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Ecco perché bisogna avere fiducia in Dio

Tanti tendono alla ricerca del successo e della visibilità piuttosto che alla serena realizzazione dei propri sogni, riconoscendo i limiti e le risorse. I mass media e il web non fanno altro che sostenere questo modello, senza far vedere quanto dura davvero il tempo del successo, a volte non più di uno spot. Il problema è anche il modo in cui ciò deve essere realizzato, cioè spesso a costo della dignità, del vendersi e dello svendersi, del compromesso estremo, della rottura con la famiglia, del perdere contatto con la realtà. Tutto viene mostrato come facile, diventa a portato di mano grazie ad un provino, ad un selfie, ad un book fotografico, ad un post esagerato sui social, ad un talent. Direte che è così che va il mondo e che le “normali” vie per realizzare sé stessi non sono più percorribili e spesso irte di problemi. Forse può valere per molti, ma non per chi si professa cristiano, poiché non dovrebbe lasciarsi tentare dalla gloria terrena, ma ricercare piuttosto la vera gloria nella lotta contro il male e nella vittoria su di esso.

Per giungere alla vera vittoria, non bisogna confidare solo in sé stessi, nelle proprie forze, ma avere fiducia nella grazia di Dio cioè prendere le “armi” di Dio, che sono: verità, giustizia, servizio, fede, parola di Dio e preghiera. Ciò non vuole dire che un “cristiano di successo” non cammini sulla via del Vangelo, ma che bisogna stare in guardia sì, perché è più facile guardare la terra che non alzare gli occhi al cielo; è più piacevole cercare i piaceri del corpo che non assumersi rinunce e sacrifici; è più soddisfacente ricevere le lodi e gli onori di questo mondo che non aspettare la ricompensa di Dio.

“La liturgia della Domenica delle Palme è quasi un solenne portale d’ingresso nella Settimana Santa – diceva San Giovanni Paolo II nell’omelia della Domenica delle Palme del 2003 – poiché associa due momenti tra loro contrastanti: l’accoglienza di Gesù a Gerusalemme e il dramma della Passione; l’“Osanna” festoso e il grido più volte ripetuto: “Crocifiggilo!”; il trionfale ingresso e l’apparente disfatta della morte sulla Croce. Anticipa così l’“ora” in cui il Messia dovrà soffrire molto, verrà ucciso e risusciterà il terzo giorno e ci prepara a vivere in pienezza il mistero pasquale”. Si potrebbe aggiungere indegnamente: E noi cosa siamo disposti a perdere? Ci fidiamo di Lui? Siamo pronti ad essere giudicati dal mondo? Siamo capaci di scelte controcorrente? Amare come Lui: dare la vita? Accettare il fallimento, diventare oggetto di burla per abbracciare la croce? Dove finisce la gioia della fede e della vita cristiana? Domande legittime. Tuttavia, se come cristiani affondiamo le nostre radici nell’amore, allora, questa forza è così poderosa che ci aiuta nel cammino del calvario, della passione e della croce. Allora l’amore non è quel sentimento che nasce all’improvviso, esplode e si spegne rapidamente, ma una decisione libera, cosciente, sofferta, che però ci riempie di serenità e dà senso a tutto quello che facciamo.

Tutto può sembrare troppo esigente, ma in fondo è normale essere esigenti e persino concreti. Percorrere i propri sogni, curare la realizzazione dei propri progetti può essere benissimo accostato all’esperienza evangelica, può mescolarsi e dare frutti di vera santità. I Santi non sono dei musoni frustrati che non hanno raggiunto i propri obiettivi, basta leggere le loro biografie per capirlo: intelligenti, gioiosi, operosi! Al contrario molti cristiani vivono con la prospettiva del successo immediato, con il “mordi e fuggi” della realizzazione, pronti all’Osanna ma non al Crocifiggilo. Coraggio, allora, perché dopo la Croce c’è sempre la Resurrezione!

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