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Istat: “L’economia sommersa in Italia vale 182 miliardi”

Nel 2022, l'economia non osservata in Italia è cresciuta del 9,6%, raggiungendo quasi 182 miliardi di euro. Le unità di lavoro irregolari sono stabili a 3 milioni. Il tasso di irregolarità scende al 12,5%, con una crescita trainata dalla sotto-dichiarazione

Nel 2022, l’economia non osservata in Italia è cresciuta di 17,6 miliardi di euro, segnando un aumento del 9,6% rispetto all’anno precedente, con un valore complessivo di quasi 182 miliardi, escluse le attività illegali. Le unità di lavoro irregolari ammontano a quasi 3 milioni, stabili rispetto al 2021. L’incidenza sul Pil è rimasta sostanzialmente stabile al 10,1%. La crescita è stata trainata dalla sotto-dichiarazione, che ha visto un incremento di 10,4 miliardi (+11,5%). Settori con un alto peso di sommerso includono servizi, commercio e costruzioni. Il tasso di irregolarità è calato al 12,5%, con differenze tra dipendenti (12,7%) e autonomi (11,8%).

Istat: “L’economia sommersa in Italia vale 182 miliardi”

Nel 2022 il valore dell’economia non osservata cresce di 17,6 miliardi, segnando un aumento del 9,6% rispetto al 2021. L’economia sommersa (ovvero al netto delle attività illegali) si attesta a poco meno di 182 miliardi di euro, in crescita di 16,3 miliardi rispetto all’anno precedente, mentre le attività illegali sfiorano i 20 miliardi. Le unità di lavoro irregolari sono 2 milioni 986mila, stabili rispetto al 2021. Emerge dal report dell’Istat sull’economia non osservata nei conti nazionali. L’economia non osservata cresce in linea con il Pil, evidenzia l’Istat. L’incidenza sul Pil, cresciuto a prezzi correnti dell’8,4% rispetto al 2021, si è mantenuta sostanzialmente stabile, portandosi al 10,1%, dal 10,0% del 2021. Nel 2022 “la crescita dell’economia non osservata – indica l’Istituto di statistica – è stata trainata dall’andamento del valore aggiunto generato dalla sotto-dichiarazione, che ha segnato un aumento di 10,4 miliardi di euro (+11,5%). Più contenuto l’incremento del valore aggiunto connesso all’impiego di lavoro irregolare (+3,7 miliardi di euro, pari a +5,6% rispetto al 2021) e dalle attività illegali (+1,2 miliardi di euro, con un incremento del 6,7%).

Crescita dell’economia non osservata in Italia: +9,6%

L’aumento di oltre 2 miliardi delle altre componenti è riconducibile alla crescita del contributo delle mance (che segue l’andamento della spesa per consumi finali) e dei fitti in nero percepiti dalle famiglie”. Quanto al sommerso, i settori dove il peso è maggiore sono sono ‘gli altri servizi alle persone’ (30,5% del valore aggiunto del comparto), il commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (18,5%) e le costruzioni (17,5%). La stabilità dell’incidenza del sommerso sul complesso del valore aggiunto “è il risultato di dinamiche settoriali eterogenee. Mentre si riscontra una riduzione del peso del sommerso per agricoltura (-1,0 punti percentuali), costruzioni (-0,8), produzione di beni alimentari e di consumo (-0,6) e altri servizi alla persona (-0,5), si osserva di converso un suo incremento per il comparto dell’istruzione, sanità e assistenza sociale (+0,5 punti percentuali) e per i servizi professionali (+0,2)”.

In quale settore è più frequente il “sotto dichiarato”

Il ‘sotto-dichiarato’ è più significativo per commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (11,2% del totale del valore aggiunto del settore), gli altri servizi alle persone ed i servizi professionali (11,1% in entrambi i comparti). Nel 2022 risulta stabile il ricorso al lavoro irregolare (+0,1%) che “da parte di imprese e famiglie” per l’Istat “è una caratteristica peculiare del mercato del lavoro italiano”. Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza percentuale delle Ula (il dato statistico delle unità di lavoro equivalenti al lavoro a tempo pieno) non regolari sul totale, risulta in calo al 12,5% dal 12,9% nel 2021 per l’effetto combinato della modesta crescita del lavoro non regolare (+0,1%) e di un significativo aumento dell’input di lavoro regolare. Il tasso di irregolarità si conferma più elevato tra i dipendenti in confronto agli indipendenti (rispettivamente, al 12,7% e all’11,8%) ma è una differenza che va ad attenuarsi.

Fonte: Ansa

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