto dai russi, i miliziani filo-turchi, quelli curdi e ora anche gli americani, che negli ultimi giorni hanno dispiegato centinaia di uomini nella regione. Nel frattempo Mosca ha annunciato che una prima unità di sminatori russi composta da 187 militari è arrivata in Siria e “assieme ai colleghi siriani” ha iniziato a bonificare l’antica città di Palmira dagli ordigni piazzati dall’Isis. L’operazione avviene dopo che, a inizio mese, l’esercito siriano ha riconquistato per la seconda volta in un anno la città sede di un sito archeologico patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Nel maggio del 2015 Palmira era finita nelle mani del sedicente Stato islamico, che distrussero parte dei reperti archeologici. La città era stata ripresa nel marzo del 2016 dalle truppe siriane, ma lo scorso dicembre era stata nuovamente occupata dai jihadisti.
Nel nord del Paese, ha sottolineato il capo del dipartimento per le operazioni dello Stato maggiore russo, Serghei Rudskoi, le truppe siriane hanno raggiunto “per la prima volta in quattro anni le rive dell’Eufrate a est della città Khafsa, prendendo il controllo di 15 chilometri di territorio lungo il fiume e continuando la loro offensiva” contro l’Isis. Nella stessa offensiva sono impegnate milizie dell’ opposizione sostenute dalla Turchia, che a partire da agosto ha anche inviato proprie truppe in territorio siriano, e i curdi dell’Ypg, legato al turco Pkk e per questo giudicate come forza “terroristica” da Ankara.
Le milizie curde sono predominanti nelle cosiddette Forze democratiche siriane (Sdf) sostenute dagli Stati Uniti, che negli ultimi giorni hanno inviato circa 400 soldati equipaggiati con pezzi di artiglieria con l’intento di appoggiare l’avanzata curda verso Raqqa. “Abbiamo forze a sufficienza per liberare Raqqa col sostegno della Coalizione internazionale a guida americana”, ha detto Cihan Sheikh Ehmed, portavoce delle Sdf. Ma il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, parlando da Mosca dopo colloqui con il capo del Cremlino Vladimir Putin, ha risposto che “non si può pensare di combattere una organizzazione terroristica (cioè l’Isis) con un’altra organizzazione terroristica (vale a dire i curdi dell’Ypg)”. Da parte sua, Putin si è concentrato sul cessate il fuoco in vigore dal 30 dicembre tra forze governative e ribelli su iniziativa di Russia, Turchia e Iran, esprimendo un “cauto ottimismo” sulla possibilità di arrivare ad “una soluzione politica a tutti gli effetti”, con il coinvolgimento degli Usa.
Sale intanto il bilancio delle vittime civili di raid aerei compiuti presumibilmente da aerei della Coalizione a guida statunitense su postazioni del Califfato nel villaggio di Al Matab, a est di Raqqa. Lo afferma l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), secondo il quale 23 persone sono rimaste uccise, tra le quali 8 minori.