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Il coro unanime dei giornalisti per Cecilia Sala

D'Ubaldo (Odg Lazio): "Auspichiamo che la Farnesina riesca a riportare in Italia Cecilia". Cerasa (Il Foglio): "Il giornalismo non è un crimine". Usigrai: "Un modo per intimidire chi liberamente fa informazione"

Il mondo del giornalismo italiano chiede a gran voce la liberazione di Cecilia Sala, fermate dalla autorità di polizia iraniane a Teheran lo scorso 19 dicembre. La giornalista, a quanto risulta, è trattenuta in isolamento nel carcere di Evin le autorità della Repubblica islamica le hanno concesso due telefonate.

Due telefonate

Due telefonate: una alla madre, l’altra al suo compagno Daniele Raineri, giornalista del Post. Sono quelle che le autorità iraniane hanno concesso a Cecilia Sala, arrestata il 19 dicembre a Teheran, prima che la connazionale ricevesse oggi la visita dell’ambasciatrice italiana Paola Amadei per verificare le sue condizioni di salute e di detenzione nel carcere di Evin. “Per le prime 24 ore – ricostruisce proprio Il Post sul suo sito – Sala è stata tenuta in custodia senza possibilità di comunicare con nessuno. Poi le hanno permesso di fare due telefonate, una alla famiglia e una al suo compagno, il giornalista del Post Daniele Raineri. Durante le telefonate, Sala ha detto di stare bene e di non essere ferita. È possibile che abbia dovuto leggere un testo scritto, perché ha usato alcune espressioni che non suonano naturali in italiano, ma sembrano più una traduzione dall’inglese. Non le è stato permesso di dare altre informazioni“. “Prima dell’arresto, Sala si trovava in Iran da una settimana. Aveva raccontato nel suo podcast storie sul patriarcato nel Paese e sulla comica iraniana Zeinab Musavi, arrestata dal regime per gli sketch di uno dei suoi personaggi. Aveva parlato anche con Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie che per quasi mezzo secolo aveva contribuito a creare l’estesa rete di milizie filo-iraniane operanti in mezzo Medio Oriente“, aggiunge Il Post.

Cerasa: “L’Iran sfida la libertà”

“Il punto è tanto semplice quanto drammatico: il giornalismo non è un crimine, e per una volta tanto scriverlo non è retorica ma è una realtà viva, reale e spaventosa. Quello che segue è un articolo che non avremmo mai voluto scrivere ma la dinamica dei fatti ci costringe a dover dar conto di un fatto grave che riguarda anche questo giornale”. Lo scrive il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, in un editoriale pubblicato sul sito del quotidiano dopo l’arresto in Iran della giornalista Cecilia Sala, che lavora per il giornale. “Cecilia era in Iran, con un visto regolare, per raccontare un paese che conosce e che ama, un paese in cui l’informazione viene soffocata a colpi di repressione, di minacce, di intimidazioni, di violenza, di detenzioni, spesso ai danni degli stessi giornalisti – ricorda Cerasa -. Abbiamo deciso di dar conto della storia di Cecilia dopo aver avuto rassicurazioni, dai capi della nostra diplomazia, che mettere al corrente i lettori della notizia del suo arresto non avrebbe rallentato gli sforzi diplomatici per riportarla a casa”. Cerasa ricorda che “l’Iran è uno dei posti peggiori al mondo dove essere giornalisti”, dove “dal 2022, da quando cioè è iniziata la protesta ‘Donna, vita, libertà’, sono stati arrestati 79 giornalisti, alcuni condannati a pene severe. Solo nella prima metà del 2024 le autorità iraniane hanno arrestato o condannato almeno 34 giornalisti“. Cerasa ricorda, quindi, l’appello del portavoce del dipartimento di stato americano Matthew Miller, dopo l’arresto a metà dicembre di un cittadino statunitense e iraniano, il giornalista Reza Valizadeh, per “il rilascio di tutti i prigionieri politici in Iran”. “E’ lo stesso appello che rivolgiamo al governo, ai ministri, al presidente del consiglio, al capo dello stato, alle autorità delegate, agli organi competenti – afferma il direttore del Foglio -. L’Iran, con l’arresto di Cecilia, ha scelto di sfidare non una giornalista, non un giornale, non una testata, ma tutto quello che l’Occidente considera trasversalmente intoccabile: la nostra libertà. Non è il momento di essere retorici, non è il momento di ricordare cos’è la repubblica degli ayatollah, non è il momento di ricordare l’irresponsabilità di chi ha provato a considerare un regime islamista in grado di diventare moderato, non è il momento di ricordare quante occasioni l’opinione pubblica ha perso per provare a smascherare gli orrori del regime iraniano”. “E’ il momento di ricordare l’ovvio – conclude Cerasa -. L’Iran vuole utilizzare la vita di Cecilia per mostrare quanto è forte il regime. Facciamogli vedere noi quanto siamo forti facendo tutto il possibile per non far sparire per un solo giorno la sua storia dalle pagine dei nostri giornali, facendo tutto il possibile per ricordare alle autorità competenti quanto sia pericoloso cavillare intorno a un attentato alla libertà di stampa e facendo tutto il necessario per riportarla a casa. Il giornalismo non è reato, nemmeno nei paesi che reprimono tutte le libertà, compresa quella di stampa. Riportatela a casa“.

‘D’Ubaldo: “Attenta agli oppressi”

Il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, Guido D’Ubaldo, e tutto il Consiglio chiedono la liberazione immediata di Cecilia Sala, giovane giornalista italiana, impegnata da anni nei teatri di guerra, “attenta alle ragioni dei popoli oppressi da tutte le dittature“. “Ho avuto modo di conoscere Cecilia Sala, ne apprezzo la professionalità, ha partecipato ai nostri corsi di formazione, le ho consegnato recentemente il Premio Graldi. Ha raccontato con coraggio storie di popoli oppressi dove la libertà d’informazione è negata senza un motivo. Auspichiamo che la saggezza diplomatica della Farnesina riesca a riportare in Italia Cecilia, al fine di scongiurare conseguenze peggiori” dichiara D’Ubaldo.

Stefania Battistini

Cecilia Sala è coraggiosa, studiosissima e piena di rispetto per gli altri. Saperla in cella in isolamento in Iran, un paese che conosce e racconta da tempo, preoccupa moltissimo. Fatico anche solo a scrivere e a immaginarla lì, facciamo il possibile perché torni in Italia presto”. Lo scrive su X Stefania Battistini, la giornalista Rai destinataria di un mandato di arresto delle autorità russe “per attraversamento illegale del confine ucraino”.

Usigrai: “Un modo per intimidire chi fa informazione”

Il regime di Teheran deve liberare Cecilia Sala; è solo una giornalista che fa il suo lavoro con dedizione e passione. Ogni altra ragione per trattenere in carcere la nostra collega è solo un modo per intimidire chi liberamente fa informazione. Chiediamo al governo italiano il massimo impegno per l’immediato rientro in Italia di Cecilia Sala”. È quanto si legge in una nota dell’Usigrai.

Ass. Giornaliste italiane: “Vicine alla collega”

“L’associazione Giornaliste italiane è vicina alla collega Cecilia Sala e rispetta la richiesta della sua famiglia di mantenere la massima cautela. Il nostro auspicio è che la diplomazia italiana si adoperi per risolvere questa vicenda in tempi rapidi e che Cecilia torni presto libera”. E’ quanto si legge in una nota.

Fonte Ansa

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