Ad Ajaccio, Papa Francesco, ha presieduto la celebrazione della Santa Messa nella III Domenica d’Avvento.
Le parole del Santo Padre
La gente chiede a Giovanni il Battista: «Che cosa dobbiamo fare?». È una domanda da ascoltare con attenzione, perché esprime il desiderio di rinnovare la vita, di cambiarla in meglio. Giovanni sta annunciando l’arrivo del Messia tanto atteso: chi ascolta la predicazione del Battista vuole prepararsi a questo incontro. Il Vangelo secondo Luca testimonia che sono proprio i più lontani ad esprimere questa volontà di conversione: non i farisei e i dottori della legge, ma i pubblicani e i soldati domandano: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Chi si ritiene giusto non si rinnova. Coloro invece che venivano considerati pubblici peccatori vogliono passare da una condotta disonesta e violenta a una vita nuova. I lontani diventano vicini quando il Cristo si fa vicino a noi. Giovanni, infatti, risponde così ai pubblicani e ai soldati: praticate la giustizia; siate retti e onesti. Coinvolgendo specialmente gli ultimi e gli esclusi, l’annuncio del Signore ridesta le coscienze, perché Egli viene a salvare, non a condannare chi si era perduto.
La domanda da porsi
Perciò, care sorelle e cari fratelli, anche noi oggi facciamo nostra la domanda che le folle rivolgevano a Giovanni il Battista. Durante questo tempo di Avvento troviamo il coraggio di chiedere, senza paura: “che cosa dobbiamo fare?”. Domandiamolo con sincerità, per preparare un cuore umile e fiducioso al Signore che viene. Le Scritture che abbiamo ascoltato ci consegnano due modi di aspettare il Messia: l’attesa sospettosa e l’attesa gioiosa. Riflettiamo su questi atteggiamenti spirituali. Il primo modo di aspettare, quello sospettoso, è pieno di sfiducia e di ansietà. Chi ha la mente occupata in pensieri egocentrici smarrisce la letizia dell’animo: anziché vegliare con speranza, dubita del futuro. Tutto preso da progetti mondani, non attende l’opera della Provvidenza. E allora giunge salutare la parola di San Paolo, che riscuote da questo torpore: «Non angustiatevi per nulla». Non siate angosciati, delusi, tristi. Quanto sono diffusi questi mali spirituali, oggi, specialmente là dove dilaga il consumismo! Una società così invecchia insoddisfatta, perché non sa donare: chi vive per sé stesso non sarà mai felice.
La fede in Dio
L’Apostolo però ci offre una medicina efficace quando scrive: «In ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti». La fede in Dio dà speranza! Proprio in questi giorni, nel Congresso che ha avuto luogo qui ad Ajaccio, è stato messo in luce quanto sia importante coltivare la fede, apprezzando il ruolo della pietà popolare. Pensiamo alla preghiera del Rosario: se riscoperta e praticata bene, essa insegna a tenere il cuore centrato su Gesù Cristo, con lo sguardo contemplativo di Maria. E pensiamo alle confraternite, che possono educare al servizio gratuito del prossimo, sia spirituale sia corporale. Queste associazioni di fedeli, così ricche di storia, partecipano attivamente alla liturgia e alla preghiera della Chiesa, che abbelliscono con i canti e le devozioni del popolo. Ai membri delle confraternite raccomando di farsi sempre vicini con disponibilità, soprattutto ai più fragili, rendendo operosa la fede nella carità.
L’attesa gioiosa
E da qui veniamo al secondo atteggiamento: l’attesa gioiosa. La gioia cristiana non è affatto spensierata, superficiale. È invece una gioia del cuore, basata su un fondamento saldissimo, che il profeta Sofonia, rivolgendosi al popolo, esprime così: gioisci, perché «il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Salvatore potente». La venuta del Signore ci porta la salvezza: perciò è motivo di gioia. Dio è “potente”, dice la Scrittura: Egli può redimere la nostra vita perché è capace di realizzare quello che dice! La nostra gioia non è dunque una consolazione illusoria, per farci dimenticare le tristezze della vita. È frutto dello Spirito per la fede in Cristo Salvatore, che bussa al nostro cuore, liberandolo dalla mestizia e dalla noia. Pertanto, l’avvento del Signore diventa una festa piena di futuro per tutti i popoli: in compagnia di Gesù scopriamo la vera gioia di vivere e di donare i segni di speranza che il mondo attende. Il primo di questi segni è quello della pace. Colui che viene è l’Emmanuele, il Dio con noi, che dona la pace agli uomini amati dal Signore.
Il valore delle comunità
Mentre ci prepariamo ad accoglierlo, in questo tempo di Avvento, le nostre comunità crescano nella capacità di accompagnare tutti, specialmente i giovani in cammino verso il battesimo e i sacramenti, ma in modo speciale gli anziani, che sono la saggezza di un popolo: vado a cercarli, li ascolto o li abbandono? Quanto figli abbandonano i genitori in una casa di riposo! Tanti lasciano i vecchietti soli, fanno gli auguri di Natale per telefono”.
Essere testimoni di speranza
Purtroppo, sappiamo bene che non mancano tra le nazioni gravi motivi di dolore: miseria, guerre, corruzione, violenza. La Parola di Dio, però, ci incoraggia sempre. Davanti alle devastazioni che opprimono i popoli, la Chiesa annuncia una speranza certa, che non delude, perché il Signore viene ad abitare in mezzo a noi. E allora il nostro impegno per la pace e la giustizia trova nella sua venuta una forza inesauribile. In ogni tempo e in qualsiasi tribolazione, Cristo è la fonte della nostra gioia. Per portarla ovunque, teniamola sempre nel cuore. Saremo allora testimoni della speranza che non delude.