“Essere qui, di persona, nella ‘Casa tra Le Nuvole di Papa Francesco’, una struttura protetta per le donne vittime di tratta della Comunità Papa Giovanni XXIII, mi aiuta a riflettere sulla necessità di fare di più per queste vittime del mondo della crudeltà”. Sono le parole del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Teo Luzi in visita presso la “Casa tra le Nuvole di Papa Francesco”, struttura fondata da don Oreste Benzi da oltre 25 anni accanto alle giovani vittime della prostituzione schiavizzata gestita da don Buonaiuto.
Don Aldo ha accolto il Generale assieme a mons. Francesco Massara, arcivescovo di Camerino-San Severino Marche e vescovo di Fabriano-Matelica, e al sindaco di Fabriano, Daniela Ghergo. Presenti anche il Comandante della Legione Marche il Generale Salvatore Cagnazzo, il Colonnello Provinciale della provincia di Ancona Carlo Lecca e il Capitano della Compagnia dei Carabinieri di Fabriano Mirco Marcucci.
“La tratta delle donne è un tema complesso”, ha proseguito il Comandante Generale Luzi dopo aver ascoltato le testimonianze delle donne ospitate nella casa rifugio. “Perché esiste una larga fascia della popolazione che è spesso indifferente al problema, o lo ignora completamente. Ma la schiavitù non è degna di una democrazia avanzata. E’ già un dramma quando una persona viene portata via dal proprio Paese o è costretta a lasciarlo per motivi economici o per le guerre. Ma la schiavitù sessuale è l’annientamento dell’umanità. Specie quando le vittime sono delle giovanissime donne, quasi delle bambine. Per questo esprimo a don Aldo e a tutta la comunità la mia solidarietà e vi dico grazie per quello che fate per ognuna di loro dal profondo del mio cuore”.
“Grazie a Lei Comandante Generale per la sua presenza in questa casa” ha risposto don Buonaiuto. “Per noi è sempre un dono ricevere la visita delle istituzioni. Come quella che lei rappresenta. Questo ci dà fiducia al fine di poter camminare insieme per la liberazione di queste donne. Il Servo di Dio don Oreste Benzi lo diceva sempre: ‘nessuna donna nasce prostituta, ma c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare’. E’ impellente unire le forze sempre più per liberare queste sorelle. Noi, come APG23, lavoriamo sulle orme di don Benzi affinché trovino lil coraggio per spezzare quelle catene. E’ fondamentale toglierle dalla condizione di schiavitù e di sofferenza estrema. Auspico che questa collaborazione, già attiva da tanti anni, possa crescere sempre più forte”. Al termine della visita, il Comandante Generale Luzi ha risposto ad alcune domande per Interris.it.
L’intervista al Comandante Generale Teo Luzi
Che emozioni le ha suscitato la visita nella “Casa Tra le Nuvole di Papa Francesco”?
“Una profonda emozione. Sono molto contento perché questa visita mi consente di riflettere su un tema tanto delicato qual è la sofferenza vissuta dalle ragazze vittime di tratta. E, nel mio piccolo, da cristiano, se posso fare qualcosa per aiutare anche una sola persona lo faccio con piacere”.
Quale potrebbe essere il punto da cui partire per contrastare il fenomeno della tratta e della prostituzione schiavizzata?
“E’ un problema di carattere internazionale. Noi, come Carabinieri, possiamo formare ulteriormente il nostro personale. Che ha già grande sensibilità al problema ed è predisposto dal punto di vista umano ad aiutare il prossimo. Una maggior informazione è un primo contributo per aiutare queste donne. E’ altresì un passo importante perché, se ognuno di noi fa qualcosa, poi si possono ottenere grandi risultati”.
In questi giorni si sta parlando di un possibile risveglio dell’Isis in Iraq. L’attentato di Nassiriya ha cambiato il modo in cui i carabinieri si approcciano alle missioni di pace internazionali?
“Fondamentalmente no. Quando avvenne l’attacco di Nassiriya, il contingente italiano era in Iraq per una missione umanitaria. Venti giorni prima dell’attentato, avvenuto il 12 novembre 2003, dei terroristi tirarono dei colpi di mortaio contro un ospedale della Croce Rossa. Noi eravamo lì in missione di pace, ma il nemico ci ha attaccati e abbiamo perso 18 italiani più altri 5 collaboratori iracheni. Tra le 23 vittime, c’erano 13 carabinieri. Nonostante la tragedia, non abbiamo cambiato il nostro approccio che è sempre quello di una missione umanitaria. Ogni qualvolta il Governo ce lo chiede, l’Arma parte per le missioni internazionali di pace dove cerchiamo di dare stabilità sociale. Lo spirito è sempre quello di portare anche la cultura italiana – che è fatta di umanità, di sensibilità e di rispetto degli altri – in giro per il mondo”.
