San Giuseppe di Arimatea, Membro del Sinedrio e discepolo di Gesù. Armatea (Palestina), I sec. d.C.
Originario di Arimatea, Giuseppe è un ricco proprietario terriero e “membro autorevole del sinedrio“. E’ discepolo di Gesù, ma per paura dei giudei, non dimostra la propria fede; durante il processo al Messia ha il coraggio di dissentire dalla decisione presa dall’assemblea.
Dopo la morte del Salvatore perde ogni paura e si serve della sua alta posizione sociale per ottenere da Pilato il corpo di Gesù, che altrimenti sarebbe stato sepolto nella fossa comune. Questa sua richiesta evidenzia notevole coraggio: rischia, infatti, di essere considerato un simpatizzante o addirittura un complice del condannato e essere quindi passibile del medesimo supplizio. Insieme a Nicodemo depone Gesù dalla croce, lo avvolge in bende e oli aromatici e lo mette nella tomba che ha fatto scavare per sé nella roccia.
Di ciò che accade dopo che Giuseppe, al tramonto “rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, andò via” (Mt 27 60), non si hanno notizie storiche, bensì testimonianze leggendarie (la più nota è quella collegata al santo Graal).
Giuseppe, prima di avvolgere di bende e oli aromatici il corpo di Gesù tutto insanguinato, lo lava accuratamente e raccoglie in un catino l’acqua e il sangue. Il recipiente con il prezioso liquido viene tramandato da Giuseppe ai figli e, dopo varie generazioni, ne entra in possesso il patriarca di Gerusalemme; nel 1257 il patriarca, temendo che il recipiente possa essere profanato dagli infedeli, lo consegna a Enrico III d’Inghilterra.
Secondo un’altra leggenda Giuseppe, con il prezioso reliquiario, peregrina prima in Francia poi in Spagna, in Portogallo e infine in Inghilterra, dove esso va smarrito: solo un cavaliere senza macchia e senza paura è in grado di ritrovarlo.
Nella sacrestia della chiesa di San Lorenzo di Genova viene conservato il Sacro Catino, nel quale, secondo la leggenda, Giuseppe avrebbe raccolto il sangue di Gesù crocifisso.
Tratto dal libro “I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire” di Luigi Luzi