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“VI RACCONTO CHESTERTON”, L’INVENTORE DI DON MATTEO

Giornalista, narratore, saggista ma anche filosofo, pensatore e, addirittura, teologo: una straordinaria varietà di talenti convogliati nella monumentale figura di Gilbert Keith Chesterton, l’intellettuale londinese che, sulla base del suo rapporto con la fede cristiana, costruì la sua enorme sfera culturale, capace di sondare l’interiorità del pensiero umano in tutte le sue sfaccettature. La sua è stata una visione profonda, poliedrica, dispensatrice di sempre nuove sorprese e soggetta alle più diverse interpretazioni, forse proprio per la sua capacità di spaziare con sapienza e saggezza attraverso tutte le sfere dell’intelletto, regalando letture approfondite dell’uomo anche attraverso la creazione di personaggi come padre Brown, il prete investigatore “progenitore” del nostrano Don Matteo. E’ possibile racchiudere in un’opera una tale grandezza spirituale e cognitiva? Raccontare in un volume l’incredibile vastità culturale di una figura che, a cavallo fra l’800 e il ‘900, seppe interpretare al meglio i timori dell’uomo verso la modernità e renderle parte di una sofisticata ricerca della verità cristiana? E’ quanto abbiamo chiesto a Paolo Gulisano, saggista e autore, assieme a don Daniele De Rosa, del libro “Chesterton – La sostanza della fede”.

 

Come è nata l’idea di incentrare un volume sul pensiero di Chesterton? E’ frutto di un apposito lavoro di ricerca?
“La mia frequentazione di Chesterton è di lunga data. Già nel 2002 feci una sua biografia per l’editrice Ancora, intitolata ‘Chesterton e Belloc – Apologia e profezia’ perché, in quell’occasione, parlavo di lui e del suo migliore amico, lo scrittore anglofrancese Joseph Hilaire Pierre René Belloc. Credo sia stata la prima biografia italiana sull’autore inglese. Sono passati 15 anni ma, durante questo tempo, ho continuato ad approfondire non solo la figura di Chesterton ma soprattutto il pensiero, il quale è veramente sterminato. Nel frattempo, insieme ad altri amici ho dato vita alla Società Chestertoniana italiana, della quale ricopro il ruolo di presidente. Quindi, anche grazie a questo lavoro di collaborazione (tra l’altro in quest’ambito ho conosciuto anche il coautore di questo libro, don Daniele De Rosa, un giovane sacerdote e teologo della diocesi di Vicenza) è nata l’idea di un libro sul pensiero di Chesterton: un pensiero che è filosofico, politico e anche teologico e, quindi, molto vasto. Per questo abbiamo pensato che valesse la pena fare un lavoro veramente approfondito e presentarlo per la prima volta ai lettori italiani”.

A cosa si riferisce l’espressione “la sostanza della fede” contenuta nel titolo?
“Può essere considerato un po’ come un gioco di parole umoristico. Chesterton era certamente un grande pensatore, e nel libro lo riveliamo come tale, ma era anche un grande umorista che sapeva ridere di sé e delle cose. I suoi personaggi, come padre Brown, ci fanno pensare sorridendo. Quindi, ‘la sostanza della fede’ è da una parte il contenuto cioè la base, ciò che sta sotto, l’essenza della fede che per Chesterton era fondamentale; però, in quest’espressione, c’è anche un gioco di parole perché ‘sostanza’ dà l’idea di un qualcosa di materiale, di concreto. E poi Chesterton era un uomo di grande massa, un omone di un metro e novanta per 140 chili e quindi era decisamente un uomo di ‘sostanza’. Possiamo dire che Chesterton, con tutto il ‘peso’ della sua persona ha voluto appunto trasmettere e far conoscere la fede ma anche la speranza e la carità: le tre principali virtù che fanno capolino da tutte le sue opere, quelle saggistiche e anche quelle narrative”.

Quanto e cosa rappresenta, oggi, la figura di un autore così poliedrico come Chesterton?
“Possiamo dire che è stato un grande testimone della fede, con la sua vita e le sue opere, e questo è sicuramente il primo aspetto importante. Con la sua vita, perché è stata appassionata e fatta di coraggiosa testimonianza, ad esempio come giornalista: lui esordì con questo mestiere e andò subito controcorrente perché si trovò a condannare, nei suoi reportage, le guerre anglo-boere, intraprese dall’Inghilterra in Sudafrica allo scopo di mettere le mani sui beni del sottosuolo, dietro il pretesto di allontanare da quelle zone i coloni boeri, di origine olandese. Quindi, già allora, Chesterton ebbe il coraggio di dire le cose come stavano, cosa che ha fatto per tutta la vita. Fu un grande giornalista, corretto, leale verso i fatti, la realtà e la verità. E poi, da uomo di fede, fece la stessa cosa nei confronti del cristianesimo: da giovane non era molto praticante e, anzi, entrò a un certo punto in un tunnel di depressione dal quale uscì con la consapevolezza che, invece, il cristianesimo era un evento gioioso di salvezza. Nei suoi libri, dice che lo straordinario segreto del cristianesimo è la gioia. Poi spiegherà ancora che il fondamento della gioia è nella gratitudine”.

