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Bordignon: “Le proposte del Forum Associazioni Familiari contro la denatalità”

L'intervista di Interris.it al presidente del Forum delle Associazioni Familiari, Adriano Bordignon, sulle conseguenze sociali ed economiche della denatalità e dell'invecchiamento della popolazione italiana

Gli ultimi dati del censimento Istat sono allarmanti. Al 31 dicembre 2022 la popolazione italiana è scesa sotto i 59 milioni (esattamente a 58.997.201 residenti) e invecchia nonostante il contributo degli stranieri. Sempre più sbilanciato il rapporto generazionale: per ogni bambino con meno di 6 anni, ci sono più di 5 anziani, precisamente 5,6%. Nuovo record negativo per la natalità: 393mila nel 2022, quasi 7mila in meno rispetto al 2021 (-1,7%). Nel 2022 i nati residenti in Italia sono stati 393mila, con un tasso di natalità del 6,7 per mille, tra i più bassi al mondo.

Il Forum delle Associazioni Familiari

Interris.it ha chiesto al presidente del Forum delle Associazioni Familiari, Adriano Bordignon quali siano le conseguenze sociali ed economiche della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione italiana.

Il Forum delle Associazioni Familiari (FAF) nasce nel 1992 con l’obiettivo di portare all’attenzione del dibattito culturale e politico italiano la famiglia come soggetto sociale. Da allora ha riunito movimenti ed associazioni del mondo cattolico che hanno nei loro interessi statutati la difesa della famiglia. Ad oggi, il Forum è composto da 47 associazioni e da 18 Forum regionali, a loro volta composti da Forum locali e da 582 associazioni. Adriano Bordignon, trevigiano, 46 anni, sposato e padre di tre figli, è stato eletto nuovo presidente del Forum lo scorso marzo, sostituendo Gigi De Palo.

Il presidente del Forum Associazioni Familiari, Adriano Bordignon. Foto di Gennari Christian gentilmente concessa da FAF

L’intervista ad Adriano Bordignon (Forum delle Associazioni Familiari)

In Italia si fanno sempre meno figli: è un problema meramente culturale o influiscono altri fattori? Quali?

“La denatalità dipende da una molteplicità di fattori. La famiglia è un soggetto sociale: potremmo dire che è un organismo e che è qualcosa di differente dalla somma delle persone che lo compongono. Se abbiamo la capacità di percepirla così, ci rendiamo conto che essa ha un ciclo di vita e che il suo stato di salute dipende in modo risolutivo dall’ecosistema in cui vive”.

Qual è “l’ecosistema della famiglia italiana”?

“La famiglia italiana vive in un ecosistema che da troppo tempo non permette alle famiglie di funzionare come dovrebbero e come vorrebbero. Esistono certamente delle variabili culturali tipiche di quest’epoca che ci fanno osservare come in tutti i Paesi con alti tassi di benessere ci sia un calo della natalità. Sembra accadere che, meglio stiamo più temiamo di mettere a rischio la nostra confort-zone, con le incertezze di nuove vite di cui prendersi cura. Individualismo e relativismo sono dinamiche culturali che non sono certamente stimolanti alla generatività. Purtroppo l’Italia, rispetto ad altri Paesi europei, sembra scontare maggiormente questa minore spinta alla vita e alla natalità perché in Italia non sono mai esistite politiche per la famiglia degne di tal nome. Questo significa che gli aspetti economici, organizzativi, di welfare e di riconoscimento sociale hanno un grande impatto”.

Quali sono le conseguenze sociali ed economiche di un’Italia sempre più vecchia e senza ricambio generazionale?

“L’Italia sta scivolando a velocità sempre più sostenuta lungo una brutta china. Denatalità, invecchiamento, spopolamento e fuga dei giovani stanno minando il futuro. Gli effetti più evidenti e preoccupanti riguardano il sistema sanitario. I costi sanitari sono in progressivo aumento anche in funzione dell’aumento dell’età media della popolazione e stanno diventando sempre più insostenibili rispetto ad una popolazione in età attiva che si va sempre più assottigliando. Al contempo abbiamo intere classi di operatori sanitari prossime alla pensione che non verranno sostituite da nuove leve. Le proiezioni ci parlano anche di un calo degli occupabili, della produttività e del pil che renderà meno competitivo il sistema produttivo che deve già fare i conti con un’elevata competitività internazionale ed alti costi di produzione. Le reti relazionali familiari si vanno assottigliano e sfilacciando con fenomeni di solitudini crescenti e collegati disagi psicosociali. Aree interne, soprattutto al centro sud, si stanno spopolando con forti rischi di dissesto idrogeologico e di sostenibilità per un territorio che da secoli si è caratterizzato dalla costante interazione tra uomo e natura. La lista è ancora lunga ma più che fare analisi o i profeti di sventura dovremmo essere capaci di rilanciare una grande alleanza per la famiglia e la natalità perché a questo sono legati i destini dell’Italia”.

Quali proposte dal Forum delle Famiglie al Governo per contrastare l’inverno demografico?

“Le proposte del Forum non sono azzardate scommesse, ma sono ricette già attivate in altri Paesi che, con i giusti adattamenti, dovrebbero rallentare o invertire il trend attuale. Il primo passo riguarda la riforma fiscale affinché le famiglie non si trovino più nelle attuali condizioni di iniquità. Che il Governo approdi al Quoziente Famiglia di tipo francese, allo Splitting alla tedesca, al Fattore Famiglia poco importa al momento. È necessario che, finalmente, ognuno paghi le tasse anche in base alla composizione del suo nucleo familiare. Sul tema del lavoro, poi, scontiamo tre grandi spread rispetto ad altri Paesi europei: lavoro giovanile, lavoro femminile, servizi e azioni per la conciliazione e condivisione”.

In che senso?

“In tutti i Paesi industrializzati ad alti tassi di occupazione femminile corrispondono più alti tassi di natalità, mentre noi lo abbiamo troppo basso. Il lavoro femminile è poi gravato dal nodo di remunerazioni troppo distanti da quelle degli uomini, percorsi di crescita professionale impervi ed ‘espellenti’, una maternità percepita come penalizzante il lavoro, donne viste come le uniche ‘caregiver naturali’ e caregiving percepito come nemico della produttività. Da ultimo, è necessario ridare alle famiglie riconoscimento sociale, speranza di poter crescere e prendersi cura, capacità di progettare una vita senza essere esposti in ogni momento al rischio di default. Se non agiamo in fretta tra poco commenteremo l’ennesima emorragia perché le previsioni ci raccontano di un 2023 che si chiuderà con appena 382.00 nuovi nati”.

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