La scuola, un ambiente che per molti rappresenta un luogo di crescita, apprendimento e socializzazione, può diventare un campo di ostacoli per i bambini ipovedenti o non vedenti. Questi affrontano una serie di sfide quotidiane che rendono l’esperienza scolastica complessa e a volte esclusiva. L’adattamento alle dinamiche scolastiche richiede spesso un supporto speciale, che non si limita alla semplice fornitura di materiali didattici adattati, ma comprende anche l’organizzazione dell’ambiente, l’integrazione nelle attività scolastiche e la formazione del personale educativo. In questa intervista a due voci, Daniele Auricchia, presidente di A.p.r.i. Odv (Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti), e Sara Taricco, riabilitatrice visiva e coordinatrice pedagogica del servizio educativo di A.p.r.i., raccontano a Interris.it le difficoltà che i bambini ipovedenti affrontano a scuola, le soluzioni adottate e le azioni che le istituzioni e la società potrebbero intraprendere per migliorare la qualità della vita scolastica.
L’intervista ad Auricchia e Taricco di A.p.r.i.
Cosa si intende per persone “retinopatiche” e “ipovedenti”?
Daniele Auricchia: “Un retinopatico è una persona che ha una cecità o un’ipovisione causata da patologie della retina. L’ipovedente è una persona che ha una visione ridotta, ma non totalmente assente. L’ipovisione può essere dovuta a diverse malattie, come le maculopatie che si manifestano con l’età. La legge italiana definisce ipovedente chi ha un visus inferiore ai due decimi da entrambi gli occhi”.
Qual è la missione di Apri?
Auricchia: “La missione di Apri è quella di supportare le persone con disabilità visiva, siano esse ipovedenti o non vedenti. L’associazione è nata nel 1990, inizialmente per aiutare le persone con disabilità visiva nel territorio piemontese, per poi espandersi a livello nazionale. Offriamo servizi che vanno dalla consulenza alla fornitura di strumenti e supporti pratici per migliorare la qualità della vita delle persone con problemi di vista”.
Quali sono le difficoltà scolastiche più comuni dei bambini ipovedenti o non vedenti?
Sara Taricco: “I bambini ipovedenti e non vedenti incontrano molte difficoltà scolastiche. Tra le principali, ci sono la difficoltà di orientarsi nello spazio, di relazionarsi con i compagni e di gestire materiali didattici adeguati. Per esempio, un bambino ipovedente impiega più tempo a imparare a muoversi all’interno della scuola o della classe rispetto a un compagno normovedente. Anche l’inclusione nei momenti di socializzazione, come gli intervalli o l’educazione motoria, può essere complessa, soprattutto in ambienti caotici come le palestre. Inoltre, i bambini ipovedenti necessitano di strumenti speciali, come libri ingranditi, digitali o file audio. I bambini non vedenti, invece, imparano a scrivere in braille. La comprensione dei colori avviene invece tramite associazioni sensoriali. Per esempio, possiamo associare il colore blu al mare, che il bambino potrebbe aver toccato e conosciuto, o il colore giallo al caldo del sole. In questo modo, il bambino non vedente può imparare il concetto di colore attraverso esperienze tattili e sensoriali, anziché tramite la percezione visiva”.
Quali azioni potrebbero essere intraprese per migliorare la qualità della vita dei bambini ipovedenti a scuola?
Taricco: “Una delle cose più importanti è che il Ministero dell’Istruzione garantisca la presenza di insegnanti di sostegno sin dal primo giorno di scuola, con un numero adeguato e una formazione specifica. Inoltre, è fondamentale che gli insegnanti di sostegno siano confermati per più anni, in modo da garantire la continuità didattica. Un altro appello che facciamo riguarda le università, affinché aumentino i corsi per formare insegnanti di sostegno specializzati. Le scuole dovrebbero inoltre collaborare di più con le associazioni come la nostra, che forniscono educatori sensoriali per supportare i bambini con disabilità visiva”.
Un messaggio finale per le Istituzioni?
Taricco: “Il nostro appello alle istituzioni è di investire maggiormente nell’inclusione scolastica e nella formazione degli insegnanti di sostegno. È fondamentale che ogni bambino, indipendentemente dalla sua disabilità – visiva o meno – possa avere accesso a un’istruzione di qualità”.
Auricchia: “In Italia, ci sono ancora molte carenze in termini di accessibilità. Ci sono ancora tante barriere architettoniche e percettive che ostacolano la piena inclusione e indipendenza delle persone con disabilità visiva. Ad esempio, c’è un grande bisogno di migliorare l’accessibilità urbana. Le persone con disabilità visiva devono poter contare su una rete di infrastrutture che supporti la loro autonomia, come i semafori sonori, e su una maggiore inclusione nella vita sociale e lavorativa. C’è ancora molto da fare, ma A.p.r.i. continua a lavorare quotidianamente per garantire una maggiore inclusione delle persone con disabilità visiva, con particolare attenzione alla scuola e all’accessibilità”.