E’ quindi molto attuale…
“Chesterton ancora oggi è di una straordinaria attualità, un testimone: ci fa vedere come si vive e si lavora appassionati alla verità e all’umanità che ci sta attorno, pronti a difendere entrambe. Già negli anni 20, per esempio, aveva scritto un libro sull’eugenetica, quando ancora non ne parlava nessuno (invece oggi è diventata una triste realtà). Fu quindi anche un profeta, che anticipò i tempi e vide con grande lucidità quelli che erano i mali e gli inganni del pensiero della modernità. E oggi che siamo nella postmodernità, possiamo dire che le sue analisi sono più che mai valide. E così le sue proposte sul come vivere: negli anni 20-30, faceva proposte di politica economica e fondò la Lega distributista per realizzare pienamente la dottrina sociale cristiana. Quindi direi che nel campo sociale, filosofico e religioso, tutta la grandezza testimoniata da Chesterton è un patrimonio prezioso ancora tutto da valorizzare”.

In questi quindici anni, ha scoperto qualcosa di nuovo rispetto a quello che aveva notato in precedenza nella figura di Chesterton?
“Sì. Se 15-20 anni fa mi aveva colpito molto il Chesterton narratore (padre Brown, ‘Il Napoleone di Notting Hill’, ecc.) e la sua vicenda umana, in questo periodo, anche per l’emersione di altri testi inediti, ho avuto modo di scoprire il Chesterton filosofo (se non addirittura teologo) che affondava la propria fede anche nelle figure di grandi santi del passato come Tommaso Moro, San Francesco d’Assisi (al quale ha dedicato una stupenda biografia) e San Tommaso d’Aquino. Ho scoperto davvero un teologo che era capace di raccontare i misteri della fede e di ragionare sui problemi dell’uomo con semplicità e immediatezza, il che non ha mai voluto dire ‘banalizzazione’. Chesterton era un uomo molto umile, non si dava arie di essere un sapiente e un intellettuale ma, dietro quest’umiltà, c’era una cultura sterminata che riversava nei suoi libri. Io ho avuto la fortuna di vedere la sua biblioteca, a Oxford, ed è qualcosa di incredibile: aveva una grande curiosità intellettuale, non c’era nulla che non gli interessasse, che non gli stesse a cuore o che non indagasse del pensiero umano. E quindi, se magari la cultura ufficiale non lo ha mai celebrato e consacrato come intellettuale, abbiamo in Chesterton forse il più grande pensatore cristiano del Novecento”.

Il Chesterton-pensiero si incentra quindi nella figura dell’uomo? Un uomo semplice ma che, con l’intelletto, sopperisce a eventuali mancanze fisiche, come nel caso di padre Brown?
“Certo. C’è un libro di Chesterton che si chiama ‘Man alive’ (tradotto in Italia anche con il titolo ‘Le avventure di un uomo vivo’): lui ci mostra come essere uomini vivi, veri e quindi autentici, innamorati e cercatori della verità. La quale, poi, non può non diventare un elemento vivificante della nostra vita: ‘non dobbiamo vivacchiare’, ci dice, ma vivere con pienezza nel nostro tempo, nel lavoro, negli affetti e nelle passioni. Essere uomini vivi, come lo stesso padre Brown il quale non viene preso molto sul serio, è snobbato quando viene incontrato: le persone vedono questo ‘pretino’ dalla faccia insignificante dentro il quale, invece, ci sono una profondità e una ricchezza di saggezza e di umanità assolute. In qualche modo, attraverso figure come padre Brown, Chesterton ci dice anche: ‘Tenete gli occhi aperti e non giudicate alla prima impressione’.

E’ quindi questo il segreto dell’attualità e della validità culturale di Chesterton?
“Se Chesterton diceva che lo straordinario segreto del cristianesimo è la gioia, possiamo dire che il suo straordinario segreto è questo desiderio di essere uomini vivi, cercatori di verità. E, una volta trovata o trovati da questa verità (perché ci viene incontro), dirla, trasmetterla e gridarla dai tetti. Lui era un grande testimone e comunicatore della fede: lo faceva sui giornali e nei suoi tanti libri. Insomma, un appassionato comunicatore della verità, della bellezza e di tutto ciò che dà senso alla vita umana. Tutto questo è stato Gilbert Chesterton”.

La vostra ricerca, dunque, non si fermerà qui…
“Andremo avanti anzitutto perché, come Società Chestertoniana che ha un blog che, non a caso, si chiama ‘Il blog dell’Uomo Vivo’, vogliamo continuare a far conoscere Chesterton. E poi, quello che io e don Daniele (De Rosa, ndr) ci auguriamo è che molte persone, attraverso le pagine del nostro libro, possano incontrare questa straordinaria figura e questo pensiero che è semplice ma illuminante, del quale anche la chiesa del nostro tempo ha bisogno. E’ un nostro piccolo contributo anche all’opera di evangelizzazione del terzo millennio”.

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