Lei tra qualche giorno riceverà il prestigioso premio Guido Carli quale esempio di lotta e contrasto alla mafia. Come è cambiata la mafia negli anni e come contrastarla?
“La mafia è cambiata molto negli anni, ma non è ancora stata sconfitta. In Italia è giusto parlare di mafie, al plurale, perché sono organizzazioni con ramificazioni anche internazionali ma che possiedono denominazioni territoriali specifiche e diverse le une dalle altre. Ad esempio, Cosa Nostra in Sicilia, la Camorra in Campania, la ‘Ndrangheta in Calabria etc. Nel corso degli anni, le mafie sono passate da un controllo del territorio estremamente violento – con efferati omicidi quasi ogni giorno – a una presenza territoriale ‘silente’, quasi sotto traccia, che punta soprattutto ad aspetti di carattere economico. Quindi: infiltrazioni economiche e a volte anche infiltrazioni politiche specie nei piccoli comuni. In sintesi, le mafie sono cambiate; ma è importante continuare a parlarne proprio perché sono meno evidenti, meno violente. E il cittadino distratto potrebbe non rendersi conto della pericolosità di queste organizzazioni; che oramai non operano solo in Sicilia, in Calabria, in Campania o nel Foggiano, ma sono presenti un po’ in tutta Italia. E’ giusto che i giovani vengano informati della pericolosità, della perniciosità di queste organizzazioni. E minacciano la sicurezza degli italiani e si appropriano del futuro dei nostri ragazzi”.
Un’altra delle motivazioni del premio Guido Carli è il suo impegno nella tutela e nella cura dell’ambiente. Come spiegare ai giovani l’importanza di difendere quella che Papa Francesco chiama la “nostra casa comune”?
“L’ambiente è davvero la nostra casa comune, come l’ha più volte definita il Santo Padre, sempre attento alle tematiche ambientali. L’ambiente è infatti la casa dell’umanità e quindi dobbiamo preservarla e tutelarla. In Italia abbiamo 7 mila Carabinieri – nati dalla fusione con il Corpo Forestale dello Stato attuata nel 2017 – che si occupano di ambiente. Sono Carabinieri preparatissimi, tutelano le foreste, le biodiversità, tutti i tipi di habitat. Credo che in Italia – dopo tanti anni di depauperamento del territorio, avvenuto soprattutto negli anni ’50 e ’60, – ci si stia rendendo conto di quello che è il reale valore della tutela della casa comune. Oggi siamo, a mio dire, in una condizione di equilibrio, considerando che questo è comunque un Paese altamente antropizzato, in ragione del fatto che ci sono quasi 60 milioni di abitanti che abitano un fazzoletto di terra. Bellissimo, peraltro”.
Vuole fare un esempio di impegno virtuoso verso l’ambiente?
“Sì. Un dato che secondo me è fortemente significativo è la forestazione. In Italia, negli ultimi 20 anni, c’è stato un incremento del 20% delle foreste. Quello che succede in negativo in tanti altri Paesi – pensiamo ad esempio all’Amazzonia, territorio sfruttato al massimo con danni agli ecosistemi enormi – nel nostro piccolo in Italia avviene in positivo: le foreste sono in crescita e questo penso sia un segnale importante di attenzione dello Stato al tema dell’ambiente”.
Qual è lo “stato di salute” odierno dell’Arma dei Carabinieri?
“L’Arma dei Carabinieri, lo dico con molta serenità, è un’organizzazione che funziona bene, al netto ovviamente di qualche difetto umano. Credo che oggi sia una delle organizzazioni più vicine alla popolazione che, partendo dalla propria tradizione, si è evoluta in ragione di quelle che sono le nuove esigenze degli italiani”.
Come sono mutate le esigenze degli italiani?
“Oggi non basta più arrestare il ladro o il rapinatore, che è un’attività che va comunque svolta. E’ necessario dare dei segnali di serenità sociale, perché gli italiani sono angosciati per il loro futuro, sono preoccupati, e quindi hanno bisogno di cercare dei punti di riferimento per avere un po’ di conforto. Anche la Chiesa è un punto di riferimento importante, così come tutte le istituzioni pubbliche, ovviamente in maniera diversa. Tra queste una delle principali è l’Arma dei Carabinieri. E questo vale da Bolzano fino a Lampedusa”.